L'omelia di Mons. Nosiglia alle esequie di Don Aldo
Fonte: Ufficio comunicazioni sociali Diocesi di Torino www.diocesi.torino.it
"Come primo pensiero di questa omelia desidero richiamare alcune espressioni di Papa Francesco pronunciate a Valdocco, relative ai salesiani di cui don Aldo è stato un confratello amato e stimato, perché ha vissuto nello spirito di San Giovanni Bosco il suo carisma per e con i giovani, per e con i poveri. Ha detto papa Francesco: “Della forte esperienza che ho fatto da giovane con i salesiani ringrazio Dio, perché mi hanno aiutato a crescere senza paura, senza ossessioni. Ad andare avanti nella gioia, nella preghiera. Il vostro carisma è di un’attualità grandissima. Guardate le strade, guardate i
ragazzi e fate decisioni rischiose. Non abbiate paura. Come ha fatto Don Bosco. Vi ringrazio tanto di quello che fate nella Chiesa e per la Chiesa. Vi ringrazio tanto per la vostra missionarietà che fa parte del carisma. E vi ringrazio della vostra concretezza delle cose…Il salesiano è concreto, vede il problema, ci pensa e lo prende in mano”, con generosità estrema e intelligenza, amorevolezza. Credo che queste parole si adattino perfettamente alla persona di don Aldo e voi tutti,
cari giovani, responsabili sportivi, allenatori ed educatori e membri dell’associazione “OASI - Operazione Mato Grosso”, che lo avete conosciuto e amato, potreste confermarlo con mille episodi concreti della sua vita. L'esistenza di don Aldo, si è spesa interamente in questi "vivai", segnata dalla coltivazione appassionata dei giovani nelle squadre del Torino calcio, negli Oratori salesiani e in mezzo ai volontari dell'associazione.
L’apostolo Paolo, nella prima lettura, ci ha detto che senza l’amore di Dio gratuito, disinteressato e potente per ogni sua creatura, non serve a niente possedere anche tutto il mondo, avere la pienezza della scienza e della sapienza, persino della fede e di una generosità senza limiti. Se manca l’amore, quello con la “A” maiuscola, quello più grande che Cristo ci ha testimoniato e donato tutto quello che facciamo non serve e non riesce ad ottenere un risultato positivo che duri nel tempo. Ma che cosa è l’Amore?
Parlare di amore è facile, si possono dire cose molto belle e affascinanti. Esso è spesso enfatizzato e tutti vi fanno riferimento, ma senza un riscontro concreto di fatti resta vano e inconcludente. L’amore, non da telenovela televisiva o da messaggio virtuale della Rete, è quello che sa sacrificare se stesso per le persone che ama, è un gesto, una scelta concreta che cambia le situazioni, non è fatto di belle parole suadenti ma di fatti, di opere che si vedono e di cui si
può fare esperienza. “Avevo fame e mi hai dato da mangiare, avevo sete e mi hai dato da bere, ero in carcere e sei venuto a trovarmi, ero straniero e mi hai accolto”. L’elenco del Vangelo ci interpella profondamente, perchè anche oggi, qui tra noi, ci sono persone che vivono tali situazioni. Basta avere occhi per vedere, cuore per amare e voglia di fare qualcosa per loro... e non solo per loro – ci dice Gesù –, ma per Lui stesso, perché Egli si identifica con ogni persona che vive condizioni di esistenza disagiata ed emarginata. Chi riesce ad amare così i poveri, i giovani, i sofferenti, coloro che vivono
come scarti della società, diventa promotore di giustizia e di pace per tutti.
Don Aldo si è nutrito di questo Vangelo e sul Vangelo ha scommesso tutta la sua esistenza. Lo ha fatto perseguendo con entusiasmo e responsabilità la via dello sport, vissuto come fonte di gioia ma anche di riscatto e di crescita educativa della persona, non di pura ricerca del primato e di un ruolo importante. Ha sempre richiesto ai suoi ragazzi, testimoniandolo in prima persona, di non rinunciare ai valori etici e di solidarietà, per arrivare ad essere osannati dai tifosi o dalla stampa; la sua via è stata quella di sacrificarsi e pagare di persona per promuovere la giustizia e la dignità di tanta gente bisognosa nei paesi poveri del mondo; la sua via è stata quella della fede vissuta nella fedeltà alla preghiera e all’Eucaristia, alla
devozione a Maria Ausiliatrice; la via dell’amicizia schietta ed esigente, aperta a tutti senza preclusioni, che suscitava gioia nel cuore di chi lo frequentava. Tutto ciò conviveva nel modo più spontaneo e immediato nella sua azione concreta, che svolgeva nei vari campi del suo servizio di cappellano del Toro – o “padre spirituale”, secondo la definizione che lui preferiva – come di promotore e animatore dell’associazione “OASI”, di religioso salesiano e di amico e confidente dei giovani alla ricerca di un senso pieno della vita, di onesto e impegnato cittadino che amava la nostra città e si adoperava
per il suo progresso civile, culturale e sociale.
Due sono stati per me i momenti particolarmente importanti grazie ai quali ho avuto modo di conoscerlo da vicino: quando si è adoperato per celebrare una Messa in Cattedrale con la partecipazione dei membri delle squadre giovanili del Toro e della Juventus, voluta per mostrare come la fede può unire tutti e aiutare al rispetto e all’incontro, anche tra realtà diverse e competitive sul piano dello sport; e, nei mesi scorsi, lo ricordo quando, con particolare tenerezza, ha guidato più volte la visita di gruppi di giocatori e dirigenti del Torino calcio, a pregare davanti alla Sindone.
Mettere insieme realtà così diverse non è facile. Spesso si scindono, perché si pensa che una non può stare insieme all’altra. Giocare al calcio è una cosa, pregare è tutt’altro; lavorare per il proprio profitto è una cosa, donarsi in perdita, senza guadagnarci niente, è un’altra cosa, completamente diversa. Ma don Aldo aveva una morale sola e una parola sola: “Non si può servire due padroni”, è scritto nel vangelo. Non si può amare Dio e il denaro, l’umiltà e il potere, la generosità e l’arrivismo, il bene comune e la ricerca del solo bene per sé… Invece, se c’è un valore che tutti, laici e cattolici, capiscono è proprio quello di rifuggire da quei compromessi e privilegi perseguiti per ottenere un risultato utile solo a se stessi,
a scapito anche della onestà e dell’osservanza di regole etiche e civiche, nel proprio operare. Don Aldo ha insegnato a tutti gli educatori, allenatori e adulti a mettere in pratica il metodo preventivo di don Bosco, che proponeva uno stile educativo fatto di ragione, religione e amorevolezza, tre cardini che, se intrecciati insieme, favoriscono la crescita armoniosa di una persona libera e responsabile, non egoista ma solidale, non chiusa in se stessa, ma fraterna.
“Venite, benedetti del Padre mio, a prendere in possesso il Regno preparato per voi dal Padre mio fin dalla eternità”, ci dice Gesù sulla scorta del Vangelo di oggi. Noi crediamo fermamente che di questo Regno e di questa benedizione partecipa ora don Aldo, per cui la nostra preghiera di suffragio diventa anche inno di lode e di riconoscenza a Dio per averci dato la grazia di godere di questo suo ministro e di poterne ancora cogliere i frutti in futuro, perché quanto ci ha donato resterà imperituro nel cuore di tutti noi.
Mons. Cesare Nosiglia
Arcivescovo di Torino »
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