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I tifosi: questi fantasmi

di Marina Beccuti
Fonte: Marco Liguori per Federsupporter

Possibile che i sostenitori, irretiti e sfruttati dal mondo sportivo e dal calcio, in particolare, nelle sue componenti di base, le società , supportate dall’atteggiamento di connivenza e convenienza degli organi di informazione , non riescano a comprendere che solo loro possono portare quel mondo verso la dimensione “.. … popolare, sociale, educativa e culturale” tanto esaltata dal CONI nel suo Statuto, ma, purtroppo, almeno sinora, rimasta solo una declamazione formale ?

Fino a quando Voi tifosi permetterete che “Altri” (il riferimento a Federsupporter e a Codancos è assolutamente voluto) combattano per Voi perché possiate essere , ognuno di Voi, protagonisti di quel cambiamento che, poi, altro non è che il rispetto dei Vostri diritti ?

Credo che le considerazioni svolte nella Nota allegata dall’Avv. Rossetti costituiscano, da un lato una doverosa e dovuta difesa, nei confronti delle Istituzioni sportive, della dignità di un fenomeno sociale, l’Associazionismo, che può solo apportare positivi contributi ad una società che realmente vuole essere “ libera, aperta e trasparente”, e, dall’altro, un richiamo agli stessi tifosi, sollecitati, per l’ennesima volta, a vivere la realtà associativa.

 

Il Presidente

Alfredo Parisi

 

Per informazioni
Marco Liguori - Responsabile ufficio stampa Federsupporter
email marco.liguori@federsupporter.it
http://www.federsupporter.it

(Avv. Massimo Rossetti, Responsabile dell’Area Giuridico-Legale)

A seguito delle decisioni degli Organi della Giustizia Sportiva della FIGC di escludere il Codacons, così come Federsupporter, dalla partecipazione ai processi sportivi per illeciti e per omessa denuncia di questi ultimi ( peraltro, và dato atto alla Corte di Giustizia Federale di aver almeno consentito ai rappresentanti di Federsupporter di poter assistere, in Aula, ai dibattimenti), lo stesso Codacons ha presentato sia domanda di arbitrato al Tribunale Nazionale Arbitrale dello Sport ( TNAS) sia ricorso all’Alta Corte di Giustizia Sportiva del CONI.
In risposta a detto ricorso, la FIGC, costituitasi nel procedimento, oltre a contestare e confutare la fondatezza delle argomentazioni del Codacons, si è lasciata andare ad alcune considerazioni, di natura non tecnico-giuridica, che sono illuminanti circa l’imperante e perdurante concezione che del mondo dello sport e, in particolare, del calcio hanno le Istituzioni sportive o talune di esse.

Una concezione del tutto anacronistica, corporativa, autoreferenziale, insofferente, anzi refrattaria, nei confronti di qualsiasi controllo esterno e che scambia l’autonomia riconosciuta all’ordinamento sportivo con la separatezza e l’indipendenza dall’ordinamento generale in cui, viceversa, il primo deve armoniosamente inserirsi. Si possono leggere, infatti, alle pagg. 1 e 2 della memoria di costituzione della FIGC le seguenti parole : “ Prima o poi doveva succedere ed anzi sorprende che ciò accada soltanto adesso: anche il sacro recinto dell’autodichia sportiva è costretto a difendersi dalla invadenza dell’associazionismo pedagogico, dispensatore di ricette salvifiche in ogni campo della vita umana”.

Laddove il messaggio, al di là della forma, è assolutamente chiaro ed esplicito nel suo significato contenutistico : “ lasciateci lavorare, fatevi i fatti vostri, non disturbate il manovratore, perché lo sport è cosa nostra”. Un concetto che, per rifarsi ad un famoso slogan, potrebbe essere riassunto nel “ lo sport è mio e me lo gestisco io “ .
Ecco, quindi, la necessità di difendere “ il sacro recinto” (ohibò!) sportivo dalla “ invadenza “ dell’associazionismo, sprezzantemente e gratuitamente qualificato come “ pedagogico, dispensatore di ricette salvifiche in ogni campo della vita umana”.
Peccato, però, per il “garbato” dispensatore di tali giudizi, che il vituperato associazionismo, come puntualizza il Codacons nel suo ricorso, per costante giurisprudenza ( ved. Consiglio di Stato e Corte di Cassazione), sia stato riconosciuto titolare di funzioni para-pubblicistiche per la concreta affermazione del principio di legalità nel settore del commercio, potendo intraprendere autonome iniziative nei confronti di abusi in pregiudizio dei consumatori e degli utenti.
E, sempre peccato per il suddetto dispensatore, che il deprecato associazionismo sia stato qualificato dalla richiamata giurisprudenza come mezzo necessario al fine di superare gli ostacoli che si frapporrebbero ai singoli consumatori e utenti per far valere le loro ragioni; cosa impossibile ove dovessero vedersela da soli contro soggetti potenti ed agguerriti.
Emerge dalla lettura della memoria della FIGC e, più in generale, dai comportamenti delle Istituzioni sportive o di talune di esse, non solo , come detto, una assoluta insofferenza, anzi intolleranza, verso un sistema sportivo aperto, trasparente, inclusivo, ma anche la totale negazione della democraticità di tale sistema.
A questo proposito, và sottolineato che, ai sensi dello Statuto ( art. 2, comma 5 ) del Coni, l’ordinamento sportivo nazionale deve conciliare la dimensione economica dello sport con la sua inalienabile dimensione popolare, sociale, educativa e culturale.
E’ indubitabile, che, proprio in forza di quella “ autodichia”( n.d.r. al di là del “ grecorum”, autodichia è il potere di darsi da se stessi le proprie regole), reclamata nella memoria della FIGC come “ sacro recinto” , l’ordinamento sportivo italiano, la cui autonomia si fonda sui diritti costituzionalmente garantiti della persona umana di realizzarsi, sia come singolo sia nelle formazioni sociali, nonché di liberamente associarsi, nel momento stesso in cui si autovincola al dovere di darsi una dimensione popolare e sociale, si autodefinisce e autoqualifica come una formazione sociale retta dal principio di democrazia partecipativa.
Principio, alla luce del quale, l’art. 30 dello Statuto della FIGC non può essere correttamente e legittimamente interpretato, così come, invece, lo hanno sinora interpretato gli Organi della Giustizia Sportiva Federale, nel senso che Enti esponenziali dei diritti e degli interessi diffusi e collettivi dei sostenitori, quali consumatori e utenti di spettacoli sportivi, siano “ irrilevanti” per l’ordinamento sportivo e, nella fattispecie, per quello calcistico. Sarebbe come ammettere che i suddetti sostenitori siano estranei a quella dimensione popolare e sociale che lo sport deve assumere e perseguire in base ai principi che esso stesso, nella sua autonomia, si è dato ( “autodichia”).

O, forse, bisognerebbe ammettere che il “ popolo” dello sport sia costituito solo dai tesserati e dagli affiliati alle Federazioni sportive? Come se, in altre parole, paradossalmente, per l’ordinamento sanitario fossero ritenuti rilevanti solo i medici e gli infermieri e non i malati o come se, per l’ordinamento scolastico, fossero ritenuti rilevanti solo gli insegnanti e gli operatori scolastici e non gli studenti : con la conseguenza che sarebbero irrilevanti gli organismi intermedi rappresentativi di quei cittadini utenti !
Ma sostenere, come pure vogliono sostenere gli Organi della Giustizia Sportiva e, più in generale, le Istituzioni sportive o talune di esse, l’irrilevanza dei sostenitori suona persino offensivo, se si tiene conto del fatto che i finanziatori dello sport italiano sono proprio i sostenitori.
Sarebbe come se lo Stato affermasse che i contribuenti sono irrilevanti per lo Stato stesso! Ma è, altresì, evidente che proprio i sostenitori, essendo i finanziatori dello sport, sono i principali danneggiati da illeciti sportivi.
Danneggiati sul piano economico perché hanno comprato abbonamenti, biglietti o trasmissioni televisive per assistere ad incontri truccati e sul piano morale perché è stata ingannata e vilipesa la loro genuina passione sportiva.
Ebbene, i principali danneggiati sarebbero, dunque, irrilevanti ai fini della partecipazione a processi sportivi in cui si accerta e decide la commissione di detti illeciti?
Il “ sacro recinto” non deve difendersi dall’associazionismo dei sostenitori e finanziatori dello sport, deve, piuttosto, difendersi da coloro i quali sono stati sempre dentro quel “ recinto”.

Se lo sport deve, inoltre, difendersi da insegnamenti pedagogici e da ricette salvifiche provenienti da chi rappresenta il popolo dei sostenitori, dovrebbe, ben più a proposito, difendersi dagli insegnamenti non propriamente pedagogici e dalle ricette non propriamente salvifiche provenienti dall’interno del sistema.
Ciò è dimostrato dalle ricorrenti, quasi cicliche, Calciopoli, Scommessopoli e quant’altro : infatti, è alle viste la scoperta di ulteriori e, forse, ben più gravi fenomeni scandalosi, con buona pace di alcuni che, come al solito, si sono già affrettati a dire che “ và tutto bene madama la marchesa”.
Appare, poi, sconcertante ed incredibile che si parli di difesa di “recinti”, più o meno “ sacri”, nel momento in cui, a causa dell’emersione, in tutti i campi, di fenomeni scandalosi diffusi e pervasivi, da tutti viene invocato l’abbattimento di ogni “recinto” , dimodochè le “case”, tutte le “case”, in cui i cittadini abitano o sono costretti ad abitare, diventino finalmente “case di vetro” e non siano più bunker imperscrutabili ed inaccessibili.
A questo scopo è necessario che i sostenitori comprendano l’esigenza di associarsi ad Enti, quali Federsupporter e, per esso, al Codacons, onde far valere i loro diritti e tutelare i loro interessi, non solo come fruitori e spettatori passivi, inerti e inermi di spettacoli sportivi, ma anche come consumatori e utenti, nonché principali finanziatori, di tali spettacoli.
Mi si consenta, per concludere, di ribadire, anche in questa sede, come sia fondamentale, ai fini del suddetto associazionismo, che gli organi di informazione facciano conoscere l’attività e le iniziative svolte dai citati Enti. Cosa che, almeno finora e salva qualche rarissima eccezione, non hanno fatto, avendo così contribuito, con i loro silenzi, più o meno consapevolmente, alla difesa corporativa e autoreferenziale di quel “ sacro recinto” di cui alla memoria della FIGC.

Né i tifosi possono corrispondere solamente alla figura del “ tifoso fidelizzato”, che trae origine dal Programma tessera del tifoso. Vale a dire un soggetto al quale viene, in sostanza, riconosciuta soltanto la titolarità del “ diritto” a spendere ( spending power) in abbonamenti, biglietti, pay-tv, merchandising e che, per ottenere abbonamenti e biglietti, tuttora, alcune società costringono ad acquisire una carta di credito ricaricabile, nonostante che, grazie a Federsupporter e Codacons, il Consiglio di Stato e il TAR del Lazio abbiano dichiarato come illecita, perché commercialmente scorretta, tale imposizione.

Il Programma tessera del tifoso, così come strumentalizzato dalle società di calcio, ha configurato, contrariamente ai principi statutari del CONI in precedenza richiamati, un tifoso conciliabile solamente o prevalentemente con una dimensione economica dello sport, ma non con la dimensione popolare e sociale dello sport stesso. Il tifoso è colui che, sì ama la propria squadra, sì deve essere consapevole e rispettoso dei propri doveri di cittadino, ma che è o dovrebbe essere anche consapevole e geloso dei propri diritti, quale consumatore e utente di uno spettacolo e di un sistema che vive grazie al suo apporto economico e che deve essere sano, trasparente, partecipativo, effettivamente rispondente a quei principi di lealtà, probità e correttezza che sono la ragion d’essere del sistema stesso .
Avv. Massimo Rossetti


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