.

Gente basca e gente granata: appunti di viaggio

di Marina Beccuti
Fonte: A cura di Gianluca Domenici, cantautore granata

E’ sui 50/55 anni, di sesso maschile, indossa jeans e piumino, sciarpa granata al collo, solitamente si muove in compagnia di 2 o 3 coetanei. Le mogli? “Le abbiamo lasciate a casa!” Questo l’identikit del tifoso medio al seguito del Toro al San Mamés. Si tratta di un uomo benestante, come si sarebbe detto qualche anno fa ‘un borghese’. Già, perché con la crisi imperante anche solo muoversi dall’Italia, con volo + biglietto + pernottamento non è per tutte le tasche, purtroppo. Li vedo questi tifosi, nel piovoso e uggioso pomeriggio pre-partita, rumoreggiare civilmente nelle stradine del ‘casco viejo’ della città, viuzze punteggiate di negozietti, pescherie, prosciutterie e di pinchos-bar. Un attempato basco, con la sciarpa del Bilbao orgogliosamente ostentata sotto la barba bianca, mi ferma per farmi una sentita domanda: “Por qué no hay mujeres?” Io, che la moglie invece l’ho portata, provo a spiegargli che da noi è più difficile vedere tante donne allo stadio. La sua curiosità su questo argomento scaturisce in lui dalla scarsa quota rosa palesata anche dalla torcida napoletana, qui ospite pochi mesi fa. In realtà le donne del Toro ci sono: fidanzatine in veste di fedeli ‘accompagnatrici’ del marito tifoso, ma anche solerti mamme con tuta e zaino granata e tanto di piccoli Darmianini al seguito. Poi ovviamente ci sono loro, gli aficionados della Maratona, sempre presenti, e pronti a far partire a ripetizione i cori ‘antigiube’ ai quali partecipano, pensate, anche gli abitanti di Bilbao.

Già, ma la tifoseria basca? Differente dal concetto di tifoso un po’ invasato all’italiana. Lo capisci subito nei bar del centro, letteralmente invasi dall’onda granata: noi a fare cori e gioiose urla inneggianti la nostra fede. Loro schivi, quasi intimiditi dalla nostra ingombrante presenza. Poi però si sciolgono e ci accolgono col sorriso. E vedo i nostri che in un improbabile italo-spagnolo-piemontese con tutte le parole fatte finire per ’s’ tanto per non sbagliarsi… si scambiano birre e chiacchiere con la gente di Bilbao: la loro maglia bianco rossa si accosta alla nostra, si scattano foto, si fanno brindisi. Un pre-partita, in tutte le zone della città, all’insegna del fair play, che prosegue a pochi minuti dal fischio di inizio. Tutti al Bar Bodega, lì davanti allo stadio. Cerveza a fiumi, ma anche il Txakoli, quel vinello bianco basco che va giù che è una meraviglia.

Arrivano in massa i tremila del Toro. Scorgo e saluto gli amici di Viareggio e della Versilia che mi presentano l’irlandese doc Shane Wallace: lui e l’amico Stefano (italianissimo che vive e lavora a Londra) sfoggiano maglie e sciarpe del Toro ma… con sotto il Kilt scozzese! Questo per una scommessa nella trasferta precedente: se passa il Toro ci mettiamo il gonnellino. Detto fatto, Stefano parte da London e Shane da Dublino, non senza aver salutato il granatissimo zio Mick Wallace che, pensate, è balzato più volte agli onori della cronaca irish per aver indossato in parlamento (lui deputato) la maglia del Toro. Basta, è arrivato il momento di entrare al San Mamés.

Io, sprovvisto di biglietto dall’Italia, mi sono precedente arrangiato con un bagarino, un signore anziano che integra la propria pensione con ricarichi modesti. Dio lo benedica, non avrei sopportato di restare fuori stasera! I miei posti sono nella curva del Bilbao, dove, a macchia di leopardo, ci saranno anche un centinaio dei nostri. Il tifo dei bilbaìnos è sì caliente, ma composto. A fianco a me vedo bambini, nonni, giovani con la compañera, e tante donne. Tranne molteplici inni sparati dall’ottimo impianto dello stadio, non ci sono cori, solo un reiterato “A-TLE-TIC A-TLE-TIC” urlato a gran voce da tutto lo stadio. La partita comincia ed il loro supporto cala visibilmente al cospetto di un Toro che sembra più disinvolto della loro equipo. C’è solo qualche rimostranza contro l’arbitro che ammonisce troppo i biancorossi di casa. Finisce il primo tempo e tutti (ma proprio tutti) tirano fuori il panino: ma quanto mangiano da queste parti!? Poi il secondo tempo e l’epilogo di un’impresa calcistica che sa di epico. E a quel punto cosa fanno i corrucciati tifosi baschi? Prendono ad applaudire l’11 di Ventura mentre attraversa il campo per dirigersi negli spogliatoi, una standing ovation che è un inno alla sportività, roba da brividi.

Chapeau a questa tifoseria, a questo popolo civile che, per forte e sentito senso di appartenenza ad una maglia, somiglia molto a noi granata. Finisce la magica serata in un ristorantino lì vicino. I gestori, a servire con la immancabile maglia bilbaìna, nel pomeriggio avevano deciso di stappare una magnum (27 litri!) di pregiato vino rosso della Castilla y Leon. Pensavano, poveri loro, di festeggiare. In realtà il loro ristorante si è riempito solo di gente granata che ha brindato, ed io con loro, fino a tarda notte… 27 litri di vino rosso color granata. Una sbornia di emozioni che difficilmente scorderemo nel resto della nostra vita.

 

Gianluca Domenici