ESCLUSIVA TG – Pavarese: “Il Torino deve trovare le motivazioni nel senso di appartenenza alla maglia”
Fonte: Elena Rossin
Luigi Pavarese è stato intervistato in esclusiva per TorinoGranata.it. Pavarese è un dirigente sportivo che è stato segretario generale del club granata dal 1991 al ’93 e poi direttore sportivo dal 1998 al 2000. Con lui abbiamo parlato della situazione del Torino.
Secondo lei, adesso che il Torino non ha più obiettivi importanti e deve concludere il campionato facendosi perdonare qualche disattenzione di troppo che cosa deve fare per riuscirci?
“Ho avuto la grande fortuna di lavorare la prima volta nel Toro quando poi arrivammo alla finale di Amsterdam e a vincere la Coppa Italia con la squadra che era stata costruita da Luciano Moggi e in tutte le mie successive esperienze ho sempre portato ad esempio in tutte le società dove sono stato l’essere Toro, l’essere tifoso del Toro, il significato della maglia. Credo che la Torino granata sia ormai l’ultimo baluardo di questo tipo di calcio, il Napoli assomiglia un po’ in questo ma non del tutto, per quella fede che c’è verso i propri colori. I tifosi del Toro e in primis la società, ma grazie ai tifosi, erano sempre riusciti ad innescare nei giocatori il senso di appartenenza, il senso di appartenenza alla maglia, il senso di appartenenza a una società gloriosa, anche se la società ha un confronto cittadino che la mette in ombra dal punto di vista dei risultati. Negli anni ho sempre sostenuto che quando Moggi è andato alla Juve ha portato lo spirito Toro, la fame di vittorie e di successi, oltre al merito di aver allestito grandi squadre con fior di giocatori per il club bianconero. Adesso mi è difficile immaginare che il Torino non abbia motivazioni perché la motivazione di per sé sta nel senso di responsabilità dell’indossare la maglia granata. Se si è perso qualche cosa è segno che, purtroppo, il calcio sta cambiando”.
Sembra quasi, però, che chi è adesso nel Torino non viva fino in fondo il senso d’appartenenza o non ne colga la vera essenza.
“Io in totale ho lavorato cinque anni al Torino, ma il Toro mi è rimasto dentro e ho avuto la fortuna di poter vivere il vecchio Filadelfia, lì ci allenavamo, e l’ho sempre portato ad esempio. Quando sono tornato al Torino da direttore sportivo il mio grande rammarico era che non potevamo più allenarci al Filadelfia perché allenarsi in quello stadio significava respirare la Storia. Sembrava un’assurdità avere al campo i resti dell’aereo caduto a Superga, ma era importate che ci fossero perché faceva riflettere su quello che erano stati e su quello che rappresentavano i ragazzi del Grande Torino che all’epoca aveva rappresentato il senso di rivalsa e di rinascita e purtroppo il Fato li vinse, com’è scritto sulla lapide. Dopo essere andato via dal Torino tutte le volte che sono ritornato in città la prima cosa che facevo era recarsi al Filadelfia questo per dire quanto sono rimasto legato a quell’ambiente. E’ stato bello quando il Filadelfia è rinato, mi spiace che non mi abbiano invitato all’inaugurazione, e non so perché questo non serva a veicolare lo spirito Toro, forse va fatto un lavaggio di cervello ulteriore. Credo che il presidente Cairo sia una persona molto legata alle tradizioni e anche Petrachi e questo è importante”.
Mazzarri dopo un avvio positivo si è trovato ad affrontare problematiche ricorrenti e sembra che faccia fatica a estirpare le negatività.
“Il Torino da un punto di vista tecnico non ha nulla da invidiare a tante altre squadre e adesso c’è un allenatore, Mazzarri, per cui stravedo perché oltre ad essere molto preparato e bravo infatti cura tutti i dettagli è anche un grandissimo motivatore e questo dà una marcia in più che darà i suoi frutti”.
Il Torino arriva da quattro sconfitte consecutive e oggi affronterà il Cagliari che ha ancora bisogno di punti per non correre il rischio di retrocedere. I granata hanno l’obbligo di fare punti, ma non sarà una partita facile.
“Il Torino ha l’obbligo di fare punti per rispetto di Emiliano (Mondonico, ndr). Per rispetto di un figlio perché Emiliano del Toro è stato giocatore e allenatore. Lui arrivò dopo la tragedia di Meroni e all’epoca forse caratterialmente gli assomigliava per il suo modo di approcciare alla vita. Come allenatore è stato molto bravo e ha dato tantissimo al Toro e credo che il miglior modo per onorarlo sia quello oggi di dare in campo un qualche cosa i più e sicuramente Emiliano sarà vicino ai ragazzi del Toro”.
Mazzarri in questo fiale di stagione vuole capire chi dovrà rimanere al Torino e chi no. Per la sua esperienza, Belotti dovrà essere il fulcro del Torino del futuro o in granata ha fatto il suo tempo?
“Parliamo chiaramente, non è questione di fulcro o non fulcro. Belotti nella scorsa stagione è venuto alla ribalta prepotentemente e molti avevano interesse ad acquisire il suo cartellino e questo probabilmente ha fatto sperare al ragazzo di poter andare in una società importante e prestigiosa, senza nulla togliere al Toro, però, si trattava di club che ambivano a traguardi molto più importanti di quelli granata. Questa possibilità non si è concretata e forse il ragazzo è rimasto non troppo volentieri e poi è stato sfortunato a causa d una serie di infortuni che ne hanno pregiudicato il rendimento suo e di conseguenza del Toro. Il Torino ha pagato all’inizio probabilmente la non totale ferma convinzione di restare di Belotti, lo dico da osservatore esterno sia chiaro e potrei sbagliarmi, e poi ha pagato i sui infortuni che, come dicevo, ne hanno pregiudicato il rendimento. Belotti nel Torino ha trovato la società che ha contribuito moltissimo alla sua crescita e un ambiente che lo coccola e lo venera e il Torino quando gli è venuto meno il centravanti più forte che c’era in Italia ha dovuto cambiare completamente qualsiasi tipo di mira che aveva nei confronti della classifica. Perché in questi casi o si ha la fortuna come ha avuto il Napoli di trovare un jolly all’interno come Mertens che è stato reinventato come centravanti oppure si devono rivedere gli obiettivi. Fatte queste considerazioni, se io fossi in Belotti resterei al Toro perché solo grazie al Toro può ritornare a essere i giocatore che è stato nella passata stagione e che tutti hanno amato”.
In estate la squadra dovrà essere molto rivoluzionata oppure andranno cambiati alcuni elementi facendo arrivare giocatori giusti e con carattere?
“Per indole professionale non mi permetto mai di giudicare il lavoro degli altri e certamente Petrachi non ha bisogno dei miei consigli. Io farei quello che farebbe Petrachi con l’ausilio del presidente Cairo e penso che il Toro sia in buone mani”.