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Il centrocampo è tutto da inventare

di Elena Rossin

Finito il tormentone, non senza strascichi di polemiche da parte dei tifosi, per il portiere con l’arrivo in prestito dal Milan di Ferdinando Coppola, che l’anno scorso contribuì alla promozione del Siena; ora bisogna concentrarsi sulla costruzione del centrocampo che allo stato attuale è il reparto senza una fisionomia, seppure sia il cardine dell’intera squadra. Per il 4-4-2 di Ventura sono indispensabili due centrali e due esterni propensi al gioco offensivo, più ovviamente le loro riserve. Zanetti, Gorobsov e Loviso, ovvero i centrali, sono tutti, almeno nelle intenzioni della società, in partenza quindi neppure ipotizzabili come rincalzi, soprattutto gli ultimi due. Pagano, Stevanovic e Gasbarroni, ovvero gli esterni, con l’aggiunta dei Primavera - arrivati nella trattativa per Coppola e nella cessione in comproprietà al club rossonero di Gianmario Comi -  Verdi e Oduamadi, che in realtà sono due attaccanti entrambi però capaci di giocare sulle fasce, non possono far considerare questo ruolo sistemato, anzi. Gasbarroni non garantisce una tenuta costante, Stevanovic è un oggetto misterioso e Verdi e Oduamadi sono due ragazzi della Primavera, rimanendo il solo Pagano è inimmaginabile non trovare al più presto degli esterni.

Si accennava prima della posizione della tifoseria con un discorso più generale sulla proprietà e in particolare sulla gestione dell’attuale campagna acquisti. Che una parte, numericamente magari non molto consistente, di tifosi da tempo chieda che Cairo non sia più il proprietario del Torino è risaputo. E’ altrettanto vero, però, che la maggior parte dei tifosi è molto preoccupata perché per l’ennesima estate la squadra è costruita con prestiti e comproprietà e in più un altro ragazzo del vivaio di belle prospettive, oltretutto figlio d’arte e il cui padre è uno fra i massimi dirigenti della società, Gianmario Comi è stato ceduto anche se in comproprietà a un grande club. Se per Simone Benedetti, già dallo scorso campionato, è stato l’Inter per Comi stessa città, ma sponda opposta. Il grande interrogativo che si pongono i tifosi è: perché un promettente ragazzo della Primavera viene ceduto a un club di primissima fascia, che evidentemente se lo ha preso lo considera un elemento in prospettiva valido, e non viene invece fatto ulteriormente maturare per poi andare a formare lo zoccolo duro della prima squadra, visto che è cresciuto a pane e Toro e il padre prima è stato uno fra i giocatori di punta ed ora è uno dei massimi dirigenti della società? In seconda battuta si apre il discorso sul potenziamento del vivaio e sui programmi e sulle strategie a medio-lungo termine che una società, dal passato glorioso seppur ormai lontano, che vuole andare in serie A per rimanerci dovrebbe avere. I più pessimisti fra i tifosi arrivano a pensare che, se Antonio Comi e Silvano Benedetti, l’uno responsabile tecnico del settore giovanile e l’altro responsabile tecnico della scuola calcio, hanno preferito che i loro figli siano andati in altre società, vuol dire che il Torino non ha alcuna prospettiva positiva per il futuro.
Per completezza d’informazione bisogna dire che i regolamenti adottati in Italia riguardanti i calciatori giovani prevedono che la società di appartenenza faccia loro un contratto professionistico con un ingaggio al minimo dello stipendio (per le squadre di serie A questo ingaggio è nell’ordine all’incirca di 2.500-3.000 euro lordi al mese) e per la durata di tre anni entro il 30 giugno dell’anno in cui il giovane compie vent’anni; mentre l’anno prima esiste la possibilità di stipulare una sorta di pre-contratto, chiamato addestramento tecnico, che prevede un salario a cifre inferiori e permette alla società di valutare ancora per un anno le potenzialità del giovane. Questo vuol dire che la società che milita in un campionato professionistico per continuare ad avere un ragazzo che ha compiuto venti anni fra i propri tesserati deve obbligatoriamente offrirgli un contratto professionistico, altrimenti il giovane calciatore è libero di andare a giocare in qualsiasi squadra, senza il benestare della società nella quale è cresciuto. Questa regola può aiutare a capire perché squadre come il Torino danno in comproprietà i loro giovani calciatori. Simone e Gianmario sono entrambi del 1992, l’uno del 3 aprile l’altro del 3 maggio, quindi da poco hanno compiuto entrambi diciannove anni. Alla luce di tutto ciò ognuno valuti, come meglio crede, i motivi che possono aver spinto il Torino e Benedetti e Comi a scegliere la strada della comproprietà.

Tornando all’urgenza di formare al meglio la rosa della prima squadra, seguendo le indicazioni di mister Ventura, Petrachi e Cairo, oltre a valutare le richieste che arrivano per Ogbonna e a cercare di piazzare i giocatori che non sono ritenuti indispensabili all’impianto di gioco, sono impegnati in frenetiche trattative in particolar modo per trovare la quadra per il centrocampo e rafforzare anche il reparto difensivo, senza scordare che anche in attacco, se va via Bianchi, un altro innesto serve. Terlizzi, Glik, Guberti, Ceravolo, Gazzi, Iori, Meggiorini, Sciacca, Basha e Darmian e Strasser sono sempre nel mirino, ma anche da valutare se vogliono giocare in B e da trattare con le società d’appartenenza, perché non tutte sono disposte a dare i loro calciatori in prestito o ad aprire comproprietà.