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Inacio Piá: "Smetto col calcio giocato, ringrazio tutti i club in cui ho militato. Ora voglio fare l'agente"

di Claudio Colla

Intervistato da TuttoMercatoWeb, Inacio Piá, 35enne ex-attaccante del Toro, ha parlato del suo recentissimo ritiro dal calcio giocato: "È una decisione che ho preso da tempo, ho peraltro iniziato già da qualche mese il mio percorso di agente, anche se per il momento cerco solo di capire il mestiere. Fare il calciatore e assisterlo sono cose diverse: per il momento cerco di vedere tante partite, e imparare il più possibile. Da settembre aiuterò il Nuova Usmate, assumendo l'incarico di direttore tecnico, è una academy di Gaetano Fedele.

La decisione riguardante il ritiro è esclusivamente dovuta a una questione fisica: il ginocchio non riusciva a farmi allenare al 100%, e stava diventando un peso andare in campo. Quelli trascorsi all'Adrense, comunque, sono stati mesi proficui. Ho vissuto una società ricca di competenza e organizzazione, da squadra importante direi. Sono certo che faranno grandi cose. Il momento più bello tua carriera? Tanti momenti: mi viene in mente l'esordio e il gol in Serie A, i campionati vinti a Napoli, vincere lo Scudetto in Argentina.

I compagni a cui mi sento particolarmente legato? Montervino e Paolo Cannavaro, senza dubbio: alla lunga sono questi i giocatori con cui ho vissuto di più le emozioni dello spogliatoio, la gioia delle vittorie e il peso delle sconfitte. Aggiungo anche Memushaj, siamo diventati subito amici. La delusione più cocente da calciatore è stato l'anno in cui abbiamo perso i playoff con l'Avellino; una immensa delusione, per aver fallito un obiettivo alla nostra portata. Il mio rapporto con l'Atalanta è tuttora bellissimo, sia con la gente che con la società: Zingonia continuo a frequentarla spesso, anche perché mio figlio gioca nei Pulcini neroazzurri.

In Brasile torno almeno una volta all'anno, a breve ci andrò con la famiglia. I ricordi brasiliani sono quelli dei primi anni, i sacrifici, la prima volta che ho lasciato casa per tentare la fortuna nel calcio. Avendo sette fratelli noi siamo una famiglia numerosa, lasciare i propri amici e parenti a tredici anni è stato difficile. Qui in Italia ho cercato di assorbire un po' da tutti, provando a capire e osservare. Se devo citare un allenatore, è Vavassori, il primo all'Atalanta, quello che mi ha voluto fortemente in prima squadra. Tengo particolarmente a ringraziare tutte le società in cui sono stato, gli allenatori, i compagni, lo staff tecnico, i tifosi: conservo bellissimi ricordi di tutte le piazze in cui sono stato".


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