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Attaccare Longo adesso è un'assurdità. Va invece sostenuto

di M. V.

L'arrivo di Moreno Longo sulla panchina del Torino è risultato tardivo, ed anche se il suo nome entra di fatto nell'elenco ristrettissimo di chi, subentrando, ha perso le prime tre partite, la situazione, rispetto al passato, è totalmente differente. Qui il ragionamento va fatto su una squadra che nell'ultima stagione ha centrato la qualificazione in Europa League, dunque con messi tecnici non indifferenti, che non va solo rimessa in campo in un certo modo imparando i nuovi dettami del tecnico piemontese, ma va liberata totalmente da problemi che non sono dovuti solamente alla precedente gestione dell'esonerato Walter Mazzarri.

Ci vuole del tempo, probabilmente tutto il resto della stagione, anche perché diversamente non si parlerebbe di lotta per la salvezza. Il suo ingaggio, non va dimenticato, è giunto a seguito di un'ulteriore campagna di indebolimento a livello numerico della rosa, costringendo Longo ad una gestione di un parco giocatori molto limitato (e non tutto di qualità), pieno zeppo di infortuni, impossibile da assemblare completamente durante gli allenamenti. Il cambio alla guida tecnica può dare una scossa, certamente, ma questa deve partire prima di tutto da chi scende in campo, perché dare un gioco ad un gruppo non è roba di tre settimane.

Qualcosa pare già essere cambiato, questo Toro non crolla mentalmente dopo lo svantaggio, non riesce ancora ad esprimersi in un certo modo, ma un passo avanti è stato fatto. Oltretutto, al netto del campionato portato avanti fino a qui da Milan e Napoli, queste due sconfitte, di misura (quella contro la Sampdoria va ancora obiettivamente attribuita al suo predecessore), sono giunte nel momento di forma migliore per entrambe. Lo stesso Rino Gattuso, con un team decisamente superiore, ha esordito con quattro sconfitte ed un pareggio, prima di rimettere in sesto i partenopei, invertendo decisamente il trend. 

In ultimo, pur comprendendo il momento ben poco incoraggiante dei risultati ormai giunti alla sesta sconfitta consecutiva, occorrerebbe evitare di diffondere inesattezze, come nel caso dei commenti che vogliono Longo cacciato un po' dappertutto: niente di più falso. Dopo il Torino, con cui ha vinto uno scudetto Primavera riportando dopo decenni il Toro sul tetto d'Italia non certo con la squadra più forte e mostrando un gioco spumeggiante ben lontano da quello medio della categoria, al suo primo anno da professionista ha salvato la Pro Vercelli, poi crollata la stagione successiva senza di lui, riportando in A al primo tentativo il Frosinone, che un anno dopo neppure il migliore dei tecnici al mondo avrebbe potuto salvare.

Ci vuole equilibrio, e testa, perché non è colpa di Moreno Longo se questo Toro si trova invischiato nella lotta per non retrocedere, ma è a lui che è stata concessa questa patata bollente, e se riuscirà a conquistarla, si sarà meritato per la terza volta su quattro in carriera tra i professionisti la possibilità di rinnovo per aver centrato l'obiettivo, magari ottenendo dalla società i rinforzi richiesti per rimettere in sesto una rosa ormai disossata da chi ancora pensa di vivere nel calcio degli anni novanta e da chi invece ne approfitta per abbassare il monte ingaggi. Ad ogni modo, un primo giudizio su di lui si potrà dare nelle prossime due di campionato contro Udinese e Parma.