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Italia allo Stadio del Sangue

di Raffaella Bon

Lo chiamano «stadio del sangue», perchè per gli irlandesi è il Croker, il luogo della memoria del primo vero Bloody Sunday. Con il sopralluogo di ieri sera al Croke Park, una breve passeggiata sull'erba bagnata e uno sguardo alle immense tribune da 82.300 spettatori, gli azzurri di Lippi hanno avuto solo un assaggio di cosa vuol dire fare due passi nella storia. La partita contro l'Irlanda di Trapattoni è infatti un evento a suo modo memorabile per gli azzurri, che per la prima volta giocheranno in uno stadio rimasto chiuso al calcio e a tutti gli sport britannici per 123 anni. Data infatti 1884 l'impianto di Dublino, ma la tappa fondamentale del Croke è il 21 novembre 1920, giorno del massacro della divisione ausiliaria del Regno Unito: la polizia britannico entrò allo stadio mentre si giocava il match di calcio gaelico Dublino-Tipperary, sparò indiscriminatamente sulla folla per vendicare la morte di 12 ufficiali di polizia uccisi dalla banda di Michael Collins, e uccise altrettanti spettatori, più un giocatore del Tipperary, Michael Hogan. Da quel giorno la tribuna Hogan è la più importante dello stadio, cresciuto di gradinata in gradinata con gli anni fino alla capienza odierna. E soprattutto vennero banditi tutti gli sport che avessero a che fare con l'Inghilterra. Sul terreno del Croke si è giocato per 87 anni solo calcio gaelico, hurling e camogie. A difenderli con fierezza, la Gaelic Athletic Association. La GAA, potentissimo organismo sportivo, negli anni ha consentito in questo stadio-simbolo (il quarto in Europa per capienza) il combattimento di Muhammed Ali, il concerto degli U2 che furono cantori di un altro tragico Bloody Sunday, e anche la cerimonia d'apertura dello Special Olympics. Ma mai calcio e rugby. Fino al 2007, quando il tabù è stato interrotto da un Irlanda-Francia della palla ovale. Scontato che giocatori azzurri e Lippi rimanessero impressionati dall'imponenza del Croke, che domani ospiterà 70.000 tifosi in maglia verde. La nazionale ha calpestato l'erba bagnata e notato che le prime file di spettatori sono lontane dal campo: lo richiede il calcio gaelico. Poi Lippi ha lasciato il Croke per l'appuntamento con i media irlandesi, e già li ha capito lo spirito battagliero che attende la sua Italia. Domande in sequenza sul caso Cannavaro, sui rapporti tesi con la stampa italiana, sul futuro incerto. «Chiuso, archiviato, il caso Cannavaro è già finito - la risposta di Lippi - E poi chi ve lo ha detto che ho rapporti difficili con la stampa? Non avete domande migliori? Io non mi sento mai appagato, del mio lavoro sono felicissimo. E per il pari non gioco, qualsiasi squadra italiana all'estero va sempre per vincere