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Ventura: "Il Toro è sofferenza, ma è soprattutto orgoglio"

di Giulia Borletto

Secondo il Tuttosport, il segreto di Giampiero Ventura è il saper farsi capire perché lui per primo capisce gli altri: gli dai perché lui si dà e ti dà. In un'intervista in esclusiva rilasciata al quotidiano torinese, il tecnico granata racconta i segreti della sua squadra, ma soprattutto la filosofia con cui sta trascinando il Toro alla conquista della Serie A. "Volevo vedere più ottimi­smo dentro e attorno al To­ro" si legge. "Fin dal primo giorno in città, quando un taxista mi disse: 'Dia la possibi­lità a noi tifosi di tirare fuori le nostre bandiere'. Mi è rimasta impressa quell'immagine. Sofferen­za e orgoglio. Il Toro. Il To­ro delle persone comuni, ma anche di grandi come Pulici, che ho incontrato l'altra sera alla festa del Toro club Valtriversa. Quando sono arrivato a Torino non si poteva par­lare di calcio. Occorreva creare i presupposti per farlo. Mi parlavano sem­pre del Toro coniugato al passato. Bisogna costruire il futuro. Proprio alla sera­ta di martedì con i tifosi erano in tanti a temere brutti risvegli". I suoi giocatori parlano di lui paragonandolo a Mourinho, lui, l'uomo della provvidenza. Ma Ventura non la pensa cosi. "Io uomo della provvidenza? No. Da solo non posso fa­re tutto. Non fraintendete­mi. Io rappresento la squadra, non parlo solo per me, ma non sono certo la società. Ecco cosa inten­do. Squadra e società. Un mosaico. E i margini di mi­glioramento ci possono es­sere per tutti. Ci sono per tutti. Vogliamo crescere ancora, non arrestarci adesso. Sul più bello. I tifosi sognano un bel gioco in Serie A? In A è più facile creare il calcio libidine che predico. Ti danno più spazio per creare gioco. In B invece trovi avversari che pensa­no solo o quasi a chiudersi per tutta la partita. E pu­re questi sono fatti".


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