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Che il calcio torni a far parte della nostra vita, ma il campionato non sia ulteriormente falsato

di Elena Rossin
Fonte: Elena Rossin

C’è chi non è d’accordo con la ripresa del campionato per rispetto ai morti uccisi dal Covid-19, oppure per timore che l’epidemia torni ad espandersi o anche solo perché ritiene che ci siano cose più importanti del gioco del pallone. Il calcio, però, è equiparabile e un’industria che paga le tasse e dà lavoro non solo a calciatori, allenatori, dirigenti e procuratori arricchendoli e molto seppur non tutti, ma dà lavoro anche a tutte quelle persone che percepiscono stipendi persino inferiori ai 1000 euro al mese lordi che così possono tirare a campare pur tra moltissime difficoltà. E allora che il calcio torni a far parte della nostra vita, che contribuisca a restituirci una parvenza di normalità e che ci permetta di alimentare le chiacchiere da bar, soprattutto quelle relative a moduli e schemi e al calciomercato, che ci distolgono almeno momentaneamente dai problemi che ci assillano.

L’interruzione del campionato lunga 102 giorni - l’ultima partita disputata Sassuolo-Brescia il 9 marzo scorso e la prima che si tornerà a giocare sarà Torino-Parma, uno dei quattro recuperi della 25ª giornata, il prossimo 20 giugno alle 19,30 - ha di fatto falsato il torneo, ma era inevitabile viste le cause di forza maggiore, però, che dopo la ripresa non ci siano ulteriori motivi che finiscano per falsare ancor di più la classifica. Lo spezzatino con il quale si è deciso di far disputare le rimanenti gare già non garantisce nulla perché in caso, si spera di no, di nuovo stop del campionato sarà impossibile che tutte le squadre abbiano giocato lo stesso numero di parte in modo da congelare la classifica e stabilire i vari verdetti in base alla graduatoria che ci sarà.
Badando un po’ meno ai soldi dei diritti televisivi, che sono poi i veri proventi che permettono alle società di andare avanti, se si fosse deciso di giocare tutti match di ogni giornata lo steso giorno e alla stessa ora non si sarebbe evidentemente corso alcun pericolo di trovarsi, nel malaugurato caso di altra sospensione, con squadre che avevano più partite e altre meno, ma il buon senso ancora una volta è stato sotterrato dall’avidità.

La regolarità del campionato non può essere garantita né con play-off e play-out decisi a torneo in corsa e poi se per motivi sanitari non si possono giocare tutte le partite come si potrebbero mai disputare play-off e play-out? Il presidente Cairo su questo ha perfettamente ragione. Ma allo stesso modo, se ancor non di più, sarebbe assurdo delegare a un algoritmo la classifica finale, che però diventerebbe una soluzione possibile nel caso di squadre che hanno un numero di partite differenti giocate. Tanto varrebbe allora far disputare alla Play Station le gare mancanti, almeno in questo caso sarebbero i giocatori stessi a farlo, ognuno da casa propria, dovendoci mettere loro abilità seppur differenti da quelle in campo.
Garantire la regolarità della fine del campionato è doveroso proprio perché in ballo non c’è solo il prestigio di stare davanti oppure dietro, ma ci sono milioni di euro e ogni posto in classifica ha un suo valore commerciale diretto e indiretto.


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