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Gramellini, in difesa del Cairo contestato

di Marina Beccuti
Fonte: Massimo Gramellini per www.lastampa.it

Mi schiero subito: sto con Cairo. Nonostante tutti gli errori che ha commesso.
Lo accusiamo, a ragione, di aver estirpato la torinesità dal Toro, ma non posso dimenticare che quando il Toro era morto, e raccattarlo dai lodisti costava quasi niente, neanche un imprenditore torinese fu disposto a tradurre il proprio tifo in moneta sonante. Gioca col fuoco chi si illude che dopo di lui arriverebbero gli sceicchi. Dopo di lui arrivano solo i becchini. Cairo ha avuto la sfortuna di vincere subito e di credersi quindi un fenomeno. L'estate in cui issò il Toro risorto in serie A, gli offrirono lo sconosciuto Hamsik, ma lui preferì spendere quei soldi per Barone, Pancaro e Fiore. A differenza del suo mentore Berlusconi, grande organizzatore di uomini nonché scopritore di talenti acerbi, per troppo tempo Cairo ha ignorato la struttura societaria e puntato sulle «referenze», riempiendo il Toro di cadaveri mandati allo sbaraglio. Gli manca il gusto del giocatore d'azzardo. Pianelli, che lo era, sapeva benissimo che, dei cinque giovani che avrebbe comprato, quattro si sarebbero rivelati delle fregature. Eppure li comprava lo stesso: per portare a casa il quinto. Cairo ha il terrore di sprecare soldi, perciò li spreca: compra cinque «affermati» e colleziona cinque fregature.


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