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Auguri al Pibe de Oro. Sessant'anni di magia e bufere

di Marina Beccuti

Sul campo non ha mai sbagliato niente e ha fatto sognare tutti i tifosi del mondo, anche non delle sue squadre, che in Europa vanno dal Barcellona al Napoli. Sul piano umano ha sbagliato spesso, pur conoscendone le conseguenze. Questo si può riassumere dei sessant'anni di Diego Armando Maradona, detto anche la mano de dios, per quel gol segnato ai Mondiali dell'86, contro l'Inghilterra e non visto dall'arbitro. Perchè Maradona era piccolo e gracile, ma velocissimo, con una tecnica da paura, perchè quando aveva lui il pallone tra i piedi incantava chiunque. Genio e sregolatezza, come Gigi Meroni o George Best, diversi dagli altri in tutto, anche nella loro autodistruzione, oppure vittime del fato come la Farfalla granata.

Però a Maradona non va negato che ha sempre ammesso tutto, non ha mai nascosto nulla, ha chiesto aiuto, molti altri avrebbero nascosto sotto la polvere le proprie malefatte, lui no, alla luce del sole come è sempre stata la sua vita intensa, favolosa, nata in un sobborgo povero di Buenos Aires, ma sempre dignitoso ad affrontare le difficoltà.

Maradona va però giudicato per quello che ha fatto in campo, per la felicità che ha concesso a chi l'ha visto giocare, il più grande di tutti per qualcuno, per altri forse era meglio Pelè, ma sicuramente rimarrà nella storia del calcio per sempre.

Maradona è sempre stato così sincero, come ha scritto al Corriere dello Sport, in occasione del suo compleanno.

"Gracias, amigos. Grazie a tutti. Grazie per gli auguri, per la vicinanza e per l’affetto che continuate a mostrarmi. Mi danno forza e sensazioni positive, cose che in tempi di grande paura per la salute di tutti e di grandi sofferenze economiche per tanti sono assai preziose. Sessant’anni, sì. Sono pochi o sono tanti? Devo cominciare a sentirmi pure io un po’ vecchietto, oppure no? Beh, l’ammetto, me lo sono chiesto. Ma non so darmi una risposta. Se penso, se ragiono, se mi fido della mia voglia di futuro sono pochi perché pensavo e ragionavo così anche quando di anni ne avevo la metà. Se invece penso di fare una corsa, uno scatto, beh, allora mi sembrano tanti. Ma so di chi è la colpa: di tutto quel cortisone che per anni e anni mi è entrato nella schiena, nelle ginocchia e nelle caviglie per essere in campo sempre e comunque. Perché la gente così voleva; perché lo pretendevano gli incassi; perché vincere ad ogni costo una partita era l’unica cosa che contava. Ma sia chiaro: non maledico quei tempi. Non credo che a sessant’anni sia già tempo di bilanci, ma non rinnego nulla di quel che è stato e di quel che ho fatto. Non ho rimpianti. Non voglio averne. Certo, so di non aver fatto sempre cose giuste, ma se ho fatto del male, l’ho già detto, l’ho fatto solo a me stesso, non agli altri. Però da una quindicina di anni ho imparato a volermi più bene e ora sono felice".


REGALI - "Niente per me. Vorrei che questa pandemia assassina se ne andasse via, questo sì. Vorrei che lasciasse in pace tutti e soprattutto quei Paesi e quei popoli e quei bambini tanto poveri da non potersi neppure difendere. Vorrei che qui in Argentina come in tante, troppe, altre parti del mondo fossero sconfitti anche i virus della fame e della mancanza di lavoro che divorano la dignità delle persone. E poi, visto che non ce la faccio proprio a non parlare di pallone, vorrei che il mio Gimnasia, prossimo a tornare in campo, dopo novant’anni e più rivincesse il campionato. E se è vero che non c’è due senza tre, vorrei che un altro scudetto lo vincesse presto pure il Napoli. Lo seguo. Mi piace".
 

Auguri Diego e grazie per averci fatto sognare, anche per questo gol storico e per essere stato sempre maledettamente umano.


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