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Il male del Toro? L'attacco spuntato

di Marina Beccuti
Fonte: Il Pallone in confusione

Marco Liguori

Qual è il male che affligge il Torino? E com'è possibile che una squadra che dopo aver pareggiato con il Milan in casa due turni fa, improvvisamente si rimbrocchisce davanti al Siena prima e alla Fiorentina dopo? Lasciando da parte le scelte tecniche della società sul nome del prossimo allenatore, si può tentare a cercare di dare una spiegazione con le statistiche.


I numeri forniti da Panini Digital-Lega Calcio su Torino-Fiorentina non riportano di una completa supremazia della formazione viola all'Olimpico, come invece potrebbe attendersi dall'eclatante 1-4 finale. Infatti, c'è una quasi una sostanziale parità tra le due formazioni riguardo alla capacità offensiva verso la porta avversaria e a quella di difendere la propria area. Anche la supremazia teritoriale è quasi alla pari. La differenza tra le due squadre è stata la maggiore pericolosità dimostrata da quella di Prandelli: 70,7% contro appena il 40,8% dei granata. Cosa significa ciò?

Semplicemente che il Toro mostra un difetto molto grave, ossia quello di caricare a testa bassa, senza ordine. Manca la verticalizzazione necessaria per intimorire l'avversario: in parole povere, il gioco sviluppato non riesce a tradursi in palle giocabili per gli attaccanti in area di rigore con la necessaria pericolosità. Ciò è testimoniato da due cifre importanti. Innanzitutto il Toro ha giocato 20 palloni in più rispetto alla Viola, senza riuscire a concretizzare: non a caso, tra i primi quattro tiratori della gara non ci sono gli attaccanti di ruolo ossia Amoruso, Stellone e Bianchi. Invece c'è il solito generoso Dzemaili, che ha tentato cinque conclusioni, pari a quelle dei fiorentini Montolivo e Gilardino (realizzatore di un gol) messe assieme. Delle due l'una: o gli attaccanti granata non riescono a smarcarsi sufficientemente dai difensori avversari oppure non ricevono un sufficiente numero di palloni giocabili per poter rendersi pericolosi. Forse è questo l'elemento dove dovrà lavorare il prossimo (ormai imminente) nuovo tecnico: la finalizzazione del gioco. O se si vuole, rendere appuntite le corna del Toro.


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