Francesco Flachi: "Ragazzi state lontani dalla droga"
Per un momento ha pensato di farla finita, Francesco Flachi, che voleva gettarsi dalla finestra come fece a metà degli anni Novanta, Edoardo Bortolotti, giovane talento del Brescia consumato dalla depressione dopo una squalifica per uso di cocaina. A salvarlo è stata la famiglia. Il suo approdo sicuro. Assieme alla sua grande forza di volontà. Quella sigaretta alla cocaina passata a sua insaputa da un «amico» durante una festa gli ha rovinato l'esistenza.
Positivo all'antidoping: due anni di stop. Adesso l'incubo sta per finire. Il 21 febbraio si avvicina e potrà tornare ad essere di nuovo un giocatore di calcio. Ore 10 Aula Magna del liceo classico «Machiavelli». Lezione con il «professor» Francesco Flachi, 34 anni, ex capitano della Sampdoria, da questa stagione tesserato con l'Empoli in B.
«Ho pagato per la mia superficialità e ho rischiato di mandare in frantumi tutto ciò che avevo costruito in questi anni. Noi calciatori siamo persone fortunate. Quando sei all'apice della carriera davanti a te si aprono tante porte. Ma spesso quelli che ti sorridono, che ti danno pacche sulle spalle, che ti coinvolgono in serate in allegria non sono veri amici. Dopo la squalifica si sono ricordati di me 3-4 persone».
I ragazzi vogliono sapere. Incalzano con le domande l'ex enfant prodige della Fiorentina.
«Quando ho saputo di essere stato trovato positivo al doping credevo d'impazzire. Ricordo che sono rimasto sul divano a piangere da mezzanotte alle 6 del mattino. Lo sconforto mi ha assalito più di una volta. Non mi vergogno a dire che, in certi momenti, ho pensato persino di farla finita. Di buttarmi dalla finestra. Se non ho fatto una sciocchezza è stato per l'amore della mia famiglia: mia moglie, i miei due bambini e i miei genitori. Tutti mi sono stati vicino. Mio figlio ha due anni e non mi ha ancora visto scendere in campo. Ecco, io voglio tornare ad essere il calciatore di un tempo per lui. Poi gli spiegherò. Ragazzi, dovete stare attenti alla droga, evitarla. Una leggerezza può esservi fatale».
Il Tirreno