Vista dalla curva. La Maratona "abbraccia" un Toro ferito
Tensione e soddisfazione. Quella che riparte dall’Olimpico, è una macchina di sentimenti ibrida. Il grande occhio della Maratona ha focalizzato bene lo spettacolo andato in onda sul campo. Il Toro non ha tradito, il cuore è ancora stramazzato a terra, trafitto. C’è semmai qualcun altro da dichiarare colpevole per aver commesso il delitto perfetto; la terna arbitrale, incapace di salvaguardare i gioielli granata, spesso maltrattati dai gentiluomini in maglia bianca. La curva, così, assiste incredula al cartellino rosso a capitan Bianchi. Proteste e fischi inutili, ragazzi: l’espulsione è sacrosanta. Piuttosto sarebbe stato interessante, per ogni spettatore della Maratona, scambiare quattro chiacchiere con Sir Borghese, guardiano di Rolly. Ma a quello avrebbe dovuto pensarci anni luce prima il romano Ciampi, il decisionista al contrario. Il malcontento in curva è papabile, e non potrebbe essere diversamente: i granata sono l’unica squadra capolista mai tutelata. Forse addirittura osteggiata. E questa sera si respira un gran voglia di far sorridere gli avversari. Non da parte dei beniamini sul rettangolo verde, in buona verve per tentare di mimetizzarsi nella lepre del torneo.
Il primo freddo stagionale equivale ad una chance gustosa da giocarsi tra le mura amiche. La Maratona è esaurita da giorni, le persone schierate nel magico spicchio dell’Olimpico sanno che potrebbe essere la serata della fuga. I ragazzi attaccano verso la Primavera, e non è sempre facile individuare l’uomo più pericoloso. Resta al palo Rolandinho, alle prese con affossamenti e sportellate in serie. L’undici di Ventura schiaccia stabilmente i pugliesi nella propria metacampo, a parte un paio di fiammate improvvise di quest’ultimi in zona Coppola. Quella del 42’ gela lo stadio: difesa mal schierata, e una deviazione consente a De Paula di zittire la Maratona. Pochi istanti per riprendersi dallo choc immeritato, ed è già intervallo. L’orgoglio curvaiolo non si sottrae comunque all’analisi. Il leitmotiv è: “Bisognava segnare prima, siamo stati puniti. Il calcio è così”. Ma le mani e la voce sono di nuovo pronte ad accendere lo stadio. “Ci faranno godere sotto la curva” è l’espressione più ricorrente. Dopo nemmeno 10’, Antenucci tramuta in realtà i desideri dei ragazzi sugli spalti. Neanche a dirlo: è un tripudio. Il Bari rincara la dose di provocazioni, e purtroppo il Toro ne assume in eccessive quantità. L’arbitro è un corpo estraneo al gioco, però la formazione di casa costruisce senza far male. Di Cesare, Sgrigna, D'Ambrosio, Stevanovic, ci provano invano. La Maratona attende di ripetere il copione recitato contro Juve Stabia ed Empoli: tramortire gli avversari con l’urlo di gioia per la “remuntada” centrata. E invece l’orchestra cambia sinfonia, suo malgrado, a causa della doccia anticipata meritata da Bianchi. Ora la parità numerica è stabilita, ma gli uomini di Torrente hanno già eseguito al meglio gli ordini, facendo deragliare la corsa alla vittoria del Toro. Fischio finale: l’ottima terna guadagna il tunnel sotto un minestrone di insulti, come il Bari del resto. I guerrieri granata si fanno consolare dalla Maratona. L’impegno profuso e la rapina subita non sono in discussione. Però, nel fiume di gente che scorre lungo il perimetro dell’Olimpico, si torna a ragionare: “Nessun dramma, siamo sempre primi!”. E sabato a Crotone il passato infausto torna a far visita. E’ ora di cambiare la musica anche lì. Dentro e fuori dal campo.