Toro, dieci giornate da sudare
La squadra granata dopo Verona si è scoperta: umana, fragile e nuda, ancora una volta il Toro non si nasconde a se stesso mai e che a mostrarlo sia stato un figlio del Filadelfia, coltello pirata tra i denti ( Mandorlini), non è caso alcuno.
Figlia di quella partita è la partita con lo Stabia dove una ex corazzata invincibile si è trovata a dover reagire al post tzunami scaligero, gestire e cambiare molto in termini di attori in campo e reinventarsi una personalità per iniziare a recitare un copione di questo finale di stagione appena abbozzato e di cui noi osservatori non disponiamo che di uno schizzo al carboncino, cosa mica facile e dove il minimo ottenuto in tale situazione non è comunque cosa da poco.
Allora parliamone ancora del Verona per scongiurare e trarne il meglio in termini psicoanalitici ed interpretare il frutto del proprio e personale sforzo a migliorarsi anche nelle inevitabili contraddizioni: il Verona è squadra che è venuta a Torino per vincere a tutto campo e che ha contrapposto al nostro tic e toc e possesso palla basso un pressing alto alla tremendismo Toro ed approfittanto dell'indubbia fatica fisica di alcuni interpreti, della formazione sbagliata e della presunzione che malgrado tutto albergava dopo settimane di elogi nel Torino, ha fatto il pieno: semplice lapalissiano, punto, basta tornare ad essere Toro, punto e basta, lapalissiano.
Il Verona è venuto ad insegnarci, una volta reimparato come bravi soldaltini del subbuteo a stare in campo quello che ancora ci manca: l'essere il Toro che è anche e più che essere squadra.
Bene c'era da ripartire senza dimenticare, perchè la scoppola di Verona è stata cosa salutare in termini di crescita come una doccia scozzese se si vuole portare a termine in positivo questo campionato sapendo controbattere ai vari Sassuolo, Pescara e Verona ed in fretta ritrovare un identità perchè le inseguitrici sono squadre di B con fame da B con sogni come occhi lucidi di bambini verso al serie A ma che non sono il Toro....se Toro si vuole essere, si pensa di essere , si è.
Ci restano 10 giornate per scartare questo cioccolatino per capire se di Toro si tratta, se di torrone al miele vero o millanteria da hard discount.
Siamo ripartiti coi peli di dietro irti ma riuscendo nell'impresa, poco gagliarda ed ancor meno granata in termini espressivi di non fallire l'impresa, se il tenere botta in questa situazione è impresa.
Il Toro in formazione improvvisata è riuscito nel tenere la baracca di fronte al crollo ipotetico, di fronte ai dubbi sulla propria consistenza e natura e questo è un passo importante di questo finale di stagione e si spera di un progetto a lungo termine se si desidera evolvere da accozzaglia di atleti a squadra.
Dicevamo che il Toro fragile di consapevolezza di essere una squadra o grande squadra ha palesemente dimostrato di non sapere appieno essere Toro, manca ancora la coscienza granata in compenso stà germogliando una coscienza di squadra che è a sua volta embrione od ipotesi di identità di granatismo in quanto l'essere Toro in termini sportivi è il massimo dell'espressione agonistica possibile.
Speriamo che questa auspicata presa di coscienza ci eviti in futuro, la nausea dell'incapacità propositiva dotata di un minimo di orgoglio della squadra di Ventura per 60 minuti su novanta della parita di ieri.
Il Toro a 360 gradi è in costruzione o meglio ricostruzione, dopo un quindicennio di ostracismo violento prodotto dall'ignoranza dei poteri locali e del calcio verso il suo patrimonio più profondo e radicato ed uno squinternato quinquennio cairota ed è un miracolo l'essere arrivati a questo punto del campionato fermanente primi, miracolo venturiano di ricostruzione di un ambiente spaventato ed affranto oltre che confuso persi quasi tutti i riferimenti fisici e morali che hanno caratterizato un secolo di granatismo.
Bene la squadra si è scoperta fragile come un adolescente che passa dal sentimento dell'onnipotenza alla prima grossa doccia fredda e l'ora di diventare adulti in fretta è suonata rapida, poi c'è tempo per capire ed incamerare cosa sia il Toro perchè ne sono convinto Ventura non sappia ancora cosa sia il Toro anche se essendo di Cornigliano qualche barlume di fatica e solidarietà umana possa avercela.
Bene dobbiamo insegnarglielo Noi, ancora una volta Noi tifosi, dobbiamo riabituarci a portare le borse della spesa ai piani alti, Noi in assenza di Vatta, Mondonico e Cozzolino in società o di Ferrini o Pulici o Cravero in squadra e di Filadelfia nella quotidianità cittadina, siamo Noi che sappiamo e che ne abbiamo viste tante ed una di più a dover insegnare ancora una volta il valore umano di questa Società fondata, basata e fatta per l'Umana gloria a fornire la dimostrazione della infiammabilità passionale ed agonistica di questa casacca agli interpreti domenicali, Mister compreso.
Una chiosa a Ventura, ben contento della volontà del creare un gruppo di amici ancor prima che una squadra gerarchizzata ma l'incapacità di aver saputo creare una coppia affiatata e pericolosa di attaccanti mi lascia perplesso, se penso che Sgrigna collezionando a mala pena due partite intere in minuti a fatto tanti gol quanto Bianchi od Antenucci in un campionato quasi intero...
Intanto cantiamo Forza Toro e prendiamo per mano questa squadra fino alla fine del campionato.
Andrea Morè