Caso Cannavaro: il principio della responsabilità oggettiva tra esigenze di par condicio e prospettive di riforma
Le voci trapelate negli ultimi giorni hanno trovato conferma: squalifica di 6 mesi per Cannavaro e Grava (per violazione dell’obbligo di denuncia dell’illecito sportivo commesso da Gianello con riferimento alla gara Sampdoria-Napoli del 16 maggio 2010) e 2 punti di penalizzazione più ammenda di 70,000 euro per la società S.S.C. Napoli per responsabilità oggettiva per le violazioni commesse dai propri tesserati.
Malgrado un sempre più vasto movimento d’opinione spinga per un’abolizione del principio della responsabilità oggettiva, da sempre cardine del sistema di giustizia sportiva, la Commissione Disciplinare Nazionale ha confermato un certo automatismo della relativa applicazione, dichiarandone l’assoluta inderogabilità e addirittura determinando l’entità della sanzione in una misura maggiore rispetto alle richieste della Procura Federale (un punto di penalizzazione).
Le motivazioni di tale orientamento sono da ravvisare, anzitutto, nelle esigenze di par condicio con altre squadre militanti nel campionato di serie A (segnatamente, Torino e Sampdoria) che si sono viste infliggere un punto di penalizzazione ex art. 23 CGS (applicazione di sanzioni su richiesta delle parti).
E’ evidente che un repentino mutamento dell’orientamento delle Corti avrebbe potuto indurre la scorsa estate le due società sanzionate ad una diversa strategia difensiva, con inevitabili conseguenze in ordine allo sviluppo delle relative vicende processuali.
In ambito sportivo, occorre ribadirlo, il valore supremo da preservare è quello della regolarità delle competizioni e, pertanto, la CDN, pur riconoscendo le recenti attenuazioni che il principio della responsabilità ha recentemente conosciuto in via applicativa (cfr. p. 24 della decisione), non si è sentita di obliterare ex abrupto anni di giurisprudenza consolidata sul tema.
Il caso Napoli, tuttavia, lungi dall’essere chiuso (restano da esperire i successivi gradi di giudizio), può aprire una riflessione serena e (ci si augura) costruttiva sulle prospettive di revisione dell’istituto della responsabilità oggettiva, così come attualmente disciplinato nell’art. 4 CGS FIGC, quanto meno in riferimento ad ipotesi nelle quali la società risulti danneggiata in senso sportivo dalla condotta dei propri tesserati ed abbia posto in essere tutte le misure idonee a prevenire comportamenti illeciti da parte degli stessi (si pensi, ad esempio, all’adozione di un severo ed effettivo codice etico di autodisciplina).
Chissà che non stiano maturando i tempi perché si affermino (beninteso, entro certi limiti) ipotesi di esclusione della responsabilità del “datore di lavoro”, sulla falsariga di quanto già avvenuto nella giurisprudenza ordinaria di legittimità.
avv. Sergio Longhi
Presidente Associazione Azzurra Lex