“Il mediano di Mauthausen”. Il racconto del pronipote di Vittorio Staccione, un granata in lotta
Federico Molinario ha recuperato vecchi documenti per scrivere il libro sulla storia del suo prozio, Vittorio Staccione, ex giocatore granata ai tempi dello scudetto revocato del 26/27, del quale se ne sta discutendo da tempo, perché in Figc si è aperto un fascicolo per cercare di ridare quello scudetto ai suoi legittimi proprietari.
Il libro si intitola “Il mediano di Mauthausen”, edito dalla Diarkos, scritto dal giornalista Francesco Veltri e verrà presentato venerdì 15 novembre alle 21, presso il Museo del Toro.
“Ho sempre coltivato questa idea, ripercorrere le memoria della famiglia dai primi ricordi, sedimentata negli anni. Ho potuto recuperare con difficoltà i documenti relativi alla storia, di mio nonno e del mio prozio che giocavano entrambi nel Toro, dove vinsero lo scudetto del 26/27. Quello dello scudetto revocato, non assegnato, manovra sostanzialmente politica. Il Toro lo rivinse l’anno dopo, nel 27/28. All’epoca il presidente della Figc era un gerarca fascista di Bologna, Arpinati che, forse, avrebbe voluto far vincere la sua squadra del cuore”, ha detto Molinario, torinese pure lui, come zio e nonno.
“Il 22 gennaio del 2019 è stata posta una pietra d’inciampo in Via San Donato, l’ultimo domicilio dello zio Vittorio, prima dell’arresto da parte delle SS. Altri riconoscimenti dedicati a lui sono una targa all’interno dello stadio Zini di Cremona, mentre nel 2012, è stato inserito nella Hall of Fame della Fiorentina come miglior giocatore degli anni ’20”, ha voluto ricordare il pronipote. Alla posa della pietra d’inciampo c’erano anche i rappresentanti del Torino Fc attuale.
“Mio zio nacque a Torino a Madonna di Campagna, proveniva da una famiglia operaia, da sempre attenta ai problemi di questa classe. Nato nel 1904, nel 1915 fu scoperto dal Torino e portato nelle sue giovanili, dove giunse in serie A con la maglia granata nel ’23, poi quando fu militare andò alla Cremonese. Preso di mira dal partito fascista, perché suo padre aderì al PSI, invece del suo nome il Giornale di Cremona lo segnalò con una X. All’inaugurazione del Filadelfia nel ’26, stagione in cui giocò 11 partite consecutive, fu picchiato dai fascisti, così da non poter giocare contro la Roma la prima al Fila. In seguito fu ceduto alla Fiorentina, dove rimase quattro anni, ma visse una tragedia personale. Perse infatti la moglie, conosciuta nel capoluogo toscano, e la figlioletta durante il parto. Finì in pratica la sua carriera da calciatore al Cosenza, ceduto anche per via delle pressioni fasciste”, ha continuato a raccontare il pronipote.
Continuando nella storia, Molinario ricorda il seguito della storia: “Terminata la carriera sportiva, tornò a Torino per fare il tornitore alla Fiat, ma continuò a mantenere rapporti di anti fascismo. Venne arrestato varie volte, poi quando scoppiò la guerra, si impegnò ancora di più, tenendo i rapporti con i partigiani, per arrivare al ’43, quando venne arrestato dalle SS, per via anche di alcuni scioperi. Tutti lo conoscevano e il comandante gli offrì l’opportunità di fuggire, lui invece, reputandosi innocente, rientrò in commissariato e venne preso dalle SS. Viaggiarono con lui altri giocatoti come Valletti del Milan, Castellani dell’Empoli (al quale venne dedicato lo stadio della sua città), che finirono tutti a Mauthausen. Lì c’erano dei campi di calcio e vennero chiamati per giocare a pallone, queste permise loro di mangiare qualcosa in più degli altri. Mentre Valletti sopravvisse, lo zio si ammalò di cancrena e perse la vita nel ‘45, a un mese dalla liberazione” .
Molinario ricorda un altro appuntamento: "Il prossimo 14 gennaio verrà posta una pietra d’inciampo in via Pianezza, sempre a Torino, per Francesco Staccione, il fratello di Vittorio”.
A gennaio il libro verrà presentato a sua volta nel Museo della Fiorentina.