Cielo nero tra Rosina e i suoi tifosi
Fonte: www.alessandrorosina.it
Una contestazione in piena regola, a colpi di slogan e cori, con un sonoro invito a girare i tacchi e andarsene.
E alle 17,36 spunta finalmente il capitano del Toro fischiato, guarda caso, proprio al momento del rigore. Gesto premeditato, si potrebbe pensare. E i tifosi inferociti come tigri in gabbia, chiedono addirittura spiegazioni sulle sue presunte notti brave in discoteca. Ormai il pubblico e il privato si fondono e si confondono. E, anziché giudicare un giocatore per le sue doti in campo, ci si chiede se ha carattere nella vita, se è un uomo oppure un quaquaraquà. Insomma, si entra a gamba tesa nel personale, varcando un confine che - per questioni di rispetto - non dovrebbe mai essere varcato. E lo si fa anche senza avere gli strumenti di conoscenza necessari per pronunciare qualsiasi tipo di giudizio.
E' chiaro che i sintomi di un cortocircuito tra Rosina e i suoi tifosi ci sono tutti. E ora siamo al remake di "C'eravamo tanto amati". Altro che stima, considerazione e affetto per un giocatore che ha contribuito a risollevare le sorti del Toro. Un ragazzo con un grande cuore granata e un carattere schietto e sincero, senza venature barocche o manierismi eccentrici. Con l'unica colpa di non aver giurato, per un eccesso di sincerità, amore eterno alla squadra nella quale gioca.
E scatta la corsa al massacro. Agli occhi dei tifosi, il capitano non dà il meglio di sé perché non ama più la sua squadra e agisce in malafede.E poi, quell'infortunio maledetto, che lo ha costretto a giocare pochissimo in questo campionato, interpretato come un segno di menefreghismo acuto verso la squadra.
Alessandro Rosina ora è il capro espiatorio dei mali della squadra, ma è anche qualcos'altro. E' stato elevato, senza saperlo, a metafora vivente della crisi dei nostri tempi. Rappresenta il crollo di un ideale di forza, l'ennesimo punto di riferimento che si dissolve come un cucchiaino di zucchero in un bicchier d'acqua, quasi un nemico da combattere.
Ecco, ci vuole poco a distorcere la realtà sull'onda emotiva di un momento . Perché è chiaro che la criminalizzazione del capitano del Toro non sta in piedi. Anzi, fa acqua da tutte le parti. La stampa, dal canto suo, ha contribuito non poco a nutrire il mostro, sollevando un polverone che non c'era, ovvero l'accusa che sia lui in persona a decidere gli esoneri dei vari allenatori, senza neppure avere la personalità che si addice a un primus inter pares.
Inevitabile la delusione del capitano, rimasto volutamente senza parole per la totale mancanza di gratitudine. E la scelta del silenzio, di un amaro silenzio, proprio di chi HA RICEVUTO ATTACCHI DEL TUTTO GRATUITI E INFONDATI. Adda passà ‘a nuttata.
Elena Orlando per Alessandrorosina.it