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Cairo chiede le vittorie, ma ribadisce: "Credo in Lerda"

di Giulia Borletto

Un mea culpa va fatto. Cercare di capire come le cose possono cambiare ora è l'imperativo perchè così non si può andare avanti. Il  punto è questo: quattro sconfitte di cui due (contro Cittadella e Pescara) assolutamente meritate e comunque inspiegabili e due (contro Varese e Atalanta) su cui qualcosa si può recriminare al di là delle imprecisioni. Le vittorie sono state tre, troppo poche per un Torino partito dal ritiro di Norcia con un unico scopo. Una, contro il Sassuolo, totalmente targata Sgrigna, inventore di una magia che ha regalato i 3 punti salva faccia ai granata. Le altre due portano il nome di Bianchi (ancora troppo poco incisivo in questa stagione) e Iunco. Un solo pareggio contro il Crotone, per un totale di 11 gol subiti, 9 segnati e una classifica che è assolutamente da censurare: 8 punti dalla capolista non sono tanti, ma di mezzo ci sono ben 11 squadre da scavalcare.

Chi ha la colpa in tutto questo? Se questa mattina ci si chiedeva se Lerda cominciasse a sentire la panchina traballare, la risposta la lascia al Tuttosport il patron granata Cairo, deciso a non rimangiarsi la fiducia incondizionata data a giugno al mister piemontese. Nessuno gli punta il dito contro, tanto meno lo si fa a Petrachi e alla campagna acquisti fatta durante l'estate. A chi dice che questo Torino non ha le capacità tecniche di affrontare la risalita, Cairo risponde: "La nostra panchina non è corta" e questo è vero, anche se al pari delle dirette interessate alla promozione, è ritenuta un pò roppo modesta. "Comunque la squadra sta crescendo" conclude il presidente, "i progressi si sono visti anche a Bergamo dove per almeno un’ora siamo stati supe­riori all’Atalanta".


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