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Carlo Nesti a Radio Vaticana: “La ribellione di Pallotta contro quel vergognoso striscione”

di Marina Beccuti

Pallotta contro i “fottuti idioti”

 

“Sicuramente noi comuni mortali - dice Carlo Nesti, al Direttore della Radio Vaticana Italia Luca Collodi, nella rubrica “Non solo sport” del lunedì, alle 12,35 - siamo abituati a prendercela con chi rovina le nostre domeniche allo stadio. I dirigenti del calcio, invece, non con i toni del presidente della Roma Pallotta, che ha adottato una espressione molto pesante. Questi dirigenti, dopo lo sdegno iniziale, hanno paura, troppo spesso, di essere ricattati da certi delinquenti. Senza che sia necessario ripetere l’espressione, devo dire, però, che il senso di rabbia e disgusto, nei confronti dello striscione contro la mamma di Ciro Esposito, accusata di lucrare sulla morte del figlio, è ampiamente condivisibile. Non si può che nutrire disprezzo per chi è arrivato a lavorare di perversa fantasia sul peggior dolore, che un genitore possa provare, e Dio, alla fine del nostro “campionato”, che è la vita, saprà tenerne conto. Io, beninteso, sto dalla parte della grande maggioranza dei 14 mila tifosi, che gremiscono la Curva Sud, che non hanno nemmeno visto lo striscione, esposto verso il campo (ma come diavolo ha superato i “meticolosi” controlli?), e che pagheranno, come al solito, per colpe di altri. Ma questi tifosi, danneggiati da una minoranza, devono capire che ricorrere, contro la chiusura di quel settore, sarebbe stato come approvare una insinuazione vergognosa e intollerabile”.

 

I 65 milioni lordi guadagnati da Messi

 

“Lionel Messi, che a 27 anni ha già vinto 4 Palloni d’oro, 3 Champions League, 2 Mondiali per club, ed è vice-campione del mondo, con la maglia della Nazionale argentina, è paragonabile ai grandi campioni dello sport-business statunitense. Il pugile americano Floyd Mayweather, l’atleta più ricco del 2014, ha incassato circa 85 milioni di euro in 12 mesi, e Messi è a quota 65, con Cristiano Ronaldo a quota 54. E’ difficile, lo ammetto, mantenere l’obbiettività, dinanzi a queste cifre. Da una parte, ad esempio, vengono i brividi, pensando che il nostro campione più acclamato del dopoguerra, Valentino Mazzola, guadagnava appena 5 volte più di un operaio, e pensando che oggi non siamo lontani dal 50% di disoccupazione giovanile. Dall’altra, alla larga dalla demagogia, consideriamo che il calcio attuale non è più nemmeno lontano parente di quello, fondamentalmente, amatoriale e romantico di allora. E consideriamo che i campioni equivalgono a “industrie”, che garantiscono il posto di lavoro, e gli stipendi a centinaia di altre persone e famiglie. In ogni caso, resta sullo sfondo il dramma della ingiusta distribuzione della ricchezza nel mondo, e questa tesi non può essere smontata da nessuna accusa di demagogia”.

 

Il debito di Toni con il fisco tedesco

 

“Qui bisogna calarsi nella realtà tedesca, per capire che cosa è accaduto. La Kirchensteuer è il sistema di finanziamento delle religioni, attivo in Germania dai tempi della Repubblica di Weimar. Le comunità religiose impongono ai propri membri una tassa, che in Baviera ammonta all'8% dell'imposta sul reddito. Nel primo anno di permanenza al Bayern, Toni, pur essendo battezzato, si sarebbe dichiarato ateo, mentre, a partire dal secondo, verrebbe indicato come cattolico. L'attaccante del Verona, secondo l'accusa, avrebbe dovuto pagare alla Chiesa tedesca 500.000 Euro all'anno: un totale di 1 milione e mezzo di Euro, che, nel frattempo, sono saliti a 1,7 a causa degli interessi. L’errore non è stato di Toni, ma del suo commercialista. Il giudice ha proposto un accordo, ma il Bayern, che doveva vigilare, ha rifiutato l'accordo preliminare, e si andrà dunque a processo. La prospettiva, per il giocatore, è di pagare quasi 2 milioni di Euro di rimborso per il triennio 2007-2010. Personalmente, credo che la notizia sia una curiosità, sulla quale non si deve speculare, perché Toni, dalla seconda stagione in poi, non aveva negato la sua Fede, e perché il reato è stato commesso da un suo rappresentante”.

 

 

Campionato sospeso in Turchia

 

“In questa stagione, sono state tante le occasioni, in cui ci siamo occupati del teppismo, legato al calcio. Basta ricordare la strage in Egitto, l’omicidio a Madrid, e lo scempio a Roma, da parte di ultras olandesi. C’è stata una sospensione del campionato in Grecia, nel mese di febbraio, e c’è una settimana di stop per il campionato turco, in questo mese di aprile, in seguito all'agguato armato al pullman del Fenerbahce, avvenuto 2 sabati fa. I giocatori stavano rientrando da una trasferta vittoriosa, a Trebisonda, quando alcuni uomini hanno fatto fuoco, provocando il ferimento dell'autista. Non si conosce ancora la matrice dell’attentato, tanto che il Ministero dello Sport lo ha definito non un attacco al calcio, ma un attacco alla Turchia. L’unica cosa certa è che questo sport, che tutti amiamo, è, ormai, una vetrina mediatica talmente diffusa, da potere essere utilizzata per qualsiasi forma di vile propaganda esibizionistica”.

 

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