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Gli stalli sul ripescaggio in Europa League e sulla vicenda Petrachi quanto pesano sul Torino?

di Elena Rossin
Fonte: Elena Rossin
Urbano Cairo

All’inizio della nuova stagione manca veramente poco solo dieci giorni poiché di fatto il trenta giugno si chiude l’anno calcistico e il primo luglio inizia quello successivo e il Torino si trova ingabbiato in due situazioni che hanno del surreale. La prima non dipende direttamente da lui perché riguarda il Milan e sue pendenze arcinote con la Uefa relative al mancato rispetto del Fair Play Finanziario e al ricorso al Tas che potrebbero portarlo all’esclusione dall’Europa League e al conseguente ripescaggio del Torino. La seconda, questa sì assolutamente dipendente dal Torino o meglio dal suo presidente Cairo, che attiene alle dimissioni del direttore sportivo Petrachi che non sono state ancora accettate e che di fatto bloccano la nomina ufficiale di Massimo Bava, responsabile del settore giovanile, a nuovo direttore sportivo.

Di entrambe le vicende si è scritto e parlato fino alla nausea, ma quanto questi stalli che si stanno protraendo da tempo pesano sul Torino inteso come squadra? Il primo moltissimo e il secondo meno, ma comunque un suo peso ce l’ha.
Non sapere con certezza assoluta se si è fuori dalla qualificazione per l’Europa League o si potrebbe essere ripescati influisce e non poco sulla formazione della squadra della prossima stagione. E’ vero che il Torino ha un’ossatura importante, ma ha allo stesso tempo bisogno di una rosa più competitiva e allestirla per il campionato e la Coppa Italia o anche per l’Europa League non é la stessa cosa sia in termini di qualità dei giocatori, titolari e riserve, sia nel numero. E anche se il calciomercato inizierà solo fra dieci giorni, il primo luglio, e se le trattative possono essere già state avviate in modo parallelo per tutte e due le evenienze non poterle chiudere può indurre sia le altre società sia i calciatori che interessano a scegliere diversamente, tanto più che non esiste garanzia che il Torino sarà ripescato.
Avere un direttore sportivo dimissionario e che già gravita nell’orbita di un’altra società e un altro in pectore che agisce ma ufficialmente non è il nuovo ds è quantomeno bizzarro. Senza entrare nel merito se e quanto ha ragione Cairo a non voler liberare Petrachi, comunque nei matrimoni che si spezzano il torto e la ragione non sono mai solo da una parte anche in caso di tradimento unilaterale alla luce del sole, la figura del direttore sportivo in una società di calcio è fondamentale e lo è anche se il presidente, come nel caso di Cairo, è figura accentratrice oltre che nelle decisioni principali anche nell’operatività di buona parte delle trattative. Cairo può avvalersi di più di un collaboratore di assoluta fiducia, ma ha molte altre attività imprenditoriali che gli assorbono tanto tempo per riuscire a far fronte a tutto e il Torino ha bisogno di un direttore sportivo con un margine di decisionalità e di operatività adeguato e non di più uomini, seppur pochi, che fanno da intermediari nelle trattative fra il capo supremo e i vari interlocutori.

Per il bene del Torino gli stalli vanno superati al più presto e se anche la questione Europa League non dipende dal Torino Cairo può risolverla indirettamente allestendo una rosa che sia competitiva come se la coppa la dovesse disputare e così se alla fine non fosse ci sarebbe comunque una squadra all’altezza per andarci il prossimo anno grazie al piazzamento in campionato. Stesso discorso per il direttore sportivo, a prescindere da ciò che può aver fatto Petrachi Cairo lo lasci andare al suo destino, non per debolezza, ma per il bene superiore che è il Torino.


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