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Torino, qualcuno batta un colpo

di Marina Beccuti

Cairo sì o Cairo no? Questo è il dilemma. Nessuno si aspetta lo sceicco pieno di petrodollari, ma un dirigente serio che abbia qualche euro per allestire una squadra importante, che poi si possa assestare in serie A senza fare avanti ed indietro con i cadetti. Questo è quello che vogliono tifosi e critici, perchè il Torino rimane un bene prezioso per tutto il calcio italiano e non solo. Senza fare voli pindarici qualche viaggetto in Europa sarebbe lecito sognarlo prima o poi, senza andare troppo in alto, come fece Cimminelli che, quando divenne presidente, promise la Champions e poi "regalò" il fallimento.

Quello che tutti vorremmo sapere è capire se Cairo ha ancora intenzione di rimanere al Torino oppure sta pensando di lasciare ed in tal caso capire se c'è davvero qualche proposta in atto, perchè dai bene informati non c'è nessuno interessato a rilevare il Torino, se non i Lodisti che però potrebbero trovare un altro Giovannone di turno. Il Siena, per fare un esempio, può contare sul Monte dei Paschi, che a necessità trova sempre l'imprenditore in grado di prendersi carico dei bianconeri. Possibile che a Torino non ci sia una banca, fuori dal mondo Fiat, che vada alla ricerca di un presidente serio, dandogli magari delle agevolazioni perchè riporti ai vecchi fasti il Torino? La capitale sabauda è una delle città che ha più banche e livello nazionale per non dire europeo, ma all'epoca del fallimento nessun istituto di credito diede una mano a Cimminelli per non far fallire il Toro.

Il Comune di Torino non riesce nemmeno a risolvere il contenzioso con l'Agenzia delle entrate per chiudere la questione ipoteche lasciate da Cimminelli sul Filadelfia, dove basterebbero anche meno di 1,5 milioni di euro per sistemare le cose, mentre ha "regalato" l'area del Delle Alpi alla Juventus. Il Torino non è figlio di nessuno, è la squadra che porta il nome della città, che conta più tifosi nel capoluogo e che dopo la guerra fece sognare il mondo. I granata non devono restare prigionieri di un potere che non c'è più, ma che fa ancora paura a chi muove le fila della finanza e della comunicazione. Nessuno vuole cacciare Cairo e anzi va ringraziato per aver "rotto le scatole" a chi ambiva alla fine di quei "poveracci" dei granata. Però il suo sogno di fare grandi cose si è scontrato con una realtà ben diversa, che chi vive fuori Torino fatica a comprendere, forse anche allo stesso Cairo.