I rinforzi auspicati da Ventura mettono spalle al muro Cairo
Fonte: Elena Rossin per TorinoGranata.it
Ventura l’aveva già chiaramente fatto capire dopo la vittoria con l’Atalanta e sicuramente l’avrà riferito quando la scorsa settimana è andato a Milano con il direttore sportivo Petrachi a parlare con il presidente Cairo sul presente e sul futuro suo e soprattutto del Torino, inteso come squadra: “La società dopo un’annata così dovrà prendere delle decisioni per capire quale sarà la direzione di un progetto iniziato quattro anni fa”. E’ scontato che l’allenatore avrà perorato la causa di limitare al minimo le cessioni eccellenti e di prendere per la prossima stagione i giocatori che servono per puntare con decisione - senza lasciare troppi margini alla fortuna, leggasi andamento di altre squadre al di sotto delle aspettative o penalizzazioni in classifica o non conseguimento delle licenze Uefa - al quinto posto, quello che dà garanzie assolute sulla partecipazione all’Europa League, perché il sesto diventa utile, ma è legato alle finaliste della Coppa Italia e al loro piazzamento in campionato.
Da quando Giampiero Ventura è approdato sulla panchina granata prima è diventato il salvatore della patria perché dopo tre stagioni ha riportato il Torino in serie A, riuscendo dove altri allenatori prima di lui avevano fallito, e poi disponendo di un organico non numericamente abbondante e con diverse lacune qualitative in alcuni settori, soprattutto a centrocampo, ad accedere lo scorso anno ai preliminari d’Europa League e quest’anno a disputare la coppa fino agli ottavi e ad essere in corsa per il sesto posto in campionato a otto giornate dalla fine. Piazzamento che se conquistato, significherebbe di nuovo preliminari d’Europa League. Con questi risultati conseguiti in quattro stagioni compresa l’attuale, quindi in un lasso ti tempo relativamente breve, Ventura è riuscito ad assurgere ad artefice assoluto della rinascita del Torino, riportando la squadra fra quelle che hanno un posto non marginale in Italia e in Europa. Sicuramente non gli è mancata anche un pizzico di fortuna, ma si sa “aiutati che il ciel ti aiuta”, come recita un noto detto popolare.
Oggi Ventura è in una botte di ferro perché se anche non dovesse riuscire a condurre la squadra al sesto posto finale agli occhi dell’opinione pubblica non avrebbe colpe perché ricadrebbero tutte su Petrachi e Cairo. Petrachi perché in estate ha portato al Torino Nocerino, Sanchez Miño e Ruben Perez che non si sono inseriti e sono stati mandati via per volere dell’allenatore già a gennaio e se anche ha puntato su altri giocatori che si sono rivelati validi si sa che questo passa in secondo piano poiché viene comunque ascritto soprattutto fra i meriti dell’allenatore. Cairo perché dopo aver lasciato partire l’estate scorsa Immobile e Cerci, guadagnando bei soldini, non li ha tutti reinvestiti in giocatori di indubbio valore, puntando soprattutto su scommesse, alcune vinte, Quagliarella, Peres e Maxi Lopez, tanto per citare le tre più evidenti, e altre perse, come si è detto. Inoltre Cairo a gennaio non ha più di tanto rinforzato la squadra, infatti, sono arrivati solo Maxi Lopez e Gonzalez e Ichazo. Di questi ultimi due il primo quasi mai utilizzato da Ventura anche quando non era infortunato e il secondo giocatore misterioso in quanto mai visto all’opera finora in una partita ufficiale.
E’più che scontato quindi che se nel mercato estivo partiranno alcuni, anche solo due, fra i giocatori più ambiti da club stranieri e italiani, Darmian, Glik, Peres e Maksimovic, e non saranno rimpiazzati da altri di accertata qualità e se l’organico non sarà incrementato con uomini di un certo valore, addetti ai lavori e tifosi punteranno il dito contro Cairo e Petrachi e Ventura sarà sempre più colui che ha fatto di tutto per far risorgere il Torino, ma che non è stato sufficientemente supportato dalla società. Per Cairo, che orami è messo spalle al muro, c’è una sola via d’uscita: allestire un Torino che possa puntare al quinto posto, starà poi all’allenatore conseguire sul campo il risultato.