Bianchi, un capitano in esilio
Con i suoi 74 gol in 174 presenze, Rolando Bianchi è il miglior marcatore granata della storia contemporanea e al decimo posto della speciale classifica stilata in base ai gol dei giocatori granata di tutti i tempi. Più volte, ha trascinato la squadra fuori da situazioni paludose, risolvendo partite insidiose e segnando gol pesanti. Anche se tutto questo lo ha compiuto principalmente in Serie B, rimangono comunque esempi di dedizione al lavoro duro per una squadra da lui amata.
Tuttavia, questo Capitano, questo trascinatore, si trova ora in una situazione spinosa, complicata, quasi triste per come si è creata, che lo ha reso un uomo in esilio nella sua stessa "patria". Proprio come Napoleone, ha guidato la sua "nazione" verso obiettivi eccellenti, ma si trova ora ripudiato da chi questa nazione la fa.
Questa situazione non ha un origine precisa e trovare un unica soluzione a questo rebus risulterebbe semplicemente riduttivo. I tempi eterni del rinnovo, l'inadeguatezza tattica, un calo inaspettato di prestazioni e l'incertezza personale sono tutti motivi possibili, ma non fondamentali per capire come mai il ragazzo di Lovere sia (e sarà) costretto ad un esilio forzato. Che peggiorerà ancora.
La partita contro il Napoli ha visto il ritorno al gol di ben tre attaccanti. Fino a qualche anno fa, dire punte al Torino significava dire Bianchi, ma ora non più: infatti a segno ci sono andati Meggiorini, Jonathas e Barreto. E Rolly? Lui osservava dalla panchina, con gli occhi corrucciati, lo svolto rabbuiato, senza sapere se dietro quel triste velo ci fosse ancora felicità per il collettivo e per la prestazione, tipici del vulcanico Bianchi anche solo di qualche mese fa.
Che qualcosa si sia rotto, è poco ma sicuro. Dopo la partita contro il Napoli, ora sappiamo anche che questa ferita non è rimarginabile, né con un cerotto né con un'improbabile firma. Il Capitano è a tutti gli effetti esiliato su un'ipotetica isola, in cui si limita ad assistere al continuo scorrere di eventi a cui avrebbe partecipato volentieri.
Ora, sta a capire in quale isola è confinato: utilizzando il paragone napoleonico, possiamo dire che, come vicinanza, la pachina può essere assimilabile all'Elba, dove Bonaparte ha trascorso 100 giorni prima di tornare a nuoto in toscana e riprendersi la sua Francia. Tuttavia, Bianchi pare non avere più la forza di "nuotare" e di riprendere la squadra in mano come ai vecchi tempi.
Così, tocca vagliare l'ipotesi peggiore, ovvero quella temibile Sant'Elena in cui Napoleone perì, da solo, in quel famoso 5 maggio 1821. Allo stato attuale delle cose, Rolly potrebbe trovarsi proprio in un ipotetica Sant'Elena, atollo da cui non c'è ritorno, da cui non poter mai più assaggiare gli antichi fasti, ormai sovrastati dall'attesa snervante della propria morte.
Così, fatte le doverose proporzioni, risulta anche nel caso di Bianchi. Dalla panchina (e forse dai pochi scampoli di partita che giocherà) assisterà inerte ai suoi ultimi giorni in granata, senza gloria e senza il solito comando, ormai passato ad altri. Per lui saranno giorni malinconici, ma non inaspettati: infatti, come ogni buon capitano o imperatore che si rispetti, attenderà stoico e senza speranze il giorno in cui lui e il suo amato Torino si divideranno. Ahimé, con troppi pochi rimpianti.