Frosinone-Torino 1-0, l'analisi tattica
Fonte: Claudio Colla per www.torinogranata.it
Canto del cigno di Giuseppe Papadopulo sulla panchina granata segnato da una partita che certamente non aveva suscitato grandi afflati di ottimismo dal punto di vista tecnico e tattico. Quello visto contro il Frosinone è infatti apparso un Toro senz'anima, privo di mordente e di identità, per lo più incapace di pungere. Certamente ben poche, se non pressoché nulle, sono le colpe del Papa, considerazione facile specialmente a posteriori della pantomima del day after; ma questa è un'altra storia.
Verrà con tutta probabilità archiviato l'esperimento legato alla difesa a tre: meglio, in ogni caso, Di Cesare rispetto a Pratali, ancora lontano dalla buona condizione mantenuta tra novembre e dicembre. Senza infamia né lode per lo più la prestazione di Rivalta (ma Lerda potrebbe nuovamente puntare su D'Ambrosio sulla destra, fin da Ascoli), disorientato e vagamente fuori ruolo Garofalo, il giocatore da ritrovare è Angelo Ogbonna: urge un nuovo inquadramento tattico per lui, finito spesso fuori posizione e in controtempo al Matusa.
Come spesso è accaduto nelle ultime uscite, il centrocampo è apparso il reparto più deficitario: tra il compassato e il legnoso Obodo e Budel, De Feudis raramente dimostra lo spessore necessario a prendere per mano la squadra dal punto di vista della grinta e dell'interdizione. Discreto inizio di gara per Pagano, poi persosi, a ravvivare anche soltanto in piccola misura la manovra è stata l'entrata di Lazarevic; caparbio ma impreciso Rolando Bianchi, scialbo Antenucci, il suggerimento per il nuovo insediamento di Lerda è di puntare sulla vena del succitato giovane sloveno e di Andrea Gasbarroni, troppo spesso accantonato prematuramente.