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Marco Odisio: "Mercato, per gli affari sud America e Africa"

di Elena Rossin
Fonte: Elena Rossin per Tuttomercatoweb.com

Abbiamo intervistato in esclusiva Marco Odisio, agente Fifa, e con lui parlato del calciomercato. La tendenza attuale dei calciatori brasiliani è di rimanere nel proprio paese. La società italiane prediligono i giocatori sud americani perché sono per mentalità e per approccio al calcio più simili a noi, soprattutto per la prima squadra. I calciatori africani, a causa anche del passaporto extracomunitario e degli iniziali problemi di ambientazione, interessano più per il settore giovanile.

In questo momento le società italiane quanto sono interessate al mercato sud americano?
“Secondo le richieste che abbiamo avuto l’Argentina è il paese più appetibile, meno il Brasile a differenza degli anni passati. Questo non tanto perché le società italiane non siano più interessate ai giocatori brasiliani, piuttosto perché sono i giocatori di nazionalità brasiliana a non voler lasciare il loro paese, sia per i Mondiali sia per le successive Olimpiadi di due anni dopo, sia perché la loro economia è in crescita e il Brasile sta diventando la terza economia mondiale. A meno che non si tratti di calciatori di talento già affermati e che possono avere trasferimenti per alte cifre, che però rappresentano un mercato di nicchia. Gli altri giocatori professionisti che venivano in Europa molto volentieri fino a poco tempo fa non ambiscono più a questo trasferimento, viceversa accade per gli argentini, questo perché il giocatore professionista e di talento in Argentina non è soddisfatto economicamente dei contratti che gli offrono nel suo paese e quindi sono allettati a venire in Europa. Il calciatore argentino è molto apprezzato dalle squadre italiane, perché sia dal punto di vista caratteriale sia calcistico è simile e molto preparato a quello italiano, di conseguenza si adatta bene al nostro campionato, mentre il calciatore brasiliano per l’ambito extra-calcistico è meno adatto, anche se di fronte al gran talento le società italiane sono disposte a  supportarli al meglio da questo punto di vista”.

Per quel che riguarda il calcio africano?
“Secondo me dovrebbe diventare di nuovo un mercato fertile perché i club italiani guardando meno al Brasile si rivolgeranno anche all’Africa, che a differenza del sud America attrae meno l’attenzione di ogni parte del mondo. Ci si rivolge a questo mercato per prendere giocatori giovani di diciotto o diciannove anni, se non più giovani, possibilmente nazionali o che vengono dalle accademie che sulla carta non sono professionistiche per la loro federazione, ma che in realtà sono quelle che sfornano giocatori di talento che sono sconosciuti e che poi si affermano nel nostro paese. Certo che avere canali preferenziali in Africa non è facile per la lingua, per la mentalità e il modo di rapportarsi con loro è completamente differente dal sud America, ma se si riesce ad inserirsi in un certo tipo di contesto si trovano dei buoni giocatori che possono essere proposti a società italiane. In più i costi dei calciatori sono molto abbordabili per le società europee. Un’altra difficoltà che però s’incontra per l’Italia è quella del passaporto, i giocatori sud africani sono tutti extracomunitari, invece per quel che riguarda gli argentini molti hanno anche un passaporto rilasciato da un paese europeo. Le difficoltà legate al passaporto non ci sono in Svezia, Finlandia e Norvegia che hanno degli accordi particolari e possono tesserare un numero illimitato di calciatori africani. In Italia in serie A è possibile tesserare solo tre giocatori extracomunitari, mentre in B e in Lega Pro nessuno. Per quel che riguarda la prossima stagione però la Figc non ha ancora diramato le regole e quindi siamo in attesa di conoscerle, però è presumibile che siano le stesse già in vigore”.

Il calciatore africano si adatta bene al calcio italiano?
“Non nell’immediato, l’ho notato negli ultimi trasferimenti che ho seguito, ma questo non riguarda solo l’Italia, ma più in generale l’Europa. Il calciatore africano che lascia per la prima volta il suo paese ha numerose difficoltà di lingua, di mentalità e di religione e anche per quel che riguarda l’approccio al nostro calcio, anche se sotto questo aspetto le cose stanno cambiando perché ci sono in Africa basi fisse di società europee, non però italiane, tranne l’Udinese che da questo punto di vista si sta muovendo molto bene. Dicevo, appunto, che il calciatore africano appena giunge in Europa ha bisogno di un supporto quotidiano a trecentosessanta gradi e quindi è importante che ci sia vicino a lui una persona che lo accompagni nel suo percorso iniziale, facendolo sentire al sicuro in modo da rendere il suo ingresso in Europa il più soft possibile. Infatti si consiglia sempre di fare i provini nel periodo primaverile-estivo in modo che anche il clima non sia un’altra difficoltà che va ad aggiungersi. Gli africani, per la mia esperienza, sono meno comunicativi a livello sociale, rispetto ai brasiliani o agli argentini, per mentalità ed hanno i loro canoni di comunicazione che bisogna conoscere e questo fa la differenza perché l’adattamento è una parte determinante dei risultati che poi si avranno sul campo”.

Le società italiane sono più orientate al sud America o in prospettiva all’Africa?
“Con il problema che si possono tesserare solo tre extracomunitari sono più orientate verso il sud America, soprattutto per la prima squadra si cercano i giocatori in Argentina o in Cile, Uruguay e Paraguay che hanno giocatori interessanti. In più trovano giocatori più pronti, professionisti e di talento. In l’Africa, come fanno l’Udinese o altre società europee, si cercano giovani da inserire nel settore giovanile in modo da preparali per accedere alla prima squadra”.


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