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Federsupporter denuncia il "colpo di coda" della casta del pallone

di Marina Beccuti

Federsupporter denuncia in una nota (si riporta in calce) che in queste ultime ore si apprende da alcuni organi di informazione che sarebbe in atto un frenetico tentativo di modificare l’art. 22 bis delle NOIF della FIGC. Con questo provvedimento, con effetto sostanzialmente retroattivo, si vorrebbe evitare a Presidenti e Dirigenti di società di calcio di incorrere nella sospensione dalle cariche sociali a seguito di condanne non definitive, come quella pronunciata dal Tribunale Penale di Napoli.

Se ciò fosse confermato si dimostrerebbe la più totale insensibilità ed idiosincrasia della “ casta” del pallone ad elementari principi di eguaglianza e di equità.

Federsupporter si chiede inoltre cosa aspetti ancora la FIGC ad adeguare finalmente l’elenco dei reati contenuto nell’art. 22 bis delle Noif a quelli previsti in materia societaria dalle numerose modifiche del Codice Civile intervenute dal 1942 ad oggi e a quelli previsti dal Testo Unico in materia di Intermediazione Finanziaria.

Federsupporter sottolinea che sarebbe molto difficile dover spiegare che, mentre gli esponenti della “ casta” pallonara, ancorchè condannati, sia pure non definitivamente, per reati, quale quello di frode sportiva, nonché, in taluni casi, anche per altri gravi reati, in pratica disinvoltamente si autoassolvono, il povero tifoso che improvvidamente e malaguratamente accende un bengala allo stadio neppure condannato con una sentenza, né di primo, né di secondo, né di terzo grado, si becca un Daspo di alcuni anni.

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                                                                              Roma 14 novembre 2011
Calciopoli : conseguenze della sentenza del Tribunale di Napoli . Ulteriori approfondimenti .
(Avv. Massimo Rossetti , Responsabile dell’Area Giuridico-Legale)

Con mie note dell’11 novembre scorso, consultabili sul sito (www.federsupporter.it), ho espresso un parere tecnico-giuridico circa alcune conseguenze della sentenza del Tribunale penale di Napoli in ordine alle vicende di Calciopoli.

Nostri soci, anche alla luce di notizie ed argomentazioni pubblicate su organi di informazione, hanno chiesto ulteriori approfondimenti dell’argomento: approfondimenti che espongo come segue, corredati, per finire, da alcune considerazioni personali a margine .

1)    Soggetto competente ad adottare provvedimenti di cui all’art. 22 bis delle NOIF della FIGC.

L’art. 22 bis in oggetto, al comma 6, stabilisce che i dirigenti di società, ove intervenga a loro carico sentenza di condanna anche non definitiva per uno dei reati previsti dal comma 1, tra cui figura il reato di frode sportiva, sono tenuti a darne immediata comunicazione alla Lega.

Ciò non toglie, a mio avviso, che, essendo l’art. 22 bis una disposizione della FIGC, il soggetto deputato ad adottare il provvedimento di sospensione dalla carica di dirigente di società, per effetto di sentenza di condanna, anche non definitiva, per uno dei reati previsti al comma 1, sia unicamente la stessa FIGC.

Alla Lega compete, sempre a mio avviso, solo l’obbligo di trasmissione alla Federazione della comunicazione dell’intervenuta sentenza da parte dell’interessato, così da mettere la FIGC nella condizione di poter emettere il conseguente provvedimento sospensivo, come stabilito dal comma 3.

 

2)    L’art. 22 bis riguarda esclusivamente requisiti di onorabilità.

Come già specificato nelle mie note dell’11 novembre scorso, la sospensione dalla carica di dirigente di società, prevista dall’art. 22 bis, non ha natura e funzione sanzionatorie.

In altre parole, essa non punisce la violazione di doveri ed obblighi imposti dall’ordinamento sportivo, bensì prende atto del venire meno, in via temporanea e transitoria, di requisiti di onorabilità necessari per l’assunzione della carica e per la permanenza in essa .

La sospensione in esame differisce, quindi, per natura e scopo, dalla inibizione temporanea a svolgere ogni attività in seno alla società e alla FIGC, prevista dal Codice di Giustizia Sportiva come sanzione a carico di dirigenti di società responsabili della violazione dello Statuto, delle Norme Federali e di ogni altra disposizione loro applicabile.

Peraltro, nello stesso Codice di Giustizia Sportiva si rinviene una netta e nitida distinzione tra la sanzione dell’inibizione e il provvedimento cautelare di sospensione da ogni attività sportiva disposta dagli Organi della suddetta Giustizia verso tesserati nei confronti dei quali sia intervenuto o sia in corso un procedimento disciplinare.


Analogamente, la sospensione di cui all’art. 22 bis, comma 3 , non ha natura e finalità sanzionatorie per la violazione di norme federali, bensì ha natura e finalità di misura cautelare momentaneamente e transitoriamente sospensiva di requisiti di onorabilità necessari per l’assunzione di cariche dirigenziali di società e per la permanenza di esse.

Che si tratti di una misura cautelare e non punitiva è dimostrato anche dal fatto che tale misura non è definitiva, venendo meno in caso di sentenza assolutoria o trasformandosi in incompatibilità o decadenza in caso di sentenza definitiva di condanna.

Per tutti questi motivi, il provvedimento di sospensione ex art.22 bis, comma 3, non può essere, a mio parere, considerato equivalente o equiparabile ad una sanzione di inibizione comminata dagli Organi della Giustizia sportiva e , pertanto, rappresentare un bis in idem : vale a dire una doppia condanna ed una doppia pena per il medesimo fatto.


3)    Impugnabilità del provvedimento di sospensione .


Si chiede se il provvedimento di sospensione adottato dalla FIGC ex art.22 bis, comma 3, delle NOIF sia impugnabile oppure no.

Alla domanda si può dare, a mio avviso, risposta affermativa.

Esso potrebbe essere impugnato, innanzitutto, davanti alla Corte Federale della Giustizia Sportiva che può essere investita da ogni tesserato per la tutela di diritti fondamentali o personali privi di altri strumenti di garanzia nell’ambito dell’ordinamento sportivo.

Una volta esaurito ogni procedimento di impugnazione nell’ambito del suddetto ordinamento, il provvedimento resta impugnabile, sempre a mio avviso, davanti al TAR, essendo rilevante, non solo per l’ordinamento sportivo, ma anche relativamente a posizioni regolate dall’ordinamento generale, poiché le società di calcio professionistiche sono, per legge, società con fine di lucro.

La sospensione dalla carica di dirigente di tali società, perciò, non rileva soltanto sul piano sportivo, bensì anche sul piano civilistico.


4)    Questione di costituzionalità del provvedimento di sospensione.


E’ stato affacciato da taluni il dubbio di legittimità costituzionale del provvedimento in oggetto in quanto asseritamente in contrasto con il principio di presunzione di innocenza, fino a condanna definitiva, stabilito dall’art. 27 della Costituzione.

Secondo questa tesi non sarebbe legittima la sospensione in presenza di una condanna non definitiva per uno dei reati previsti dall’art. 22 bis, comma 1, delle NOIF della FIGC.

Questa tesi è, a mio parere, infondata.

Si è detto e visto, infatti, al precedente punto 2 , che il provvedimento di sospensione ha natura e funzioni cautelari e non sanzionatorie.

Al riguardo, non poche sono le fattispecie in cui l’ordinamento generale dello Stato consente e prevede tal genere di misure anche in presenza di condanne non definitive.

Solo per rimanere nel campo penale, si pensi alle misure di prevenzione tipiche ( foglio di via obbligatorio, sorveglianza speciale, obbligo o divieto di soggiorno), nonché, per quello che qui interessa, alla misura di prevenzione atipica rappresentata dal divieto di accesso a luoghi ove si svolgono manifestazioni sportive ( Daspo).

Misure di natura amministrativa, non penale, prescindendo dalla commissione di un reato e che hanno la funzione di controllo preventivo nei confronti di soggetti ritenuti, a vario titolo e sotto vari aspetti, potenzialmente pericolosi e nei confronti dei quali sussiste il legittimo sospetto che possano compiere atti o attività illecite.

La Corte Costituzionale, investita della questione di legittimità di tali misure, si è pronunciata nel senso della loro legittimità, affermando che il principio di prevenzione e di sicurezza sociale affianca la repressione in ogni ordinamento, come esigenza e regola fondamentale.

Se, dunque, è costituzionalmente legittimo, anche prescindendo dalla commissione di un reato, limitare diritti, pur costituzionalmente previsti e garantiti, qualora ciò sia basato su motivate esigenze e ragioni di prevenzione di possibili atti o attività illecite, a fortiori, si deve considerare costituzionalmente legittima la sospensione di requisiti di onorabilità ai fini dell’assunzione e occupazione di cariche sociali, a seguito di condanne , anche non definitive, per reati di un certo tipo, in attesa di una eventuale sentenza assolutoria o di una eventuale condanna definitiva.

Una misura, temporanea e transitoria, cautelare e preventiva non ha l’effetto di capovolgere il principio costituzionale di presunzione di innocenza fino a condanna definitiva : il destinatario della misura rimane, infatti, presunto innocente.

Se questo non fosse vero, bisognerebbe allora ritenere incostituzionale anche, anzi, a maggior ragione, il Daspo che il giudice, nel pronunciare sentenza di condanna per reati commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive, è tenuto ad emettere con immediata esecutività, anche se la sentenza non è definitiva, ai sensi e per gli effetti di quanto previsto dal Decreto Legge n. 8 / 2007, così detto “ antiviolenza”, definitivamente convertito nella legge n. 41/2007.

Aggiungasi che la richiamata normativa prevede, altresì, che misure di prevenzione possono essere applicate persino nei confronti di soggetti solo semplicemente indiziati di aver agevolato gruppi o persone che hanno preso parte attiva a manifestazioni di violenza.

Se, quindi, basta un semplice indizio per legittimamente applicare, senza che vi sia lesione del principio di cui all’art. 27 della Costituzione, una misura di prevenzione, figurarsi quando vi è una sentenza di condanna, sia pure non definitiva, per un certo tipo di reato.

 

5) Eventuale violazione del divieto di accesso ad impianti sportivi.

 

Un capo della sentenza del Tribunale penale di Napoli ha stabilito, così come evidenziato e trattato nelle mie note dell’11 novembre scorso, nei confronti di alcuni Presidenti e Dirigenti di società, non solo la sospensione da cariche sociali, ma anche il divieto di accesso a luoghi ove si svolgono manifestazioni sportive.

Mi limito, pertanto, solamente a precisare che l’eventuale violazione del divieto comporta, ai sensi e per gli effetti della normativa “ antiviolenza” del 2007, la reclusione da sei mesi a tre anni e la multa da 10.000 a 40.000 euro. E’ consentito, inoltre, l’arresto nel caso della violazione del suddetto divieto disposto dal giudice con la sentenza di condanna per reati commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive ed è arduo negare che il reato di frode sportiva non sia commesso in occasione o a causa di tali manifestazioni sportive.

6)    Revoca dalla carica per eventuale inosservanza del provvedimento di sospensione.


Nostri soci, sostenitori e piccoli azionisti della S.S. Lazio spa, hanno posto lo specifico quesito in oggetto.

Come già ricordato nelle mie note dell’11 novembre scorso, l’art. 3 dello Statuto della SS Lazio spa prevede che le attività di cui all’oggetto sociale devono essere esercitate “ con l’osserrvanza delle norme direttive della Federazione Italiana Giuoco Calcio e dei suoi Organi “ .

Ne consegue che l’eventuale inosservanza del provvedimento di sospensione dalla carica sociale adottato dalla FIGC nei confronti dell’attuale Presidente del Consiglio di gestione della Società comporterebbe l’inosservanza di una norma statutaria di quest’ultima.

In questa, peraltro da me non creduta, ipotesi, il Consiglio di Sorveglianza che, per legge ( art. 2409 terdecies C.C.), vigila sull’osservanza dello Statuto, dovrebbe revocare dalla carica per giusta causa il suddetto Presidente, ai sensi dell’art. 2383 C.C.

Considerazioni personali a margine
In queste ore si apprende da alcuni organi di informazione che sarebbe in atto un frenetico tentativo di modificare l’art. 22 bis delle NOIF della FIGC , dimodochè, con effetto sostanzialmente retroattivo, si vorrebbe evitare a Presidenti e Dirigenti di società di calcio di incorrere nella sospensione dalle cariche sociali a seguito di condanne non definitive, come quella pronunciata dal Tribunale Penale di Napoli.
Se corrispondente al vero, non esiterei a definire scandaloso un simile tentativo che dimostrerebbe, ancora una volta, la più totale insensibilità ed idiosincrasia della “ casta” del pallone ad elementari principi di eguaglianza e di equità.

Mi chiedo, invece, che cosa aspetti ancora la FIGC ad adeguare finalmente l’elenco dei reati contenuto nel citato art. 22 bis a quelli previsti in materia societaria dalle numerose modifiche del Codice Civile intervenute dal 1942 ad oggi e a quelli previsti dal Testo Unico in materia di Intermediazione Finanziaria, posto che, come qualcuno ha voluto e vuole enfatizzare ad usum delphini e pro domo propria, che le società calcistiche sono società con fini di lucro, delle quali alcune ( Juventus, Lazio e Roma ) quotate in Borsa.

Quanto al tentativo di voler equiparare la prescrizione all’assoluzione, si tratterebbe di un vero e proprio artifizio e raggiro giuridico, ancora una volta ad usum delphini e pro domo propria, di una “ razza padrona” o , per meglio dire, “ padroncina” che evidentemente si ritiene al di sopra dei comuni mortali ed i cui esponenti, come più prosaicamente diceva di sé il Marchese del Grillo nel famoso film interpretato da Alberto Sordi, pensano che “ Io so io e Voi non siete un c…” .

Certo sarebbe molto difficile dover spiegare che, mentre gli esponenti della “ casta” pallonara, ancorchè condannati, sia pure non definitivamente, per reati, quale quello di frode sportiva, nonché, in taluni casi, anche per altri gravi reati, in pratica disinvoltamente si autoassolvono, il povero tifoso che improvvidamente e malaguratamente accende un bengala allo stadio neppure condannato con una sentenza, né di primo, né di secondo, né di terzo grado, si becca un Daspo di alcuni anni.

Avv. Massimo Rossetti responsabile area legale Federsupporter