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ESCLUSIVA TG – Gregucci: “Il Torino ha raccolto poco. La Lazio deve ritrovare la serenità”

di Elena Rossin
Fonte: Elena Rossin per TorinoGranata.it

Angelo Gregucci è stato intervistato in esclusiva per TorinoGranata.it. Gregucci da giocatore ha indossato le maglie della Lazio dal 1986 al ‘93 e nella stagione successiva quella del Torino, attualmente è un allenatore. Con lui abbiamo parlato delle sue ex squadre che si affronteranno domenica pomeriggio.

 

Torino e Lazio sono distaccate da un punto in classifica, però i biancocelesti stanno attraversando un periodo non del tutto positivo e i granata hanno il tallone d’Achille nel farsi rimontare. Come si affronteranno?

“Dal punto di vista tattico il Torino è una della squadre più difficili da affrontare perché Ventura è bravo a trasferire ai suoi calciatori i concetti del gioco e a trovare equilibri che definirei spettacolari, ritagliando un vestito che calza a pennello alla sua squadra e devo dire che a me piace come gioca il Torino. Di conseguenza il Torino non si chiuderà cercando di speculare sul risultato e giocherà come ha sempre fatto e lo farà con buone letture delle situazioni. In più in questo momento Cerci, esterno a destra che predilige calciare con il mancino, quindi con il piede invertito rispetto alla zona del campo dove agisce, è uno dei migliori interpreti di questo campionato e Immobile che sta trovando continuità e ha la fiducia dell’ambiente e dell’allenatore, pur essendo giovane, sta cercando di mantenere le promesse di inizio carriera. La Lazio ha problemi perché, passatemi l’espressione, ha la testa pesante e con il Torino ha da affrontare una partita a livello psicologico delicata e dovrà trovare più certezze possibili, poiché quando si è mentalmente confusi non è facile e a Roma a volte è difficile giocare a calcio perché non c’è equilibrio e si può essere portati in trionfo o contestati nel breve volgere della settimana. Sono convinto che la Lazio abbia una discreta squadra, ma che tutto l’ambiente sia partito appagato e chi vive fuori del raccordo anulare non può capirlo appieno, ma chi vive dentro il raccordo sa benissimo che vincere una finale di Coppa Italia e alzare la coppa in faccia ai “cugini” ha dato un senso di appagamento e tutti con l’inizio della stagione hanno dovuto fare i conti con una realtà che era diversa. A questo va aggiunta la defezione per infortunio di Klose che è il giocatore più rappresentativo, più importante e che in più di un’occasione ha tolto le castagne dal fuoco. La Lazio con Klose, quella con Klose in condizione e quella senza questo giocatore, cambia il suo volto e di conseguenza l’interpretazione delle partite perché Klose è in grado di fare reparto da solo e a volte ha determinato il risultato con giocate da grande campione. Quando la Lazio prova a rompere le partite e a dare più pesantezza in avanti finisce per faticare perché non ha una grande solidità difensiva e infatti la squadra ha sempre bisogno di essere raccolta e coperta per arrivare al risultato, la riprova si è avuta lunedì con il Napoli: appena ha cercato con un attaccante in più di riagguantare il pareggio immediatamente è arrivato il terzo gol dei partenopei. Per questo dico che la Lazio con il Torino prima di tutto dovrà trovare serenità, la giusta concentrazione e disputare una partita giudiziosa”.

 

El Kaddouri si sta rivelando anche lui un buon giocatore soprattutto da quando Ventura fa giocare la squadra con il trequartista, ruolo che lui predilige. Altro valore aggiunto per il Torino?

“Negli aggiustamenti Ventura è bravo a capire se deve utilizzare El Kaddouri o Bellomo o Barreto o qualsiasi altro giocatore, infatti alle volte gioca con un trequartista altre con due quando mette anche Vives o Gazzi davanti alla difesa perché ha giocatori intercambiabili, ma soprattutto è capace di dare imprevedibilità alla squadra che sa cambiare fisionomia continuando a proporre gioco senza chiudersi”.

 

Si dice che il Torino sia un po’ Cerci-dipendente e che la Lazio lo sia con Klose, questo per entrambe finisce per essere un vantaggio o un handicap?

“Non è la stessa cosa. Il Torino ha sicuramente in Cerci la sua punta di diamante, ma la squadra esprime un gioco corale e ci sono anche altri calciatori in prospettiva importanti, uno su tutti D’Ambrosio, El Kaddouri sta ritrovando la brillantezza che lo aveva fatto definire una promessa ai tempi del Brescia, dopo aver battuto la faccia contro il muro lo scorso campionato a Napoli. Io penso che paradossalmente il Torino ha pochi punti rispetto a quello che ha fatto vedere in campo. Per quel che riguarda la dipendenza della Lazio da Klose il discorso è un po’ più articolato e infatti la squadra ha ottenuto dei risultati importanti quando Klose era nella migliore condizione e anche quando lo era Hernanes e Candreva era continuo nelle giocate. Se nella Lazio non giocano questi tre giocatori non riesce a fare grandi risultati, alla squadra è mancata la continuità ed è stata falcidiata da molti infortuni non riuscendo a trovare l’assetto e la proposta tattica e in questo scorcio di stagione ha avuto molte difficoltà gestionali, non ultime le voci insistenti sul fatto che l’allenatore avrebbe già firmato il contratto come commissario tecnico della Svizzera, che poi lo stesso Petkovic ha smentito”.

 

Secondo lei il Torino deve recitare il mea culpa per i punti che non ha raccolto in più di un’occasione?

“La difficoltà nel gestire il risultato c’è ed è innegabile, per questo il Torino deve guadagnare un altro step arrivando a volte a essere meno bello, ma più pratico. Bisogna dire che è difficile per una squadra che propone sempre gioco riuscire a rintanarsi in difesa per difendere il risultato. Quello che manca al Toro è proprio il saper gestire il risultato più che la partita”.

 

La Lazio ha l’obbligo di vincere la partita con il Torino altrimenti l’allenatore rischia di essere esonerato?

“Non lo so anche perché non conosco quali rapporti ci siano tra Petkovic e Lotito, però il presidente non è un mangia allenatori. Io vedo da fuori il lavoro che svolgono responsabile tecnico, direttore sportivo, direttore generale e presidente, ma sicuramente, a mio parere, devono avere la stessa visione del calcio e andare tutti nella stessa direzione. Ci sono state parecchie difficoltà e la partita con il Torino è fondamentale per ritrovare certezze e questo inevitabilmente passa dall’ottenere un risultato positivo che alla fine determina sempre molto le valutazioni, anche se non dovrebbe essere così. Sicuramente dalla Lazio ci si aspetta una buona prestazione domenica pomeriggio e un risultato convincente, poi si vedrà che valutazioni farà la dirigenza”.

 

Dove possono arrivare Torino e Lazio, se tutto filerà per il verso giusto?

“Per fare delle valutazioni è ancora un po’ presto, ma si possono tentare delle previsioni. Il Torino disputerà un campionato salvandosi senza patemi e valorizzerà al massimo qualche giocatore che ha in rosa, Cerci, Immobile e D’Ambrosio. Per quel che riguarda la Lazio vive nel guado e potrà piazzarsi fra il quarto-quinto posto e il settimo-ottavo. Oggi è leggermente attardata sotto il profilo dei risultati, ma quello che più preoccupa è dove vuole andare, che programmi vuole attuare, se Klose continuerà dopo che a fine stagione disputerà il suo ennesimo mondiale ad alto livello, se Hernanes rinnoverà il contratto. Ci sono molte variabili. La visione del campionato del Torino è più chiara di quella della Lazio che è più enigmatica perché non si sa se punta su una squadra formata da giovani quali Keita, che ha grande talento, Perea, Anderson,  o se continuerà ad affidarsi, mettendoli nelle condizioni migliori di esprimersi, giocatori esperti come Klose, Hernanes e Candreva che hanno permesso di ottenere gli ultimi successi dalla Coppa Italia ai piazzamenti con Reja in panchina quando fu a un passo dalla qualificazione alla Champions League. L’interrogativo è: la Lazio vorrà rimanere a quei livelli o vorrà riprogrammare?”.

 

Parlando di programmazione al Torino c’è il caso D’Ambrosio che se non rinnova, e al momento pare molto difficile, già a gennaio sarà ceduto o almeno così proverà a fare la società. Questo influirà oltre che sul giocatore anche sulla squadra se dovesse fare a meno di questo calciatore?

“Penso di sì, ma vorrei aggiungere il parametro del senso di appartenenza al club. E’ chiaro che bisogna sempre costruire la squadra avendo risorse e soprattutto dando serenità ai propri tesserati e non dimenticando che se in fase di calciomercato arriva la proposta indecente bisogna farne i conti e non ultimo incide anche la volontà del calciatore. In questi casi bisogna sedersi attorno al tavolo con tempi e modalità giuste con la società che fa una proposta economica e dà garanzie sulla programmazione che non sempre dipende dai soldi ma anche dalla serietà e dall’idea competitiva di calcio che si vuole sviluppare tenendo conto dei parametri e dei tetti ingaggi e dall’altra la valutazione del giocatore sulle proposte che ha e che in un determinato contesto può rendere al massimo mentre andando in un grande club può rischiare di non ottenere gli stessi spazi. Comunque la valutazione principe è: dove e con chi si vuole andare. Se D’Ambrosio partecipa con grande senso di appartenenza a un club che lo ha preso giovane e lo ha portato a un livello ics cercherà di sposare quel progetto conoscendone le variabili e tutti i prezzi imposti, se invece D’Ambrosio è un professionista e chiede un tot perché alle spalle ha una società e ambizioni di traguardi sportivi maggiori allora le valutazioni saranno differenti. Credo che si debba trovare la soluzione che renda contenti tutti: il Torino se dovesse cederlo e percepire un indennizzo importante, il calciatore che ottiene guadagni maggiori e può giocare in una squadra che ambisce a traguardi di rilievo e l’eventuale nuovo club che si aggiudica un giocatore di qualità e prospettiva. Queste sono le condizioni per effettuare le operazioni di mercato a livello ottimale, se invece il giocatore va via a parametro zero vuol dire che qualche cosa non ha funzionato: il senso di riconoscenza, poco diffuso nel calcio, la società che non ha trovato prima una soluzione. I dirigenti lungimiranti sono quelli che adottano modalità corrette e soprattutto tempi d’azione giusti. La modalità sta nell’idea, la società propone a un proprio tesserato l’idea e gli dà un indennizzo e se il tesserato ritiene che quella proposta sia decente continua con grande senso di appartenenza, cosa che è carente in Italia ultimamente poiché manca l’idea e non solo i giocatori che sposano con grande senso d’appartenenza il club. Quindi per quanto riguarda l’aspetto singolo di D’Ambrosio io fossi in lui ci penserei però lui conosce anche i parametri del Torino e quindi le valutazioni le fa solo il giocatore e le volontà sono solo quelle della società”.

 

Cambiando argomento e parlando di lei, quando tornerà ad allenare?

“Mi auguro presto, perché ho tantissima voglia di lavorare e sono un professionista in questo momento sul mercato e credo di non avere né tanto di più né tanto di meno di quelli che oggi stanno lavorando, per questo ho la volontà di andarmi a cercare e avere la fiducia di qualche società che voglia darmi l’opportunità di allenare”.

 

Italia o estero poco importa?

“Esatto, però io sono un profondo nazionalista, quindi preferirei Italia, ma mi rendo conto che i tempi sono cambiati e l’estero propone oggi un calcio un po’ più performante del nostro”.