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Federsupporter, riportare i tifosi negli stadi sarebbe un grave errore

di Marina Beccuti

In una atmosfera di crescente preoccupazione, ampiamente diffusa dal continuo propagarsi di casi positivi di covid-19 che hanno condizionato e condizionano pesantemente la vita sociale, economica e politica del Paese, il Pianeta Calcio vive come una monade leibnziana.

Un mondo con una sua realtà “completa, indistruttibile, centro di attività e di forza che contiene nella sua nozione o natura tutti i propri predicati, quindi tutta la propria storia; ogni monade è indipendente rispetto alle altre e in ciascuna si rispecchia tutto l’universo che essa esprime secondo la propria posizione” (cfr. www.treccani.it).

Una realtà estranea agli interessi del Paese che si confronta, come documentato da Confesercenti, con la continua chiusura di attività, anche storiche, al dettaglio ed artigianali, con interi settori merceologici e manifatturieri in crisi irreversibile, con la perdita (cfr. INPS) di 500.000 p
osti di lavoro e con un generalizzato ricorso alla CIG che, pur salvaguardando livelli minimi esistenziali, incide sulla capacità di spesa individuale.

In tutto questo panorama, il sistema calcio si è preoccupato di salvare solo i propri introiti derivanti dalla pubblicità, dagli abbonamenti, dai biglietti e dal merchandising, pressando il Governo nel far proseguire un Campionato farsa giocando (!!) 12 partite, oltre alle semifinali e finali di Coppa Italia ed alle gare dei Campionati europei, per non perdere gli effetti pubblicitari delle emittenti televisive e radiofoniche.

Una potenziale perdita stimata dalla stessa FIGC che si sarebbe attestata, se non si fosse ripreso il campionato, in circa € 235 milioni, cifra che, se rapportata alle sole società di Serie A, avrebbe portato ad una perdita pro capite di circa 11 milioni.

Un danno “enorme” che avrebbe condotto al dissesto del mondo del calcio!

E tutto questo mentre l’INPS ha stimato nel 2020 una perdita del PIL del 17,7% rispetto al 2019, derivante, essenzialmente, dalla contrazione dei consumi privati e da mancati investimenti; il tutto accresciuto dal crollo delle assunzioni nei primi 5 mesi del 2020 pari al - 43% rispetto al 2019.

Tale contrazione è stata particolarmente pesante nella tipologia dei contratti di lavoro a termine, contratti che caratterizzano essenzialmente il settore del turismo (segmento strategico per il nostro Paese), che evidenzia p
er i tre mesi estivi un crollo del fatturato di “oltre 3,2 miliardi di euro di cui il 52% per le attività extralberghiere e il 48% per il comparto alberghiero” (cfr. Assoturismo - Confesercenti ).

Ma a tutto ciò è indifferente il mondo calcio, preoccupato di riaprire gli stadi, anche se non a tutti i tifosi, ma almeno ai VIP, così da non far apparire nelle riprese TV gli spalti vuoti o popolati dagli epitaffi dei tifosi (leggasi le foto posizionate sugli spalti) o, almeno, a far occupare il 30% della capacità massima degli stadi ai propri tifosi (così la FIGC).

E per la riapertura degli stadi quale tema centrale “per la sopravvivenza del circo calcio” si è espresso anche il Presidente del CONI (cfr. “La Gazzetta dello Sport”, “Il Napolista”, del 01.09.2020):

“Riaprire agli abbonati? potrebbe essere una soluzione: Anche perché, salvo qualche squadra che ne ha un po’ tanti si può trovare un giusto equilibrio nel rapporto con la capienza degli impianti. Tanto in trasferta non possono andare, quindi questo potrebbe essere un punto di equilibrio”

Così il Presidente Gravina, “Il calcio nel suo insieme è molto preoccupato della situazione generale legato alla partenza: siamo in apprensione per l’idea che bisognerà agire sul sistema di protocolli che finisca col diventare assolutamente insostenibile, parzialmente per i professionisti e totalmente per i dilettanti”. (cfr. www.fantamaster -Massimiliano Fina- e www.calciomercato.com). “Poi c’è il tema dell’ingresso negli stadi, siamo fiduciosi che il Cts possa tener conto della nostra capacità visto anche il grande esito positivo che hanno dato non solo i protocolli ma anche i controlli”.

Senza alcun problema in termini di assembramento, di mantenimento della distanza, della salute di tutti coloro che devono subire, passivamente, regole e condizionamenti nella loro vita quotidiana individuale e collettiva.

Significativa al riguardo è la presa di posizione del Presidente della Regione Piemonte “... in pressing con il governo perché si possa riaprire l’impianto ai tifosi...” dello Juventus Stadium in occasione dell’incontro Juventus Sampdoria del prossimo 19 settembre. (cfr. www.genova24.it del 2 settembre 2020), o come l’Emilia Romagna che ha dato il via libera alla riapertura degli impianti sportivi con il 25% della capienza, o come il Presidente della Regione Lombardia che “si dice pronto a firmare l’ordinanza per la riapertura di stadi e palazzetti” (cfr. fanpage, 1 settembre 2020).

Tutte problematiche in tema di responsabilità dei luoghi di lavoro, che stanno travagliando le imprese pubbliche e private e che non sembrano toccare gli operatori, a vario titolo, del mondo del calcio, salvo riuscire a trovare, nei famosi Protocolli, una clausola di esenzione da responsabilità che, comunque, non reggerebbe mai nel quadro della legislazione nazionale in tema di sicurezza sul lavoro.

E tutto ciò mentre si susseguono le notizie stampa sulla positività dei calciatori, sui quali non si è sentita alcuna voce ufficiale della FIGC, che resta in attesa di un nuovo “Protocollo”, che permetta, tra l’altro, la sostituzione dei tamponi (da effettuarsi ogni quattro giorni) con i test sierologici, e tale da giustificare abbracci tra giocatori, sputi in campo, esultanza per un goal segnato.

Come noto, non esistono comunicati ufficiali della FIGC sul fenomeno epidemico nei club ma, stando a fonti giornalistiche (www.goal.com del 18 agosto; Il Corriere della Sera del 19 agosto; Rai News del 20 agosto; fanpage.it del 30 agosto; Adnkronos del 31 agosto), i calciatori del Campionato italiano colpiti da Coronavirus sono risultati n. 42, oltre a 4 dirigenti.

Infatti, proprio nella giornata del 2 settembre, è risultato positivo un calciatore della nazionale Under 21 in ritiro che è stato posto in isolamento fiduciario (cfr. Comunicato FIGC del 2 settembre 2020).

Fortunatamente una barriera a tutte queste proposte c’è.

Come anticipato dal Coordinatore del Comitato Tecnico Scientifico presso il Dipartimento della Protezione Civile della Presidenza dei Consiglio dei Ministri, Agostino Miozzo, in sede di Audizione della Commissione Cultura della Camera (sollecitato per la drammatica situazione della scuola) tre sono i pilastri, mascherine, distanziamento e igiene dai quali non si può prescindere per un ritorno a scuola in sicurezza; pilastri che, a mio avviso, sono gli stessi che non consentono la riapertura di stadi e palazzetti.

E il no del CTS è la diretta e logica conseguenza “dell’emergere di diversi casi di positività tra i calciatori…” (cfr. la Gazzetta dello Sport 04.09.2020).

Questa linea di estrema prudenza delle CTS è sottolineata dal Responsabile di Malattie Infettive dell’Ospedale Sacco di Milano “se riportiamo il pubblico negli impianti sportivi rischiamo di commettere lo stesso errore fatto con la riapertura delle discoteche questa estate”.

Ma il calcio è indifferente anche alle problematiche del mondo dell’istruzione che sta disperatamente e convulsamente tentando di aprire l
’anno scolastico 2020/2021, o dell’università che si sta organizzando per portare avanti una docenza on line, figlia di una “non” comunicazione culturale, o dei Centri Studi e di Ricerca.

L’istruzione e la cultura? E’ un mondo che non riguarda il calcio!

Ma che importa: oggi i giornali non possono non parlare del “travaglio” del calcio-mercato, con il gioco al rimbalzo di decine di milioni, veri o fasulli, del calendario della stagione, delle offerte per la negoziazione dei diritti TV per il triennio 2020/2022: ci sono i miliardi che aspettano i Club.

E per accrescere l’importanza di un settore “portante” (?) dell’economia, ecco gli emendamenti al “Decreto Semplificazioni” con la nuova norma salva stadi.

Una norma palesemente incostituzionale, per violazione dell’art. 9, comma 2 della Costituzione, il cui rispetto comporta che ogni opera edilizia deve essere conforme ai vincoli paesaggistici, storici e artistici nell’area da edificare, in contrasto con i quali, né il diritto di proprietà, né quello di libertà di iniziativa economica privata possono valere.

La proposta, inoltre, viola anche l’art. 3 della Costituzione, risultando manifestamente discriminatorio e irragionevole il favore concesso a chi intende realizzare nuovi impianti sportivi o ristrutturare impianti già esistenti rispetto a chi voglia realizzare altre opere edilizie, anch’esse ritenute di pubblico interesse.

Ecco signori, questo è il mondo del calcio, attorno al quale si muovono vorticosamente interessi miliardari, sempre più lontani da qualsiasi valore sportivo, ma che si dice “affranto” perché non può non pensare al “dolore dei tifosi che non possono accedere agli stadi”.

Il mondo del calcio preoccupato per i tifosi e per i “poveri” giocatori che si sentono “abbandonati” dai propri sostenitori.

Alfredo Parisi

Presidente Federsupporter


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