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L'arte della sconfitta non si addice a tutti. La sedia del Mondo rimane un simbolo

di Marina Beccuti

Troppo sicuri di vincere prima, tanto più cocente è stata la delusione per gli juventini, che mai avrebbero pensato, non solo di perdere malamente la finale sul campo, ma anche successivamente di vivere l'incubo di Piazza San Carlo, con 1527 feriti. Roba da sballo, per colpa di una multitudine di circostanze, compreso il fatto di sentirsi invincibili su tutto e poi rendersi conto che invece non è così e non sanno manco organizzare un evento. Chi ha avuto l'idea di portare in piazza trentamila persone, senza controlli, facendo entrare abusivi, è un criminale, soprattutto in un periodo in cui c'è la psicosi terrorismo. 

Loro pensavano di sbeffeggiare il mondo intero invece si sono presi un sacco di secchiate di acqua gelida in faccia, come i clacson e l'allegria degli altri. Gli appelli fatti da tv e giornali non hanno sortito l'effetto del siamo tutti bianconeri per una notte perchè c'è in campo una squadra italiana, che poi è più un atto di genuflessione verso il potere da parte di chi ha ottenuto qualcosa in cambio, pilotando magari l'informazione a favore di qualcuno.

Loro, che sono abituati ad avere arbitri che chiudono un occhio, anche due, si sono svegliati all'improvviso con un Cuadrado espulso ingiustamente per una simulazione di quel bastardone di Sergio Ramos, che sa il fatto suo in sceneggiate, ma anche di potenza e intelligenza tattica.

Tutti zitti, falsi, mai stati tifosi, la tv non funzionava, erano in luoghi sperduti dove non prendeva nemmeno la radio, hanno perso il treno per Lourdes e via così. Peccato che appena poche ore prima avrebbero barattato tutta la famiglia per vincere la Coppa. 

Non sanno cosa sia lo spirito di un Mondonico che alza la sedia nella finale Uefa contro l'Ajax del '92, perchè la sfortuna ci aveva visto bene ancora una volta, con quel gesto di rabbia tramutato in leggenda. Gli indiani stanno nella riserva, vengono sconfitti, abbattuti e violentati, ma non perdono mai la loro dignità.