Mondonico è tornato a casa, ora pensa al ritorno
Fonte: L'Eco di Bergamo
Ieri pomeriggio Emiliano Mondonico ha lasciato l'ospedale di Seriate, una settimana dopo l'intervento chirurgico che tanta apprensione aveva suscitato nel mondo del calcio. Tornerà nella sua Rivolta d'Adda, alla Cascina Brusada, per trascorrere nel suo amatissimo mondo agreste il necessario periodo di convalescenza.
Dopodiché, quando i medici gli avranno dato l'okay, si tufferà di nuovo nell'avventura della sua vita, ritmata dai rimbalzi del pallone. Il chirurgo lo ha tolto dai guai, alleggerendolo di quell'ammasso informe che gli si era annidato nell'addome, un «animalone» del diametro di trenta centimetri e del peso di qualche chilo, che vien da chiedersi come avesse potuto trovarvi posto. Da domani comincerà il conteggio alla rovescia, finalizzato al giorno in cui lui, il Mondo, potrà ricominciare a lavorare per togliere dai guai l'AlbinoLeffe.
Mondonico, passata la paura? "Mah, veda, dalla scoperta del problema alla decisione di intervenire chirurgicamente, all'intervento di lunedì scorso sono passate così poche ore che non ho fatto nemmeno in tempo a provare paura. Tutto si è susseguito così rapidamente... E poi io ho continuato a fare le cose di sempre: ho allenato la squadra, ho discusso con i miei collaboratori, ho diretto i ragazzi dalla panchina nella partita con l'Ascoli dopo aver fatto le ore piccole la notte precedente per impostare tattica e formazione. Se ben ricorda, quando ci siamo sentiti al telefono l'altra domenica, poche ore prima del ricovero, non le avevo nascosto il mio stupore per i toni, non dico catastrofici ma quasi, di parte della stampa".
Vero, lei ci aveva detto: «Guardi che sono ancora vivo». Ma le assicuriamo che il giorno prima in sala stampa la notizia ci era stata partecipata in tono molto preoccupato. Si era parlato della partita più difficile...
«In effetti l'intervento non è stato uno scherzo, è durato parecchio, perché la massa era abbastanza ingombrante. E lo sapevo già prima di entrare in sala operatoria, perché non me lo avevano nascosto. Tuttavia ripeto quello che avevo detto alla vigilia del ricovero in ospedale: ero preoccupato ma non tremavo, perché sapevo di essere in buone mani. E anche mia moglie e mia figlia, che lei aveva incontrato il giorno di AlbinoLeffe-Ascoli, le erano apparse serene, no? Mi sa tanto che avete avuto più paura voi di noi».
Fra i tanti stati d'animo di questa esperienza, che cosa ricorda in particolare? Immaginiamo tante cose: ce ne dice una soltanto?
«L'affetto della gente. Se è vero che gli amici si vedono nei momenti di difficoltà, posso dire di avere un'enormità di amici. Attraverso Facebook, ma anche via sms, telefonate, visite in ospedale, il mondo del calcio, ma non soltanto il mondo del calcio, mi ha testimoniato un affetto che, sinceramente, mi ha sorpreso. Io sapevo di avere seminato bene nelle piazze in cui avevo lavorato, ma gli attestati che ho ricevuto da città come Firenze, Torino, Bergamo, Napoli, Cremona hanno superato ogni limite di immaginazione. Si sono visti striscioni persino in stadi dove mi avevano visto soltanto come avversario. Mia figlia, che ha tenuto aperta la finestra su Facebook, mi ha parlato di trentamila messaggi, arrivati da tutto il mondo, anche da gente sconosciuta. Questa marea di affetto mi ha dato forza. Certo, fa un po' effetto pensare che ci sia voluta una situazione del genere...".