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Torino Calcio, dieci anni dopo

di Matteo Maero

“Giornata di attesa per la squadra granata nel ritiro di Acqui Terme. Questa mattina, davanti ad un buon numero di tifosi, il Toro si è allenato sul campo, disputando anche una partitella a ranghi misti a chiusura della seduta.  Nel pomeriggio Comotto e compagni lavoreranno in palestra ed in piscina. Assenti Gaby Mudingayi, Massimo Marazzina e Samuele Emiliano, a Torino per seguire il programma di recupero personalizzato. Qualsiasi sia la sentenza del Consiglio di Stato, alle 20,30 scenderà in campo contro la squadra locale dell’Acqui, che disputa il campionato di Eccellenza. Ha raggiunto il ritiro nella località termale anche il Direttore dell’Area Tecnica Renato Zaccarelli.”

Ero piccino. Avevo 12 anni ed ero nel pieno della mia pubertà. In un periodo così, il calcio passa, come tante altre cose, in secondo piano. In quel nefasto 10 agosto 2005, il Consiglio di Stato, ultimo livello della giustizia sportiva, sanciva il fallimento del Torino Calcio, dopo 99 anni di storia ininterrotta. Poco importa che quel Toro doveva fallire ed il suo destino “burocratico” era segnato già a marzo 2005: ogni tifoso granata visse quelle settimane come un calvario, composto dai “Vinceremo al 90′” di Cimminelli e dai primi vagiti di un Toro che mai fu, quello di Arrigoni.

Come ricorda il comunicato che ho riportato poco sopra, la sera del 10 agosto 2005 era in programma una partita amichevole contro l’Acqui, che poi fu l’ultima prima che la storia si interrompesse. La partita, giocata in un clima surreale perché poche ore prima si ebbe coscienza del fallimento, finì 5-0 per il Torino Calcio, grazie alla doppietta di Keller e ai gol di Acquafresca, Quagliarella e Liborio Bongiovanni. Grazie al potere dell’internet, rimangono racconti precisi di ciò che fu Acqui – Torino: una sfida a cui si è assistito con gli occhi lucidi ed il cuore pesante, il cui finale fu dominato da veri pianti, sia dei tifosi che dei calciatori in campo. Qui di seguito un bel riassunto di ciò che fu:

È finita 5-0 e meglio non poteva finire. Primo gol molto bello di Acquafresca (non male la sua prova anche se lo marcava un mio amico che è un pippone) . Raddoppio di Keller di testa e terzo gol sempre del Danese (lento ma sempre presente sotto porta). Quarto gol di Liborio Bongiovanni a porta vuota. Quinta e ultima rete del Quaglia con un po’ di responsabilità del giovane portiere Acquese. Che dire? Mi sono commosso quando Fontana ha urlato “NOI NON MOLLIAMO,CI SIAMO SEMPRE!”, ho imprecato vedendo le giocate di Pinga e pensando che non lo vedrò più con la nostra maglia (il granata “Toro” non è uguale all’amaranto ne al granata del sud italia). A fine partita ho potuto constatare che Chiuminatto (Capo ufficio stampa Torino Calcio ndr) e la Tenivella non mancano mai (pesanti apprezzamenti dei presenti alla bionda di Quartarete) e sono sempre più brutti. Marazza abbronzatissimo, ci fa tanti complimenti ma saluta e se ne va. Zac aveva la faccia di uno a cui hanno diagnosticato un male incurabile. Alla mia domanda “Zac, che mi dici?” ha risposto “Non so, vedremo…”. Balzaretti aveva il capo chino, non parlava quasi. Conticchio e Maniero conciliavano fra di loro, ma apparivano sereni. Jimmy mi ha detto chiaro e tondo che da Torino e dal Toro non si muove. Tutto Qui. Maratona itinerante strepitosa, nuovi cori, anche molto ironici specie su Carlo Testa e Gianni Bellino, nonchè nuovo coro creato per annunciare disordini alle prossime olimpiadi invernali. Tutto molto bello, tutto molto granata. Come cazzo si fa a mollare il Toro? Non si può, non si deve.


Era chiara la percezione che tutto sarebbe cambiato, ma nessuno immaginava cosa sarebbe successo. Quel fallimento smembrò una rosa potenzialmente interessante, che avrebbe potuto lottare per un campionato tranquillo in Serie A, lanciando, perché no, qualche giovane di belle speranze. Tuttavia, il Torino Calcio arrigoniano scomparì nei meandri di un tempo poco ricordato, rimpiazzato prima da quello dei lodisti, di Paolo Stringara e del ritiro di Giaveno e poi da quello di Cairo e Gianni De Biasi, costruito in pochi giorni e coronato grazie all’impresa dei Playoff.


Il ricordo di quei mesi agitati e la sua fine oggi compiono dieci anni. Non sembra ieri, sembra un secolo fa. Tuttavia, anche questa è storia e come tale va ricordata, con rispetto. Perché chi non ricorda la storia, è condannato a riviverla.


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