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Ciao Aurelio

di Marina Beccuti

Sabrina Gonzatto

 

Di fronte alla morte ci sentiamo inutili. La morte fa paura e a poco servono i messaggi di circostanza che cercano di colmare l’imbarazzo con cui ci si appresta a fare le condoglianze ai parenti ed amici del defunto. Nei film, nei romanzi, la morte viene spesso descritta come un evento sensazionale. Lo spettacolo innanzitutto. La televisione ci ha abituato ad assistere alla morte come ad uno spettacolo teatrale. Ieri sera mi sono recata alla Parrocchia Madonna delle Rose per rendere omaggio ad un uomo che non c’è più: Aurelio Benigno. Se ne è andato sabato scorso. Solo nella sua solitudine. Eppure, a sentir parlare i colleghi, gli amici, i conoscenti, Aurelio era per tutti un uomo gioviale, forse negli ultimi tempi un po’ brontolone ma uno di quelli a cui sai che puoi sempre chiedere aiuto. Allegro, sorridente, pronto alla battuta. Coerente nel suo andar contro corrente. E forse è il destino di coloro che rappresentano un punto di riferimento, non riuscire a trovare un appiglio analogo cui affidarsi nei momenti di sconforto totale. Parlando con una signora che si è rivolta a me con gli occhi lucidi, ho avuto modo di conoscere un Aurelio amato e stimato dalla gente comune. La tristezza del momento resa ancora più forte dalla freddezza del rosario non ha avuto la meglio però sulla sincerità dei presenti. Ognuno stretto nel proprio dolore. Tutti per Aurelio. Non era una chiesa stracolma di gente, con le telecamere, le persone che si strattonano per entrare. No. Qualche collega, qualche calciatore e poi tanta gente comune. Di ogni età. Tutti con l’espressione incredula di chi non accetta fino in fondo l’idea di non poter vedere più quel volto divenuto famigliare e caro. Non ci sono parole giuste per descrivere la morte, per questo preferisco pensarlo finalmente sereno ovunque si trovi. Arrivederci Aurelio.


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