.

Torino, ricominciamo

di Elena Rossin

Scordiamoci il disastro di un’annata che ha avuto come epilogo finale la sconfitta con il Padova, è inutile perdere tempo a fare analisi e processi perché già fiumi di parole sono state scritte e dette. Ora si guardi avanti. La nuova stagione deve cominciare oggi. Poche e chiare regole dovranno fare da linee guida per il futuro. Lasciando a parte il discorso societario, bisogna concentrarsi sul campo perché è chi calca il terreno di gioco che alla fine vince o pareggia o perde. Prima di tutto servono quattro giocatori che abbiano personalità, visione del gioco e piedi buoni. Questi quattro dovranno costituire l’ossatura della squadra e pertanto ricoprire i ruoli chiave. Poi un allenatore esperto della serie B con una visione del gioco del calcio non rigida ovvero che non parta dal modulo di gioco, ma dai calciatori che gli vengono messi a disposizione e sappia disporli al meglio in campo, valorizzandone le caratteristiche e tramutando le loro peculiarità in un gioco finalizzato alla vittoria. Infine una rosa composta da un undici titolari e dalle rispettive riserve capaci di sostituire in qualsiasi momento chi non potesse scendere in campo, senza costringere l’allenatore a dover utilizzare i giocatori in ruoli a loro non consoni pur di affrontare l’emergenza. A questi ventidue elementi, oltre al terzo portiere, andranno aggiunti un giocatore per reparto quindi un difensore, un centrocampista e un attaccante. Tutti, mister compreso, in primis dovranno essere scelti tenendo conto del loro carattere: al Toro servono solo ed esclusivamente giocatori con personalità, i bravi ragazzi educati vengano lasciati alle altre squadre. Con questo non significa che bisogna infarcire la rosa di giocatori rissosi e spacca-spogliatoio, anzi. Ma di uomini che in campo sappiano tramutare la sana cattiveria e il cinismo in giocate utili e che alla prima difficoltà non vadano in affanno. Non hanno nessuna importanza i nomi di chi arriverà o di chi eventualmente resterà, ma è imprescindibile che queste caratteristiche siano il patrimonio genetico di codeste persone. Che poi vengano scovati in Papua Nuova Guinea o a Cavoretto va bene uguale.

Si diceva dell’ossatura. Un portiere capace di essere il padrone assoluto e indiscusso dell’area piccola, ma anche bravo nelle uscite e con i piedi educati a fare rilanci precisi. L’estremo difensore deve dare sicurezza a tutto il reparto arretrato e metterci una pezza sull’ultimo tiro quando occorre. Un difensore centrale veloce, preciso nelle chiusure, ma capace di uscire dall’area palla al piede per far ripartire la squadra. Un centrale di centrocampo che padroneggi sia la fase di interdizione sia quella di costruzione del gioco; deve saper dettare i tempi, smistare palloni, accelerare o rallentare a seconda del posizionamento dei compagni e degli avversari; bravo nel leggere la partita nel suo insieme, ma anche nelle singole frazioni di gioco. Infine, un attaccante spietato sottoporta che garantisca non meno di una quindicina di reti, propenso a dialogare con i compagni di reparto, con un fisico adeguato a fronteggiare i difensori avversari e rapido di cervello e di movimenti.

Capitolo allenatore. Prima di tutto bisogna spiegare perché prima si è parlato dell’ossatura della squadra e poi del mister. La spiegazione è semplice: il nucleo fondamentale della squadra è a prescindere dall’allenatore e dal modulo di gioco, perché qualunque squadra che si rispetti ha bisogno di questi quattro giocatori che abbiano queste caratteristiche. Il tecnico deve essere messo nella condizione di lavorare al meglio e per farlo deve avere la fiducia totale della società, senza che vi siano remore di sorta o indebite interferenze. Lui deve poter decidere su tutto ciò che riguarda il gioco e l’utilizzo dei giocatori, ovviamente sarà il primo a risponderne nel bene come nel male. Una volta che si è scelto l’allenatore è obbligatorio fornirgli i giocatori giusti e integri fisicamente. Per questo, soprattutto in società che non hanno un budget illimitato, è fondamentale che si individui un allenatore che adatti il modulo di gioco ai calciatori che ha a disposizione, perché il contrario costringe chi fa il mercato a dover reperire giocatori con caratteristiche tecniche ben precise e spesso questi calciatori hanno costi superiori. Il Torino, al terzo anno consecutivo di serie B, non può permettersi di ingaggiare calciatori-scommessa, chi è inesperto o arriva da un lungo infortunio non deve essere neppure preso in considerazione, anche se costa poco. Non si pretendono giocatori-fenomeno, ma uomini adeguati a vincere il campionato cadetto; non si chiede che questo venga fatto con dieci giornate d’anticipo basta che avvenga all’ultima giornata.