Beretta: "Il Toro è un affare per sponsor e tifosi. Con Cairo abbiamo parlato più volte del mio ingresso in società"
Fonte: Tuttosport
Il commendator Vittore Beretta top sponsor del Torino è stato intervistato da Tuttosport per parlare del buon momento della squadra granata e per avere anche un commento sull'acquisizione di La7 da parte del presidente Urbano Cairo.
Vittore Beretta, lei è una figura rara, sponsor e tifoso. Ed è difficile dire cosa prevalga. Parliamo al primo, per uno sponsor il Toro è un buon affare?
«Sì, lo è. Io ho sempre analizzato la questione mettendo insieme le due componenti, ma all’inizio a prevalere era l’aspetto pratico, del business. Ragionavo in termini di ritorno commerciale. Oggi quell’aspetto è pareggiato dal cuore, dall’empatia. Per me è bello essere sponsor del Toro».
E per un tifoso il Toro è un buon affare?
«Se un tifoso investe nel tifo per il Toro, deve metterci una componente particolare, un pizzico di masochismo. Verrà ricambiato dal piacere di tifare per una squadra unica».
Domenica non era segnalato all’Olimpico.
«Per lavoro in questi giorni mi trovo in Francia e Spagna. Ho supplito all’assenza telefonando ad Antonio Comi già durante il primo tempo, volevo sapere se lo 0-0 si fosse sbloccato. Domenica sera ho visto le immagini alla Rai. Tutto sommato abbiamo avuto le occasioni per vincere, a partire dal palo di Bianchi, ma un pareggio è pur sempre meglio che perdere all’ultimo minuto. Lo sottolineo perché partite così il Toro storicamente è capace di buttarle via».
A proposito di partite, il suo amico Cairo ha vinto quella per l’acquisto di La7. Cosa si sente di dirgli?
«Ci siamo visti a Torino due-tre giorni prima che Telecom annunciasse di voler trattare solo con lui. Ho trovato il solito Cairo, un imprenditore che sa unire il coraggio al ragionamento. Cairo dà il giusto peso ai soldi, anche per questo nella sua vista imprenditoriale ha collezionato tanti successi. Solo con il Toro si è assistito a delle incertezze, ma le sta brillantemente superando. La7 è una bella avventura. Gli serviranno forza di volontà e fortuna, doti che non gli mancano».
Improvvisamente il Toro si scopre glamour. Essere parte di un gruppo proprietario di una televisione nazionale lo colloca, per una volta, davanti ai cugini.
«La Juve è davanti a tutti con lo stadio, il Toro con la tv. Certo sono due cose molto diverse. Cairo ha un buon piano ragionato e secondo me ce la farà. Lavorerà 15 ore al giorno, lui e il suo staff, che è un buon staff. Risparmioso quando serve, capace di ragionare in modo strategico, dotato sotto il profilo della comunicazione».
Questa acquisizione che riflessi potrà avere per Cairo e per la gestione del Torino?
«Già oggi Cairo si divide tra l’essere editore, raccoglitore di pubblicità - il migliore tra l’altro - presidente di una società calcistica. Saprà organizzarsi».
Se Cairo, oberato da nuovi e importanti impegni, le chiedesse di ampliare il vostro rapporto, cioè una sua presenza diretta in società, lei valuterebbe la cosa?
(ride) «Cairo mi conosce bene, della questione abbiamo già parlato alcune volte con grande amicizia e stima. Gli ho sempre detto che se uno entra in una società di calcio deve mettere tanti soldi, rischiare. E’ l’unico modo. Io ho sempre preferito dare un apporto, una spinta, al settore giovanile del Toro. E’ una cosa in cui credo molto. Non mi considero un esperto di calcio, ma un appassionato, che legge quotidianamente Tuttosport e la Gazzetta. In definitiva al suo quesito non posso rispondere».