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Lazio, Acerbi: "Senza il cancro non sarei diventato un uomo e un buon professionista"

di Marina Beccuti

Un'intervista senza peli sulla lingua, drammatica ma vera. E' quella che il difensore della Lazio, Francesco Acerbi, classe '88, ha rilasciato a L'ultimo uomo, dove parla della sua rinascita da giocatore e anche da uomo, dopo aver avuto un cancro. Prima dissoluto, in seguito professionista serissimo.

"Non avevo la testa da professionista. Non avevo rispetto per me, non avevo rispetto per il mio lavoro, non avevo rispetto per chi mi pagava. Spesso arrivavo al campo alticcio, senza aver recuperato dai superalcolici della sera prima", ha raccontato Acerbi, che ha ricordato che giocava a calcio solo per compiacere il padre, che poi è mancato.

In seguito è arrivata la malattia che ha combattuto e dalla quale è guarito.

"Il cancro è stato la mia fortuna. Ringrazio il Signore per averlo avuto. Ho scoperto di essere ammalato a luglio del 2013, appena arrivato a Sassuolo. A un anno dalla malattia mi è successa una cosa. Sono andato a dormire una sera come niente fosse, la mattina mi sono svegliato assalito dal terrore. Avevo paura della mia ombra", ha raccontato ancora Acerbi.

A quel punto è andato da un analista che l'ha curato e fatto uscire da questa crisi psicologica.

"Senza la malattia sarei finito a fare una carriera in Serie B, o magari avrei smesso. Per fortuna lassù qualcuno mi ha voluto bene e mi ha mandato la malattia. Senza sarei finito malissimo".