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Travaglio le canta alla Juve: "Agnelli era un furbo, il presidente attuale è inqualificabile"

di Marina Beccuti
Fonte: SportEconomy/Tele Radio Stereo 92.7

Da come parla Marco Travaglio non si direbbe un tifoso juventino, invece lo è stato. Ora il calcio non lo segue più, se non sporadicamente, troppo corrotto proprio come succede nel mondo pallonaro. Il perchè lo spiega in questa frase: "Il calcio è in mano a quelli che sono più o meno i gruppi imprenditoriali/finanziari italiani, salvo qualche incursione un pò stravagante dall'estero. L'Italia ha la peggiore classe imprenditoriale d'Europa, anche gli imprenditori del calcio non è che diventino corretti e puliti quando amministrano il pallone. Pare che ci sia perfetta coerenza con la gestione delle aziende: plusvalenze, contratti, reati, magheggi per fingere di rispettare le regole di iscrizione al campionato nonostante, magari,anni, si scopra che quelle condizioni non c'erano. Non mi sembra di aver visto qualcuno pagare per questo".

La sua passione per la Juventus è venuta meno in un momento particolare, come lui stesso racconta: "Ero corrispondente di calcio per il giornale di Montanelli. Poi è arrivato Moggi e mi ha fatto passare tutta la passione: non credo più alla genuinità del calcio da quando ho visto Moggi in attività alla Juventus".

Travaglio ce l'ha con la Juventus per un motivo ben particolare. "Se la smettessero di dire che hanno vinto tutti gli scudetti che gli sono stati giustamente revocati, se accettassero le sentenze della giustizia sportiva e di quella ordinaria, e se interrompessero finalmente i legami con Moggi che Andrea Agnelli ha ripreso, purtroppo. Se accettassero la verità: sono retrocessi perchè truccavano i campionati, non per colpa della giustizia. La giustizia non scatta, se non ci sono gli illeciti e se uno viene retrocesso è per colpa degli illeciti". 

Travaglio parla anche della famiglia Agnelli, dell'involuzione di stile che stanno attuando figli e nipoti in questo periodo: "Gianni Agnelli era un furbo, non certamente un santo però aveva una cosa che quelli che sono venuti dopo di lui non hanno: aveva un po' di stile e, soprattutto, si sentiva un'istituzione. Non si sarebbe mai permesso di contestare le sentenze. Quando la Fiat finì nei guai disse ai suoi manager: "Andate e confessate". Magari faceva porcherie inaudite di nascosto ma non si sarebbe mai permesso di delegittimare e sputtanare le autorità come fa questo inqualificabile personaggio che porta il suo cognome che è il presidente della Juventus".
 


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