I DUE tempi del Toro
Fonte: Alessandrorosina.it
L'impressione che ho avuto dopo queste quattro partite è che al Toro manchi la continuità, con tutto quello che ampiamente questo termine può contenere. Per dirla tutta, penso che questa squadra sicuramente rinnovata, ma non oltre la misura sportivamente accettabile, abbia bisogno ancora di tempo per cementare l'amalgama, almeno quella riferibile allo sviluppo del gioco, mentre giudico ben definito quello spirito di gruppo necessario per aspirare a certi obiettivi.
Considero, infatti, il lavoro finora effettuato da Gianni De Biasi, d'ottima fattura, e valuto come fisiologico il fatto che alcuni sincronismi non siano ancora al top, e penso, anzi credo fermamente, che la strada intrapresa sia quella giusta, il che non vuol dire priva di difficoltà.
Il Toro deve avere un'identità propria, un modello di gioco cui ispirarsi, uno schema tattico ben definito, e non adattarsi alla bisogna all'avversario di turno, meglio cercare costruire che pensare solo a distruggere.
Inutile negare che in queste prime partite, ed il più delle volte nella stessa partita, abbiamo visto le due facce di questa squadra, o come qualcuno ha scritto i due tempi del Toro. Ordinato, compatto, sicuro e persino spavaldo nella prima frazione, arruffone, all'apparenza fragile, ansioso ed eccessivamente schiacciato nella propria metà campo durante il resto della partita. È successo a Reggio, con l'Inter in casa dopo venticinque minuti giocati più che discretamente senza concedere nulla alla squadra di Mourinho, e nel secondo tempo di Verona contro una squadra che ha mostrato di soffrire la baldanza dei granata nei primi quarantacinque minuti. Può essere vero che alcuni episodi, il gol allo scadere del primo tempo dei calabresi o il vantaggio dei milanesi alla prima mezza occasione (in entrambi i casi su autorete), possano aver inciso sul morale della squadra più di quanto dovevano incidere, con un conseguente crollo nervoso dell'undici di GDB, che spiega in parte quindi questo Toro a due facce. È altrettanto vero però, che contro il Chievo, il Toro si è ripresentato in campo nella condizione più favorevole per continuare a sviluppare il proprio gioco, vale a dire in vantaggio di un gol, dopo aver disputato una buona prima frazione, e senza in sostanza aver rischiato nulla in difesa. Eppure, lo "strano fenomeno" dei "due tempi del Toro", si è nuovamente ripresentato.
Difficilissimo stabilirne la causa, anche perché, anche contro i campioni d'Italia in carica, con la squadra del presidente Cairo che ha chiuso la partita mettendo spesso in difficoltà in nerazzurri, il Toro non è apparso mai alla balia dell'avversario, piuttosto è parso in preda ad un'ansia da risultato, che ne ha poi alterato la prestazione.
In particolare sia contro la Reggina sia contro il Chievo, si è palesata la difficoltà a ripartire in contropiede proprio quando l'avversario lasciava spazio e campo agli avanti granata, intento com'era a sviluppare il massimo sforzo offensivo.
Non ho riposte da dare, mi limito a segnalare un dato tecnico o tattico che sia, convinto che il nostro tecnico, uomo schietto e privo di falsi pudori, sia la persona più adatta per dare la risposta giusta a tale fenomeno, ed allo stesso tempo la più adatta a correggerlo.
Detto questo, è sotto gli occhi di tutti che questa squadra non solo ha cambiato modulo di gioco rispetto alle precedenti stagioni, ma anche la mentalità che è evidentemente più offensiva, e le modalità con cui si sviluppa la manovra. Ad esempio, penso che difficilmente vedremo il lancio da quaranta metri per la prima punta e la successiva sponda (o spizzicata) per l'inserimento di uno dei due esterni, ma un gioco più corale che deve coinvolgere tutte e tre le punte e non solo, con il sacrificio in copertura a turno delle stesse.
Domenica ospitiamo la Lazio, cioè una squadra che da quattro stagioni gioca con un modulo, a torto considerato "troppo offensivo", in altre parole una mezza punta, due punte e due esterni che spingono molto, con risultati decisamente positivi.
Quindi, diamo tempo a questo Toro momentaneamente a "due tempi", in attesa che il tempo sia unico, quello della vittoria.