.

De Biasi, analizza il momento del Toro

di Raffaella Bon


© foto di Giacomo MoriniDopo un avvio di stagione tribolato, il Torino ha cambiato guida tecnica e Gianni De Biasi, ex tecnico granata, ci spiega il suo punto di vista sulla situazione cretasi.

Partiamo dalla sua ultima squadra, il Torino. Come si spiega l'ennesimo cambio di allenatore?
"Con le difficoltà di lavorare in una piazza come Torino. C'è grande pressione e, purtroppo, il Torino continua a vivere nel mito del passato. Questo alla lunga limita il presente perché fino a quando non si torna a fare i conti con la realtà il Toro non troverà mai una sua strada. Senza mancare di rispetto a nessuno ci sono sempre confronti con il Toro che fu, ma ora la realtà è diversa, il mondo è cambiato e le possibilità sono diverse. Quello che non è cambiato è la fede e la voglia di vittoria dei tifosi del Toro che mal digeriscono le difficoltà che può avere una squadra. Per quanto riguarda le mie esperienze, nella prima abbiamo costruito una squadra in sette giorni in serie B e quella resta negli ultimi anni la squadra che più si faceva interprete dei sentimenti del Toro. Una squadra che lottava, attaccata alla maglia e con un cuore immenso. Quella era la squadra che un po' più si avvicinava al concetto di Toro, ma è chiaro che nel calcio di oggi, con gli investimenti che corrono, diventa difficile collocarsi in fretta in una posizione di prestigio per i tifosi".

Questo Torino, però, è costruito con un organico di qualità ed è inserito in un campionato livellato verso il basso
"Sono d'accordo e anche io ho pronosticato il Toro primo in classifica con punti di vantaggio. Non dico che dovesse fare il campionato della Juve, che aveva valori stratosferici per la categoria, ma la squadra è buona e probabilmente molti dei giocatori su cui si è puntato non hanno la personalità sufficiente per convivere con una pressione che, man mano che i risultati non arrivano, è sempre più crescente".

Un calo notevole l'ha avuto Di Michele
"Anche lui sta vivendo questo momento con grandi difficoltà. E' un giocatore di ottime doti tecniche, forse rimpianto la scorsa stagione dai tifosi, ma come tutti sta trovando difficoltà in un campionato che, come tu hai detto, pare livellato verso il basso. L'unico che si distingue, al momento, è Bianchi che ogni domenica fa il suo compito e la butta dentro".

Ci può essere una mancanza di motivazioni dovuta all'abitudine di giocare in A negli scorsi anni?
"Questo può essere un problema per un periodo, ma ora siamo a dicembre e credo che si siano resi conto di quale può essere la musica. Quando, però, ti rendi conto che la musica è cambiata è tardi perché fatichi a cambiare spartito in una realtà che magari ti era sembrata o ti era stata prospettata diversa da quella che si presenta. Tutti ci mettono l'anima per vincere contro tutti, ma il Torino è sicuramente una preda ambita ancor di più".

Secondo lei Cairo, non dando continuità ad un progetto, fa bene?
"Secondo me ha sbagliato in più di una circostanza, ma lo ha fatto cercando di fare il bene della squadra e di raggiungere gli obiettivi. Magari ha mal giudicato delle situazioni e il fatto che sia nel calcio da soli quattro anni e mezzo circa mi fa pensare che la mancanza di esperienza possa essere stato un fattore decisivo. Quando uno torna sui suoi passi dopo una scelta è emblematico di un errore".

L'esonero di Colantuono pensa sia giusto?
"Non lo so perché quest'anno il Torino l'ho seguito pochissimo. A me dispiace sempre quando viene esonerato un allenatore, anche oggi quando sono fuori dai giochi e gli esoneri mi potrebbero portare un nuovo lavoro. Prendiamo esempio dai campioni d'Europa, visto che siamo i campioni del Mondo: in Spagna sono stati esonerati due allenatori in tredici partite e in Italia ne hanno già esonerati otto se non sbaglio. Penso che anche in Spagna le squadre abbiano dei problemi, vedi l'Atletico Madrid per dire, e tutto sommato penso che già in questi dati si spiega la filosofia. L'allenatore in Spagna ha ancora una sua importanza, mentre in Italia è alla mercè di ogni spiffero di vento".

Nel Torino anche il settore giovanile viene praticamente ignorato
"Il settore giovanile necessita di tempo per poter essere pianificato e, a questo proposito, non dimentichiamoci che il Torino nel 2005 è fallito. Per questo ha perso la proprietà di molti giocatori che sono andati in altre piazze importanti. Quagliarella era del Torino, tanto per dirne uno, e anche Acquafresca. Sono giocatori che si sono liberati tramite il fallimento del Torino e ora per ricostruire servono investimenti, pazienza e continuità di programmazione".

Ci può essere anche la pressione della stampa?
"C'è un giornale che dedica molta attenzione al Torino e questo, nel bene e nel male, può dare grandissime gratificazioni o far male quando le cose non vanno bene. Questo, però, fa parte del gioco delle parti. I giornali sono lì per esaltare, criticare e fare il loro dovere".

Pensa che ci possa essere nello spogliatoio qualche problema? Lo scorso anno si diceva che Rosina era il male del Torino, ma ora è andato via
"Io sono convinto che in un gruppo ci sono più o meno contenti a seconda della situazione. Quando abbiamo vinto la B noi il gruppo era veramente straordinario e quello è un mix di situazioni che si creano di giorno in giorno che portano a raggiungere successi come quello. Nei gruppi c'è anche l'intervento degli allenatori, però, che cercano di capire le situazioni e mettere a posto prima che degenerino in problemi".

Per quanto riguarda i giocatori, pensa ci sia da apportare qualche miglioramento nel mercato?
"Io non sono dentro e non voglio dare consigli, ma la squadra tecnicamente ha buone qualità. Hanno avuto la possibilità di pianificare la stagione per tempo, sono retrocessi a fine maggio e hanno avuto tutto il tempo di fare scelte su conferme e acquisti. Se ora manca qualcosa penso che di meglio delle scelte fatte non ci sia".

Il fatto che Cairo, per la prima volta, faccia lavorare serenamente un direttore sportivo può essere una buona cosa?
"Col tempo uno fa esperienza sulla propria pelle e quindi ritengo che il calcio vada fatto dalle persone che hanno la competenza tecnica. Per quanto riguarda le questioni economiche è normale e giusto che il presidente dica la sua, ma per gli aspetti tecnici penso che il direttore e l'allenatore debbano fare le scelte più idonee al raggiungimento degli obiettivi senza intromissioni".

Beretta è la soluzione ai mali?
"Ogni volta monta sulla giostra qualcuno e si pensa sempre sia la soluzione, ma i conti si fanno alla fine. Io penso che Beretta abbia la possibilità di lavorare in una piazza stimolante e che possa avere grandi motivazioni per far bene".


Altre notizie
PUBBLICITÀ