Il Toro, e il mercato che non decolla
Fonte: Flavio Bacile per TorinoGranata
Giaccherini al Napoli, Ljajic dice no ai granata, Iago Falque ancora in naftalina, Glik ha già salutato accasandosi al Monaco, Peres, assente il giorno del raduno per motivi personali, potrebbe non andare mai a Bormio e firmare per il Manchester City. Arrivati, Ajeti, svincolato dal Frosinone, Gomis, dopo l’ottima stagione a Cesena, Barreca, Aramu, Parigini e Lucas Boyè, talento argentino, classe '96, un acquisto completato ed annunciato sul sito del Toro il 1 febbraio 2016.
C’è però da aggiungere che per quanto attiene ad Aramu, Parigini, Barreca ed in parte anche a Gomis, che il Torino si è adeguato alle nuove norme federale sulla composizione delle rose, con quattro giocatori, dei venticinque, con più di 21 anni, che devono essere “stati formati” nel vivaio della squadra che li inserisce in rosa. In partenza Vives, Gazzi e Bovo, con Padelli ed Ichazo che non sono sicuri di rimanere. Insomma in poche righe, quello che è ad oggi il mercato dei granata.
Ovviamente, e siamo solo al 14 luglio, non manca il tempo per fare quello che serve fare, lascia però perplessi che con un tecnico nuovo, con un modulo che forzatamente non sarà quello di Ventura (lo stesso Cairo si è lasciato sfuggire che si giocherà con un modulo più offensivo, probabilmente 4-3-3), quindi con idee tattiche, movimenti di gioco, ed impostazione di gioco completamente diversa, non si parta per Bormio con la formazione quasi fatta.
Insomma penso che lo stesso Mihajlovic si aspettasse di partire con un altro abbrivo, non so quale erano gli obiettivi e le direttive date dal tecnico, ma se il Toro è andato su Ljajic e Giaccherini, suppongo che le indicazioni erano proprio quelle, pensare che fossero una specie di specchio per le allodole, per puntare con comodità su altri obiettivi, non sembra veritiero.
Cairo ha assicurato che il Toro sta lavorando sotto traccia, per realizzare i giusti innesti richiesti dal tecnico, e di per sè la cosa non mi entusiasma, preferisco che gli obiettivi siano chiari, almeno nella sostanza, poi la ritengo una cosa non attuabile, tra giocatori, agenti, operatori di mercato, giornalisti, e le mille opportunità della rete, si sa tutto di tutti, molto prima di mettere le fatidiche firme sul contratto. Personalmente ho sempre amato la chiarezza, meglio una dura verità che mille piccole consolanti bugie, anche se a volte riconosco che possa fare comodo vedersi accostati obiettivi più o meno “importanti”, e parlo in linea generale e non specificatamente del Toro, per vari e svariati motivi, che però creano attese e confusione nella tifoseria.
Vale però la pena rilevare che attualmente in Italia, sono poche le squadre che possono fare mercato senza vendere prima, il Toro, forse, non sfugge a questa logica.
Rispetto alla passata stagione trovo grandi differenze, l’obiettivo era chiaro, ringiovanire la rosa, tenere i big (Glik, Quagliarella, Maxi Lopez) resistere alla tentazione di vendere Maksimovic e Peres, se non di fronte ad offerte veramente irrinunciabili, puntare su giovani di valore o di prospettiva (Baselli, Zappacosta, Belotti, Acquah), cose tutte fatte e portate a casa, alla luce del sole. Quest’anno fatico a comprendere il progetto tecnico, ma sicuramente è colpa mia, di certo c’è solo che si passerà alla difesa a quattro, centrocampo ed attacco sembrano più legati allo sviluppo del mercato, il che non è detto che sia un male assoluto, ma neanche significa necessariamente il contrario. Sono sempre stato un sostenitore del gioco a priori, anche a dispetto dei risultati, quindi è giusto dare al tecnico il tempo per mostrare le sue idee, ma per farlo nel modo ideale bisogna farlo lavorare dai primi giorni del ritiro, con la squadra completa o quasi, questo mi pare assodato.
Poi le famose ciliegine sulla torta vanno bene, ma prima ci vuole la torta.
Ovviamente non sono preoccupato più di tanto, il Toro non rischia la serie B, il gruppo c’è, se poi alla fine del mercato la squadra sarà più forte di quella dell’ultima stagione, l’obiettivo biennale posto dal tecnico, vale a dire quello di tornare in Europa, potrebbe anche trovare attuazione, in caso contrario, resterà quello di sempre, una tranquilla salvezza senza restare mai invischiati nelle sabbie mobili delle ultime posizioni. Oggi come oggi, l’Europa mi sembra un’utopia.
Flavio Bacile