ESCLUSIVA TG – Antonelli: “Ho la sensazione che il Toro allestirà una buonissima squadra”
Fonte: Elena Rossin per Torinogranata.it
Stefano Antonelli è stato intervistato in esclusiva per TorinoGranata.it. Antonelli è un dirigente sportivo del Watford e in passato lo è stato del Torino con lui abbiamo parlato delle prossime mosse di mercato del club granata.
Si parla tanto di giocatori che il Torino è in procinto di vendere e soprattutto di comprare, ma al momento nessuna trattativa è stata portata a termine. I tifosi sono un po’ preoccupati, possono stare tranquilli?
“Premettiamo subito che il calciomercato ufficialmente inizierà a luglio, detto questo, finora, in generale ci sono state una serie di schermaglie che hanno portato all’acquisto, grazie a una clausola rescissoria, di Pjanic da parte della Juventus e l’Inter ha preso Banega che era in scadenza di contratto e null’altro. In questo momento la cosa più importante è effettuare una serie di verifiche, come tutti i club stanno facendo, anche perché il Torino cambierà un po’ pelle perché passerà dal 3-5-2 al 4-3-3. Vorrei però fare un’analisi un po’ diversa. Il Torino negli ultimi anni dal 2007-2008 in poi ha vissuto un crescendo grazie al lavoro di Cairo, di Petrachi e a quello straordinario di Ventura. Ogni anno sono stati venduti i calciatori importanti, e questo è storia, e puntualmente i tifosi si preoccupavano del valore che poteva avere la squadra nella stagione successiva e poi la squadra otteneva risultati positivi e si mettevano in evidenza altri giocatori che andavano a costituire il patrimonio della società, da Ogbonna a Cerci, Immobile e Darmian. Quest’anno probabilmente sarà la volta di Glik e Peres, non sono un dirigente del Torino per affermarlo con certezza, ma mi sembra che siano giocatori che hanno ottimizzato la loro crescita e, se ci sono le occasioni, è giusto che possano approdare a squadre di primo livello. Al Torino, a prescindere dal cambio dell’allenatore e da tutto, rimangono lo steso presidente e lo stesso direttore sportivo, che ormai è lì da sette anni, entrambi conoscono le esigenze della piazza, dell’organico e dell’amministrazione, perché l’azienda calcio è un’azienda a tutto tondo e ci sono il risultato sportivo e quello economico e c’è la cultura di una piazza. Loro sono la garanzia poiché conoscono a fondo tutto. Ho la sensazione che il Toro allestirà una buonissima squadra e in questo momento la dirigenza non è in ritardo su nulla”.
Nelle ultime ore si dà quasi per certo l’arrivo di Ljajic e Iago Falque, sembrano a un passo dal vestire la maglia granata De Silvestri e Tomovic e rimane aperta la pista per Kucka. Sono effettivamente questi i giocatori che servono a Mihajlovic?
“Conosco Mihajlovic e lui sa esattamente quali caratteristiche devono avere i giocatori e non credo che lui possa imporre un calciatore piuttosto che un altro. Sinisa è un grande uomo e un grande allenatore, ma come sempre sarà il campo a determinarlo a prescindere dal suo essere uomo vero, magari d’impeto, ma si tratta di un impeto assolutamente positivo. Credo che Mihajlovic a Cairo e Petrachi abbia detto quali caratteristiche devono avere i calciatori di cui ha bisogno, poi è chiaro che ci sia il confronto anche sul nome e se c’è un calciatore che gli è più congeniale perché lo conosce e lo ha già allenato non è un deterrente. Ripeto, secondo me l’allenatore ha dato i dettami sulle caratteristiche dei giocatori di cui ha bisogno e poi tocca alla società muoversi. Ljajic, Iago Falque parliamo di giocatori assoluti e, qualora dovessero arrivare al Toro, sono due elementi di alto profilo”.
I tifosi sperano che il Torino lotti per un posto in Europa League, Cairo non si è sbilanciato, ma Mihajlovic ha fatto intendere che non ci si deve accontentare e c’è da puntare in alto. Riuscirci quanto dipenderà dal Torino e quanto dalle altre squadre che concorrono per lo stesso obiettivo?
“E’ evidente che non dipenda solo dai risultati di una squadra il piazzamento finale. La Roma di Spalletti ha fatto una serie di vittorie consecutive e in totale quattordici, una sola sconfitta con la Juventus e quattro pareggi con Verona, Inter, Bologna e Atalanta ed è arrivata terza e dall’altra parte la Juventus ha vinto venticinque partite, ha pareggiato con il Bologna e perso solo con il Verona ed è arrivata prima c’è poco da aggiungere. A inizio campionato chiunque deve avere ambizioni e presupposti positivi perché altrimenti non si fa questo lavoro ed è quindi nomale che Mihajlovic e il Torino si augurino di poter fare il meglio possibile e sicuramente per la storia, l’organico e la struttura, che è totalmente solida e organizzata, lo faranno. Alle solite squadre che lottano per un posto in Europa da quest’anno si è aggiunto anche il Sassuolo. Almeno dieci, forse dodici, partono con l’ambizione di aggiudicarsi i primi cinque posti di conseguenza prima di tutto si deve guardare dentro il proprio orticello e fare il meglio possibile e poi si guarda la classifica”.
Secondo lei che è un dirigete del Watford e conosce bene il calcio inglese, c’è qualche giovane di prospettiva che potrebbe fare al caso del Torino?
“E’ una cultura diversa, noi di giocatori inglesi ne abbiamo presi veramente pochi e poi, però, in Inghilterra è cambiato un po’ il concetto e se tempo fa si tendeva a prenderli ora, visto che l’85 per cento delle proprietà in Inghilterra sono straniere, emiri, russi, americani e quant’altro, c’è piano piano un’evoluzione anche da questo punto di vista. Gli allenatori sono quasi tutti stranieri e ringraziando Dio ci sono Conte, Guidolin, Mazzarri e Ranieri che stanno portando la cultura italiana. Oggi difficilmente vedo calciatori della Premier League che possano arrivare in Italia, ma si sta aprendo un canale. Avere in Inghilterra allenatori italiani e tantissimi addetti ai lavori farà sì che nascano una cultura e un percorso che potrebbe portare a sinergie, noi spesso veniamo “assaliti” dalla Premier League e probabilmente si potrebbe fare il contrario. Non credo che al momento ci sia una società italiana che possa comprare un giovane inglese della Premier League”.
Sono troppo cari o non ancora del tutto adatti al nostro calcio?
“I giovani inglesi non sono ancora adatti al nostro calcio e per quanto riguarda i costi si parla di un altro pianeta, basta pensare che il mercato interno della Championship, l’equivalente della serie B, per il passaggio di un giocatore da una squadra a un’altra della stessa categoria si spendono 7/8 milioni, cosa qui in Italia inimmaginabile perché al massimo si parla di prestito con diritto di riscatto. C’è un gap molto importante da colmare, intanto pensiamo a quello tecnico che, per fortuna, si sta colmando”.
Parlando di lei, continuerà a “essere inglese” oppure tornerà in Italia?
“In questo momento guardo a trecentosessanta gradi intorno a me, ho un rapporto speciale con la famiglia Pozzo e ho frequentato tanto il calcio inglese cosa che, a prescindere da tutto, serve ad aumentare il mio bagaglio personale e culturale che un dirigente deve avere. In Italia abbiamo sempre pensato di essere i più bravi, i più forti e i più belli, e di conseguenza siamo un po’ ghettizzati dentro il nostro mondo, anche perché fino a tre-quattro anni fa avevamo il calcio più bello del mondo, ma oggi non è più così ed è giusto andare a vedere che cosa c’è oltre l’Italia e la Premier League è sicuramente il campionato leader dal punto di vista economico e di sviluppo”.