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Torino, lo sfogo di Bianchi

di Marina Beccuti

Flavio Bacile

Quaranta metri di corsa, il dito sulla bocca, uno sfogo plausibile, anche perché il Toro ieri sera, i fischi non li meritava proprio, qualche parolina e l’abbraccio dei compagni, l’urlo del gol strozzato in gola, lo sguardo carico e rabbioso, che dice tanto, forse anche troppo.
Questo è Bianchi, prendere o lasciare. Un ragazzo puro che non ama le contraddizioni, un uomo vero, un capitano autentico, il simbolo di questo Torino che senza Bianchi sarebbe poca cosa, un giocatore sensibile, uno insomma che va davanti al microfono per dire cose sensate, mai banali, e che si assume le proprie responsabilità senza mai addossarle sulle spalle del proprio compagno.
È amato Bianchi, anzi, amatissimo dalla propria tifoseria, e non solo per i gol fatti, ma soprattutto per il suo modo di essere, essenzialmente granata, poche parole e molti fatti, e la stampella in cantina quando serve essere lì, a dare una mano, a lottare e sudare per riportare il Toro in alto.

Lui, Bianchi, non ha mai puntato i piedi per andare via, eppure non avrebbe faticato molto per trovare un posto nella massima serie e nelle squadre che contano, lui, garantisce sulla bontà di squadra e del lavoro fatto, lui, chiede tempo e rispetto, concederglielo è un obbligo. Si può contestare tutto, anche un Toro che per novanta minuti ha avuto sempre la boccia tra i piedi, che ha imbastito azioni su azioni, salvo poi scontrarsi negli ultimi 20 metri contro un muro umano a difesa della propria porta, e quindi tirato pochissimo, una squadra che non ha mai sofferto in difesa, tranne quel poco che per inerzia devi concedere all’avversario, che in parole povere ha dominato l’avversario, venuto a Torino con l’unico intento di portare a casa un punto.


In sostanza, Mondonico, da tecnico navigato ed autentico conoscitore dell’ambiente granata, ha giocato anche su quello, sull’impazienza di una tifoseria che vorrebbe tutto e subito, sulla pressione dell’ambiente e sull’insicurezza di una squadra che ha bisogno di autostima, per centrare il proprio obiettivo, il punto, e magari il colpo grosso sul finire della partita. Fischi immeritati, lo ripeto, perché il Toro, ed in questo non mi trovo assolutamente d’accordo con gufi e cornacchie, stava facendo la sua partita, magari non bella, ma intensa, con un’attenzione tra i reparti, una collaborazione tra i singoli, che se ci fosse stata in altre partite, i granata sarebbero a ridosso della prima in classifica.


Vero è che se si può addossare un’unica colpa ai granata, quella cioè, di non aver saputo, o cercato, di chiudere la partita cercando il raddoppio, ma è un peccato che si può tranquillamente perdonare, se si pensa a cosa si sarebbe detto e scritto in caso di pareggio dei bergamaschi. Applaudire i vincitori, quelli che dominano sempre e comunque, se esistono, e fischiare al primo intoppo, non appartiene al Toro, non alla sua tifoseria pur esausta da mille avversità.


Contestare Cairo e la società, è un conto, si può fare in mille modi diversi, la squadra durante i novanta minuti, sul risultato di zero a zero, è tutt’altra cosa. Bianchi, Sgrigna, Zanetti, Rivalta e Zavagno, aldilà di preferenze personali, durante i novanta minuti sono e rappresentano il Toro, quello in cui crediamo, aspettiamo il novantesimo per fischiarli e contestarli se lo meritano. Tatticamente i due esterni di ruolo e questa specie di 4-4-2 rivisitato, con Sgrigna libero di svariare su tutto il fronte offensivo e di appoggio a Bianchi quando il Toro manovra sulle fasce, ha dato ai granata una manovra più ampia, meno scontata, ed una protezione maggiore a centrocampo e difesa, con la possibilità data ai due mediani di salire a supporto della squadra.


Molto di questo è stato possibile grazie all’atteggiamento dell’Albinoleffe, ma, non escludo, che con il tempo si possa migliorare in molti frangenti, quali, movimento senza palla, interscambi, e sfruttamento dello spazio. Bisognerà alla lunga, capire quali siano gli intenti di Lerda, e se con questi uomini è possibile farlo in altri frangenti. Chiaro che con la presenza simultanea di Iunco, Sgrigna e Bianchi (è ovvio) il Toro non possa giocare in questo modo, si snaturerebbero le caratteristiche offensive dei giocatori, riportando l’inferiorità numerica a centrocampo, a vantaggio, questo si, di una superiorità offensiva.


Alla fine godiamoci questi tre punti, che sabato si ricomincia.


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