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Debiti, a che gioco giochiamo?

di Marina Beccuti

Due giorni fa Abete ha detto, a proposito della crisi del nostro calcio e delle numerose squadre che non possono iscriversi in Lega Pro: "Penso che non bisogna guardare al debito di una società ma allo stato patrimoniale nel suo complesso", concetto ribadito pure da Carraro, uscito pulito da Calciopoli. Questo spiega perchè finora si sono sempre salvate Milan, Inter, Roma e Lazio, società indebitate più del Torino e Fiorentina, ai tempi del loro fallimento, che sono sempre state iscritte in A senza problemi. Però i conti non tornano. E' vero, queste quattro società posseggono un centro sportivo che è un immobile importante, ma vale anche il capitale umano, ovvero i giocatori. Il Torino in poche ore perse tutto, giocatori del calibro di Quagliarella, Sorrentino, Balzaretti, Comotto, Acquafresca, tutti giocatori saliti alla ribalta che hanno fatto la fortuna di altre squadre. Per fortuna che si tiene conto della storia di un club grazie al Lodo Petrucci, che permette ai club blasonati, in caso di fallimento, di ricominciare da una categoria inferiore a quella in cui facevano parte prima della bancarotta e non ripartire dai dilettanti. 

La frase di Abete però nasce in un momento in cui ci sono alcuni club che non hanno tutte le credenziali per essere iscritti, ad esempio la Roma (società tra l'altro amica del Torino), ma invece lo saranno, proprio per il capitale importante in essere. Si ha sempre l'impressione di vivere un calcio a due dimensioni, quello dove qualcuno può fare tutto e altri che invece devono sottostare alla dura legge. Ancora una volta ripetiamo che il Toro è retrocesso per colpa sua, ma qualcosa tuttavia ci sfugge e lascia sempre lo spazio per qualche dubbio e sospetto.


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