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DocuCalcio - Johan Cruijff, il Profeta del Gol. Con Sandro Ciotti mattatore

di Claudio Colla

Scomparso poco più di quattro anni fa, in quel di Barcellona, a circa quattro mesi dalla fine del suo ultimo incarico nei quadri dell'Ajax, e a 69 anni non ancora compiuti, Johan Cruijff resta uno dei volti più iconici della storia del calcio. Nel docufilm del 1976, dal titolo "Il Profeta del Gol", edito dalla Titanus, realizzato e narrato dall'altrettanto iconica voce di Sandro Ciotti, il fuoriclasse olandese si racconta, dentro e fuori dal terreno di gioco. Un'opera scandita dalle immagini di repertorio, dall'analisi calcistica, e dall'ironia dello stesso Ciotti.

L'autoironico incipit dice già molto sulla caratura del personaggio: "Speriamo che questo documentario vi piaccia" - le parole, parafrasate, pronunciate da Ferruccio Amendola, udibili in sovrapposizione al parlato (in spagnolo) del calciatore - "anche se sarete costretti a vedere Cruijff in azione un po' troppe volte". Da una famiglia di commercianti ortofrutticoli, Giovannino, come affettuosamente soprannominato da Ciotti, tra pagelle scolastiche per lo più attestantisi sulla sufficienza (gli insegnanti annotano "potrebbe fare di più"), i suoi dieci e lode li strappa sul campo, fin dagli anni delle giovanili dell'Ajax, tra grappoli di gol e un talento assoluto già in evidenza. Il matrimonio, a soli 21 anni d'età, con Danny Coster, tra l'obbligo della cravatta, da lui non gradita, e la postura, anche durante la cerimonia, da calciatore seduto in panchina.

Un accompagnamento musicale leggero tipicamente Anni '70 ci catapulta, ai limiti di una narrazione in medias res, al 1972, mostrando i volti di alcuni tra i più illustri compagni di squadra, in maglia Ajax, di Cruijff: Krol, Suurbier, Neeskens, Keizer, Haan, insieme al tecnico Stefan Kovacs, teorico e pioniere del "calcio totale". Tra capigliature e dolcevita dell'epoca, si ricorda come Cruijff, nella volontà di celebrare l'età che lo vide per la prima volta vincitore del campionato olandese, ottenne, insieme al club di Amsterdam, una speciale deroga federale, affinché potesse scendere in campo, pur da titolare, col numero 14. Giovane capitano della squadra, è pressoché ipnotico il fluire delle immagini dei suoi controlli di palla spettacolari, dei dribbling funambolici, dei tocchi di palla millimetrici che rasentano la perfezione assoluta.

Un po' di filosofia del calcio, sulle immagini dell'Ajax, campione in carica la cui rosa è alle prese, dopo il rientro dalla pausa estiva, con un faticosa sessione di corsa in salita, poi, da parte di un maestro come Ciotti: "Ogni giorno, alla fine della preparazione, ti senti distrutto, perché devi superare quello che al momento ti sembra il tuo limite, e insistere per riuscire a dilatare questo limite, sino alla capacità di reggere i novanta minuti pieni". La distinzione tra primo fiato e, determinante alla resistenza, secondo fiato, paragonato da Ciotti all'ingresso in campo di una riserva fresca. Come un calciatore che, rinnovando le proprie forze, sostituisca se stesso. E, per chi non riuscisse a superare tale limite - evidenzia ironicamente Ciotti - sarà più opportuno "aprire una tabaccheria, o provare a diventare Presidente del Consiglio".

La successiva chiacchierata con Cruijff, tra il ritorno in auto dall'allenamento nel bosco e il relax nel salotto di casa, con moglie e bimbi, evidenzia quella che fu definita "una straordinaria normalità". Cosa non scontata per l'epoca, Cruijff ammette di sentirsi pienamente a proprio agio nel giocare con i piccoli, e nel prestare loro la massima attenzione. Tornando alla dimensione sportiva, per il campione orange, "il calcio è materia opinabile, e", continua Cruijff, "se io fossi in tribuna, a osservarmi, criticherei ferocemente le mie performance. Ogni volta che rivedo una mia partita, penso sempre che avrei potuto fare di più, e che per almeno trenta dei novanta minuti della gara ho effettuato azioni sbagliate. E, per quanto una mia prestazione venga giudicata positivamente, e il risultato finale per la squadra positivo, non esco mai dal terreno di gioco pienamente soddisfatto. Penso sempre che avrei potuto far qualcosa di più, o di meglio". "Il calciatore - continua - dovrebbe essere simile a un campione di biliardo. Però quest'ultimo ha il tempo per calcolare le traiettorie, a differenza nostra". Segue l'intervento di Chinaglia, che rivela di aver visto il film in anteprima, e di ammirare Cruijff in particolare per il suo gioco senza palla.

"Tutti sono convinti io sia molto veloce, ma non credo sia così. Naturalmente non sono una tartaruga, ma do probabilmente questa impressione per via di quella frazione di secondo con cui, almeno in alcuni casi, riesco a muovermi prima dell'avversario che mi trovo di fronte". E, nel commentare la finale di Coppa D'Olanda del 1972, Cruijff sembra simpaticamente compiacersi: "Delle volte dribblo un po' troppo, vero? È che mi piace, porca miseria". Qualche volta, però - conclude, beffardo, - il dribbling serve...". La moglie Danny: "Johan è rimasto un ragazzo semplice, a differenza della maggior parte dei calciatori d'oggi, che si danno un sacco di arie. Quando gli ammiratori lo fermano per strada, risponde sempre con garbo. Per non parlare dei bambini, per cui ha una vera passione. Io non ho affatto il suo carattere solare". Aggiunge la mamma, ricordando l'infanzia di Cruijff: "Qualche volta gli chiedevo di lasciare il pallone a casa, ma lui niente, lo nascondeva dietro la schiena, e se lo portava sempre dietro. Delle finestre del nostro quartiere, credo le abbia centrate tutte. Quando aveva 13 anni, andai allo stadio di nascosto, per vederlo giocare con le giovanili dell'Ajax. Tutti dicevano che aveva la stoffa del campione, e ne ero naturalmente contenta. Ma essere la madre di un ragazzo che rischia le gambe a ogni partita, e che è così soggetto a critiche e polemiche, non è facile". L'intervento della madre del campione si chiude poi con un siparietto poi in cui, con toni decisamente lontani dal politically correct odierno, Ciotti descrive la primogenita di Cruijff come "propensa a urlare come un'aquila". Insieme a un amico, Johan racconta poi della sua infanzia, e del burbero vicino, il cui soprannome è stato adattato come "Trippa per gatti", che ammette come "senza tutte quelle pallonate nel mio giardino, sarebbero cresciuti fiori più belli". 

"La mia famiglia sarebbe serena perché è ricca? Che sciocchezze. Una famiglia è serena perché è serena, non perché ha tanti soldi. Conosco famiglie molto più ricche di noi, ma molto meno serene". Il confronto calcistico-culturale tra l'Ajax di Cruijff e l'Inter di Mazzola, la ruvidità del calcio italiano contro il pallone in punta di fioretto di Johan&soci, a ribaltare la tradizione. Mazzola evidenzia: "Cruijff è il giocatore meno olandese di tutta l'Olanda. Il suo stile è tipicamente italiano, e senza di lui l'Olanda di oggi non sarebbe così grande", breve intervista seguita da un ironico montaggio della marcatura a uomo di Lele Oriali sul campione orange, tra tango, casquè, cha-cha-cha. Lo stesso Oriali, ascoltato da Ciotti, ne evidenzia poi l'estrema correttezza in campo. Tra i difensori ipotizzati come possibili marcatori adatti per Cruijff, emergono i nomi di Tarcisio Burgnich, e di Francesco Rocca, anche intervistato, insieme a Pierino Prati. Per De Sisti, Cruijff è ancora più forte come punta, che come registra; Ciccio Cordova dichiara infine, molto probabilmente tra il serio e il faceto, che il campione olandese avrebbe rischiato la panchina, se fosse approdato tra le file della Roma.

Si narra poi di come, nell'autunno del 1973, il Barcellona, grazie all'azione del presidente Montàl, avesse soffiato al Real Madrid il sospirato ingaggio di Cruijff dall'Ajax, per il corrispondente di un miliardo e 800mila lire, accogliendo il giocatore in Catalogna come un messia. Interrogato in merito, Gianni Rivera ammetterà che avrebbe potuto incontrare un destino simile, con un ricchissimo ingaggio; di Cruijff, la stella milanista, elogia palleggio e rapidità d'esecuzione, evidenziando viceversa come le marcature a uomo tipiche del campionato italiano, insieme a possibili problemi d'ambientamento, avrebbero potuto minarne il rendimento in caso di approdo in Serie A. Cruijff, in ogni caso, non fa mancare la propria classe anche in terra iberica, con un gol in acrobazia, simile alle odierne prodezze di Zlatan Ibrahimovic, che incanta, e regala ai blaugrana un fondamentale successo, contro l'Atletico Madrid, il cui tecnico, Juan Carlos Lorenzo, commenta: "Un gol come quello di Cruijff non si discute, si applaude e basta". Successivamente, si scorge il campione all'opera nei panni di papà, recatosi a prendere i bambini alla scuola dell'infazia, e, ancora, nella tranquillità di casa propria, a rispondere con cortesia alle continue telefonate dei cronisti.

La trionfale vittoria, con la casacca del Barcellona, della Liga del 1974, a seguito dell'epocale 5-0 imposto agli eterni rivali del Real Madrid, dominatori incontrastati del calcio spagnolo prima dell'arrivo di Cruijff, funge da preludio alla partenza per la Germania Ovest, terreno di sfida di una Coppa del Mondo che attende l'Olanda e il suo campione, per la prima volta, da protagonisti. Un secco 2-0 imposto all'Uruguay al debutto, con Cruijff a ispirare l'azione che porta al primo dei due gol siglati da Rep. Seguono uno 0-0 contro la Svezia, e un 4-1 ai danni della Bulgaria: Cruijff provoca il primo dei due rigori segnati da Neeskens, e suggerisce a De Jong il poker orange. Parallelamente, si segue la deludente performance azzurra, perfettamente descritta dall'espressione di sconforto di Anastasi ("Pietruzzo mio, come ti capiamo...", sottolinea Ciotti), di fronte all'eliminazione per mano della Polonia. Interrogato sulla crisi del calcio italiano, Cruijff evidenzia: "Negli ultimi cinque anni si sono verificati grossi cambiamenti nella concezione del calcio, che ora è basato sulla presenza di giocatori offensivi e in grado di correre ininterrottamente per novanta minuti. Non mi sembra però che l'Italia si sia adeguata a questi cambiamenti. Il calcio italiano deve liberarsi della propria mentalità difensiva, per risolvere i problemi che lo tengono indietro. Ma si riprenderà molto presto, anche perché come difesa sono ancora i più forti. Per loro, si tratterà di trovare il giusto equilibrio tra difesa e attacco, e di valorizzare le giovani punte italiane di talento". 

È poi Pelé in persona ad applaudire la doppietta siglata da Cruijff contro l'Argentina, stesa dall'Olanda con un perentorio 4-0, nella gara inaugurale della seconda fase a gironi. Interrogato da Ciotti sulle opinioni di coloro che lo pongono addirittura su un gradino superiore a quello occupato dal campione brasiliano, Cruijff si schermisce, e risponde: "Sono naturalmente parole che mi lusingano, ma non sono in grado di dire se questo sia vero. Pelé e io abbiamo giocato in epoche e circostanze diverse, un paragone è impossibile". Prosegue, di fronte alla richiesta di Ciotti in merito al suo reparto offensivo ideale: "Lato all'ala destra, Gerd Müller centravanti, Pelé tra i due interni, Jairzinho ala sinistra". "E Cruijff?", incalza Ciotti. "Sì, se volete, Cruijff interno sinistro", risponde il campione. "Anche in Italia ci sono molti giovani buoni. Antognoni, per esempio. È giovane, e ha molta qualità". Commenta poi Dino Zoff: "Cruijff è un uomo-gol straordinario, grazie alla sua rapidità e ai suoi tiri tagliati, che disorientano chi difende. Tra gli altri attaccanti d'area, credo che quello che gli somigli di più sia Müller. Nel mondo sono pochissimi a poterlo marcare in maniera efficace, l'unico che mi viene in mente è Berti Vogts. Altrimenti, serve la difesa a zona. Cruijff alla Juventus? Con un campione del genere in squadra, la vittoria del campionato sarebbe sicura". Si arriva poi alla sfida col Brasile del succitato Pelé, che vede l'Olanda trionfare, ancora una volta, per due reti a zero, con Cruijff autore del secondo gol. Gli orange staccano così il biglietto per la storica finale di Monaco, in programma il 7 luglio del 1974.

Giacomo Bulgarelli, nel classico dibattito, sollecitato da Sandro Ciotti, tra nature e nurture, evidenzia come, a suo avviso, Johan Cruijff sarebbe diventato uno dei più grandi al mondo in qualunque parte del mondo fosse nato, anche in zone "depresse" dal punto di vista calcistico, riuscendo semplicemente a rendere grande, a prescindere dalle condizioni di partenza, anche la squadra di appartenenza e la nazionale più svantaggiata, in termini di condizioni di partenza. Una posizione di stampo neoplatonico, quella di Bulgarelli, che forse oggigiorno incontrerebbe maggiori perplessità. Prosegue la stella del Bologna: "Cruijff nasce come accentratore di gioco, ma negli anni è molto migliorato, dal punto di vista dell'altruismo. Oggi gioca soprattutto alla Di Stefano, e i suoi compagni di squadra ne traggono enorme vantaggio". Contraddicendo in parte quanto affermato in precedenza, in merito alla supposta capacità del campione olandese di trascendere qualunque condizione contingente, Bulgarelli aggiunge: "Ha anche avuto la fortuna di trovare attorno a sé, in nazionale, tanti compagni di squadra molto forti, tecnicamente e fisicamente. Un difetto di Cruijff? Come giocatore credo non ne abbia, magari ne avrà qualcuno come uomo, ma non lo conosco personalmente. Diciamo che, volendo proprio essere pignoli, non è a un livello d'eccellenza nel colpo di testa".

Molto ironico, e dal ritmo compassato ma avvincente, il preludio alla grande finale, tra i volti di protagonisti, arbitri, personalità presenti sugli spalti dell'Olympiastadion, e qualche battuta di Ciotti che oggi sarebbe - legittimamente - considerata inaccettabile per una messa in onda: "Per affrontare il calcio totale, ecco le olandesine totali". La tensione delle mogli dei calciatori olandesi sul rigore assegnato, al secondo minuto, per fallo su Cruijj, da parte di Hoeness (subito erroneamente attribuito al mastino Vogts). Uno a zero per gli orange, che sarà riequilibrato dal penalty trasformato da Breitner, il "baffuto filantropo", sottolinea Ciotti, "che risparmia per poter aprire un orfanotrofio". "Forse Johan non sta fruendo della sua giornata più fruttuosa, ma va detto che Herr Vogts non conosce la parola pietà". Arriva poi, nel finale del primo tempo, la rete di Gerd Muller, che sorprende il portiere orange Jongbloed: "il suo nome", sottolinea Ciotti, "significa sangue giovane, ma sicuramente ora il sangue ce l'ha gelato". Interpretando le parole dell'arbitro Taylor, Ciotti cita poi Alberto Sordi, italianizzando il romanesco del grande attore, che, nell'ammonire Cruijff per proteste, si sarebbe rivolto al campione orange apostrofandolo con "ma io mi ti mangio". "Non c'è neanche il tempo", sottolinea ancora ironico il narratore, "per la mediazione di Kissinger", presente sugli spalti, "che oggi sperava di potersi prendere una vacanza". Montaggio con commento quasi esclusivamente musicale quello relativo al secondo tempo della finalissima, tra i numerosi tentativi olandesi e la resistenza teutonica. "È tardi, Johan", conclude laconico Sandro Ciotti.

Affrontata con spirito solidamente mitteleuropeo la delusione cocente del successo iridato sfumato, Cruijff si consola, durante il volo verso Amsterdam, con la medaglia d'argento, e, soprattutto, col bacio, rubato dalla telecamera, della sua Danny. Rientrato in patria, il campione orange commenta poi l'amichevole disputata contro l'Italia, terminata 3-1 ad appannaggio dell'Olanda, con doppietta di Cruijff. Si parla poi di crisi del calcio olandese, ma il campione controbatte: "Non credo sia questo il caso. Dobbiamo semplicemente riuscire a valorizzare i giovani del nostro calcio". Il 1974/75 non sorride al Barcellona, con il Real Madrid che torna a prevalere, anche grazie all'ingaggio del succitato Breitner. Ci si immerge allora nelle immagini di un Cruijff comunque sereno fuori dal terreno verde, intento a far la spesa al supermercato, come tanti altri padri di famiglia. Il Barça conclude al terzo posto, a un punto dal Real Saragozza, e a ben -13 dai Blancos; Cruijff, in pieno spirito indipendentista catalano, imputa parte della difficoltà blaugrana alla stampa madrilena.

Come atto conclusivo del docufilm, Cruijff commenta poi lo spettacolare 4-1 inflitto dalla sua Olanda alla Polonia. Ciotti conclude, sulla scia di un breve commento di Giacinto Facchetti, che stima il valore di mercato della stella olandese intorno ai 4 miliardi di lire, cifra stratosferica per l'epoca, specie in tempi di "frontiere chiuse" per il calcio italiano, auspicando un possibile approdo di Cruijff nel calcio italiano, poi mai avvenuto. Nell'ultima parte dell'intervista al giocatore, appena prima dei titoli di coda, il giornalista, subito prima di stringere la mano al campione e congedarsi, lo incalza così: "Almeno ora, dopo questo film, potrai chiedere un mare di soldi". Cruijff, da ragazzo semplice, innamorato del calcio anziché della pompa intorno allo stesso, si stringe nelle spalle, rispondendo: "Ma che c'entra...quello non è importante". Non male, per un Profeta.


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