Granata nella storia: che fine ha fatto Renato Zaccarelli?
Fonte: Wikipedia.org
Quando si parla di miti granata, il nome di Renato Zaccarelli non può che essere uno dei primi a balzare alla mente dei tifosi del Toro, e non solo dei più "esperti" anagraficamente. Zaccarelli rappresenta un vero e proprio totem della storia del Toro, club nel quale è cresciuto sin dal settore giovanile e nel quale, dopo alcuni anni a Catania, Novara e Verona nei quali si è formato, è tornato nel 1974 e non ha più lasciato fino alla fine della carriera, nel 1987.
Tredici anni indimenticabili, che lo hanno consacrato come uno dei migliori centrocampisti della storia del Toro e costellati anche da grandi risultati, come la vittoria della Coppa Italia del 1971 e soprattutto l'indimenticabile scudetto del 1976, l'ultimo della storia granata, conquistato ai danni della Juventus. Decisiva per la vittoria tricolore, dopo un inizio di campionato non facile, fu proprio la doppia vittoria nei derby contro i bianconeri: all'andata finì 2-0, grazie alle reti di Graziani e Pulici, mentre al ritorno Zaccarelli e compagni si imposero per 2-1, con le autoreti di Damiani e Cuccureddu che resero vano il gol di Bettega. Il risultato venne poi trasformato in un 2-0 a tavolino per il Toro a causa del lancio di petardi dei tifosi bianconeri che ferirono Luciano "Giaguaro" Castellini. Zaccarelli di quella squadra era già uno dei leader, assieme a fuoriclasse del calibro di Claudio Sala, Francesco "Ciccio" Graziani ed ovviamente Paolino Pulici, guidati magistralmente in panchina dal tecnico Gigi Radice, uno degli allenatori più all'avanguardia dell'epoca. Il rapporto di Zaccarelli con il tecnico dell'ultimo titolo granata è stato molto profondo e li ha legati probabilmente ben oltre le loro esperienze calcistiche. A testimonianza di ciò il fatto che, lo scorso dicembre, quando il tecnico dell'ultimo Scudetto è scomparso, Zaccarelli non se l'è sentita di partecipare alle esequie, poichè troppo provato a livello emozionale.
Soprannominato Milord, come detto è stato un grandissimo numero 10 e regista, di grande eleganza e grandissime doti tecniche, ma nella parte finale della sua carriera, come solo i grandi giocatori sanno fare, seppe reinventarsi alla grande come libero; un libero certamente atipico, di grande tecnica e di grande intelligenza tattica, ed anche in quel ruolo si rivelò un valore aggiunto, tanto che nel 1986, a 35 anni, conquistò il Guerin d'Oro come miglior giocatore del campionato. Anche una volta appese le scarpe al chiodo è rimasto sempre legatissimo al Torino, di cui è stato dirigente e, per un breve periodo anche allenatore, nel 2003. Ora lavora per Sky, come commentatore tecnico, ma il suo legame indissolubile con i colori granata è portato avanti dal figlio Edoardo, che in estate è entrato a far parte dello staff tecnico dell'under 15 del Torino, dove affianca il tecnico Andrea Menghini.