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ESCLUSIVA TG – Damascelli: “Il Toro non può galleggiare, intervenga Cairo e Ventura prenda la situazione in mano”

di Elena Rossin
Fonte: Elena Rossin per Torinogranata.it

Tony Damascelli è stato intervistato in esclusiva per TorinoGranata.it. Con Damascelli, giornalista de “Il Giornale”, abbiamo fatto un bilancio sul Torino in vista anche dell’apertura del mercato di gennaio.

Alla luce di quanto fatto finora dal Torino quale giudizio si può dare?

“E’ un giudizio parziale perché è un Torino a metà, nel senso che non si sa mai quando questa squadra potrà diventare matura, coerente e costante: Penso che sia questo il momento in cui Urbano Cairo deve intervenire e non tanto per comprare giocatori, ma soprattutto per far intendere ai suoi, insieme a Ventura, quale deve essere il futuro. Se si tratta di galleggiare è un discorso, ma se si tratta di tentare è un altro, però se si trattasse di arrendersi, com’è capitato in alcune prestazioni della squadra che ho visto, allora non va per niente bene. Spesso e volentieri ho elogiato Ventura per il lavoro svolto in questi anni, e non solo al Torino, ma penso che ultimamente gli manchi l’autostima che dovrebbe, appartenere a un allenatore professionista e professionale com’è lui. Dovrebbe prendere in mano la situazione, invece, spesso accetta i torti arbitrali, spesso si arrabbia a bordo campo e lo si vede, però poi mette da parte quest’arrabbiatura e si presenta davanti alle telecamere in maniera paciosa perché è una persona per bene, beninteso è un valore positivo, ma questo arriva come messaggio ai tifosi e alla squadra, mentre, secondo me, l’appartenenza al Toro deve portare ad avere attributi caratteriali diversi che lui ha, ma che poi quasi annacqua, filtra. Poi, ovviamente, ci sono i limiti della squadra. Un limite che si porta appresso da sempre è il portiere, non ho mai creduto in Padelli, può darsi che io mi sbagli, ma temo che non sia un portiere che dà grande fiducia alla squadra perché è un ragazzo che si fa prendere alle volte dalla tensione agonistica che lo porta a commettere errori di sufficienza, di superficialità oppure, come dire, di “precipitazione”. Non sono stati soltanto gli ultimi episodi che l’hanno individuato come responsabile di gol subiti, ma anche in passato a me personalmente non ha mai dato quella certezza che la storia del Toro ha quasi sempre avuto fra i pali”.

Oltre al portiere ci sono anche delle altre criticità?

“Sì, certo. Le colpe non sono tutte di Padelli, ci mancherebbe altro. Il problema è che questa squadra non ha un regista. Prendiamo Baselli, è un buon giocatore, come tanti calciatori che provengono dal bacino dell’Atalanta, però spesso questi ragazzi non maturano e restano promesse mancate, come nel caso di Montolivo, che si diceva fosse addirittura il nuovo Zidane per l’eleganza e i movimenti. Baselli un po’ come Grassi - l’altro destinato ad andare via da Bergamo e che occupa un ruolo analogo, ma non uguale a quello di Baselli e che è stato già ripetutamente accostato al Torino – sono giocatorini che devono diventare giocatori e protagonisti in mezzo al campo. Baselli ha talento, ha il tiro, la visione del gioco, alcune intuizioni e anche un po’ di carattere, però gli manca quel quid per ergersi in un ruolo decisivo com’è quello di chi sta a centrocampo. Belotti è un altro che ha la stessa provenienza, è un ragazzo istintivo, un po’ immobile in alcune cose, precisamente nel suo impeto agonistico perché è un giocatore più da contropiede che da manovra. E poi ci sono i reduci sopravvissuti che sono i Maxi Lopez i Quagliarella, gli Amauri che tra l’altro sono costi pesanti per la gestione finanziaria. Penso che il Torino dovrà scegliere se accollarsi ancora gli stipendi di questi giocatori, se c’è un futuro in granata per Maxi Lopez, Quagliarella e Amauri, ma credo non più perché più di così non possono dare, anzi, possono essere elementi decisivi in una partita e stop. C’è un altro talento che dovrebbe anche lui imparare di più a giocare a football rispetto che a pallone, sono due cose diverse, ed è Peres, indiscutibile sotto certi punti di vista, però, deve saper disciplinare il suo talento, la sua corsa affiancata alla tecnica, per rendersi ancora più utile alla squadra. Non si può vivere di rendita per un grandissimo gol, magnifico e irripetibile, segnato nel derby un anno fa, ma sia ben chiaro io credo molto in Peres. Proseguendo nella disamina, in mezzo al campo ci sono dei minatori e dei portatori d’acqua, ho detto portatori d’acqua apposta, che possono aggiungere qualche cosa, ma che devono imparare da Ventura la lezione, capendo che non si può solo essere presenti con la corsa, con l’aggressività e con l’animosità, occorre altro per essere da Toro e non soltanto da Toro. L’aggressività è diventata un fattore troppo importante nel calcio e finisce per avere aspetti negativi, orribili, volgari ed io ho scritto mercoledì sul Giornale del prototipo di questo tipo d’atteggiamento, di Felipe Melo, infatti, quando il brasiliano arrivò in Italia alla Juventus lo definii uno scarpone ed ebbi dei problemi con la società bianconera, ma il giocatore tale è rimasto. Questi tipi di giocatori piacciono a certi allenatori, ma non certo a Ventura che ama i giocatori che sanno giocare a football. Penso ad Acquah che deve disciplinarsi perché a volte quando parte sembra che se ci fossero i cancelli dell’Olimpico aperti lui esce fa un giro e rientra dall’altra parte, capita anche a Peres, tanto li prende la corsa, l’entusiasmo e la vis agonistica che smarriscono la disciplina tattica”.

Cairo ha già rinnovato i contratti a quasi tutti i giocatori che li avevano in prossima scadenza e in estate ai nuovi ha stipulato contratti lunghi, quindi la squadra è fatta per i prossimi due anni. Tenendo conto di questo i tifosi possono sperare in acquisti validi a gennaio?

“Gli acquisti di gennaio sono sempre di riparazione perché non ci sono a disposizione giocatori fantastici per la dimensione delle finanze messe a disposizione da Urbano Cairo. Il problema è questo, Cairo è un imprenditore validissimo e lo dimostra quello che sta facendo a livello televisivo e quello che ha fatto e sta facendo a livello editoriale, ma il calcio, purtroppo, ha una dimensione diversa e contano i risultati e non l’audience, lo share, la faccia, perché se contasse solo la faccia al Toro ce ne sono di belle facce. Lo stesso Glik quest’anno non è quello dell’anno scorso, però Cairo tiene a galla i conti della società e questo è importante in un mondo fasullo com’è quello della Serie A italiana dove i bilanci sono veramente disastrosi e dove ci sono grandi club che dovrebbero scappare nella giungla per la vergogna di come hanno gestito in passato e continuano tuttora a gestire i bilanci e, invece, continuano a stare sul loro Titanic. Ecco Cairo ha il merito di aver bonificato il Toro.
E’ chiaro che i tifosi vogliano di più e urlano conigli ai giocatori, ma perché conigli? Perché hanno perso quattro a zero il derby? Forse è la prima volta che il Torino perde un derby o la Juventus fa una prestazione non eccezionale e vince? Ma i tifosi che cosa volevano? La rissa? La battaglia? Siamo ancora a questi livelli? Si può anche perdere una patita, però con dignità e mi rendo conto che il derby perso ferisce il cuore e intossica il fegato perché la sconfitta si trascina per tutto l’anno, ma il calcio non è soltanto il derby, perché se cosi fosse si commetterebbe lo stesso errore di Roma dove i giallorossi, ad esempio, hanno quattro appuntamenti importanti durante la stagione: il derby d’andata e ritorno con la Lazio e le due gare contro la Juve e per il resto vediamo, stiamo a vedere. Non è che se si perde un derby è finita la stagione oppure si è ridotti a essere dei conigli, non è giusto. Dopo di che ognuno deve assumersi le sue responsabilità per capire se la partita è stata sbagliata sia per l’impostazione sia come sviluppo in campo, il primo tempo del Toro nel derby non mi sembra che sia stato disastroso”.

Dopo il derby perso, però, il Torino in campionato con l’Udinese non ha avuto la reazione che tutti si aspettavano. E’ questo che ha esasperato i tifosi.

“Ho visto la partita e mi è sembrato che il Torino agisse più con la pancia che con la testa. A un certo punto, vista anche la superiorità numerica, i granata l’hanno buttata diciamo sull’agonismo e mi rendo conto che in certi frangenti, visto anche il gol fantastico dell’Udinese, non ci sono tante soluzioni, non si può giocare di fino, però più passavano i minuti più vedevo che la squadra faticava a segnare e, infatti, le punte in campo sono diventate tre, Quagliarella, Belotti e Maxi Lopez, dico che facessero a pugni, ma c’era confusione. Questo è stato il segnale che in questa partita il Torino aveva le corna, ma non il corpo”.

Con le rose bloccate a venticinque giocatori il calciomercato di gennaio diventa ancora più difficile?

“Sì, ma non bisogna mai pensare che il mercato debba essere condizionato dai desiderata. Il Torino non è quartultimo o terzultimo sull’orlo del precipizio, o il club è lacerato da polemiche interne oppure l’allenatore non piace ai giocatori, c’è il problema del pubblico, ma non si può ancora fare i conti con le Curve, è successo a Genova, sponda Sampdoria, a Roma, soprattutto sul fronte giallorosso ma non solo, con lo squallore dello stadio quasi deserto quando giocano Roma e Lazio, in passato è successo a Torino. Ma che cosa vogliono di più? I tifosi entrino nel consiglio d’amministrazione delle società e gestiscano i denari, da fuori siamo tutti capaci e vogliamo Messi, Ronaldo e Ibrahimovic, però poi bisogna fare due conti. Il Torino fra nuovi acquisti l’estate scorsa e i rinnovi per i prossimi due anni ha fatto la squadra, io non credo molto ai progetti a scadenza e penso sempre che la squadra non debba solo ottenere i risultati, ma dare garanzie, segnali immediati e poi su questi segnali bisogna innestare il futuro. In questo momento il Torino deve guardarsi allo specchio e chiedersi: ci siamo o non ci siamo? Stiamo prendendoci in giro? Attenzione, non ho detto prendendo in giro il pubblico. Possiamo fare di più? Dove abbiamo sbagliato? Secondo me, dalle due sconfitte, con la Juventus e soprattutto l’ultima con l’Udinese considerata la situazione in campo, un po’ di lezione deve essere tratta, assorbita, letta e capita. Ventura lo sa per esperienza, non è stato mai uno che ha allenato il Real Madrid o il Manchester City o l’United e sa benissimo che cosa vuol dire la sofferenza, però non vorrei che subentrasse della rassegnazione e che il Torino galleggiasse, come ho detto già prima. Il Toro non può galleggiare, non deve essere soltanto da corrida, ma, ripeto, non può galleggiare”.


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