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Il Torino fra calo e infortuni paga anche una mentalità non vincente

di Elena Rossin
Fonte: Elena Rossin per TorinoGranata.it

Il tempo dei bilanci non è ancora arrivato perché quelli possono essere fatti solo al termine del campionato, ma dopo ventisette partite delle valutazioni si possono e si devono effettuare. Tenendo ben presente che in estate il Torino era stato costruito con l’obiettivo di posizionarsi nella parte sinistra della classifica, ma senza ambire all’Europa League, si può affermare, senza possibilità di smentita, che l’attuale nono posto indica che quello fatto è da considerarsi giusto. Fatto salvo il giudizio generale occorre però fare delle debite precisazioni sottolineando che fino a poco tempo fa, meno di un mese, la squadra era in piena lotta non solo per il sesto posto, ma persino per il quinto, quindi il traguardo finale inevitabilmente si era spostato in avanti. Poi c’è stata la battuta d’arresto una sola vittoria nelle ultime cinque partite e quattro sconfitte, due delle quali con squadre non solo alla portata, ma che in classifica avevano molti punti in meno, il Bologna quindici e la Sampdoria otto, ed erano in piena lotta per non retrocedere.

 

E’ inevitabile quindi che si cerchi di capire che cosa sia successo. Un calo è fisiologico nell’arco della stagione e a questo vanno aggiunti gli infortuni che complicano e non poco la situazione e in aggiunta anche le squalifiche arrivate tutte insieme, ma quest’ultima è una variabile non dipendente da fattori calcolabili. Discorso differente per il calo fisico, se capita nel momento topico quando la lotta per i vari traguardi si fa più serrata viene da pensare che la preparazione non sia stata programmata nel migliore dei modi, visto poi che il Torino compete solo ed esclusivamente per il campionato e non è impegnato né in coppe internazionali e neppure in Coppa Italia. Oltre tutto come ha anche sottolineato Basha nell’intervista rilasciata dopo la sconfitta con l’Inter: “Io sono al Torino da tre anni e in ogni stagione, tra fine febbraio e marzo, incappiamo sempre in un momento di calo. Ricordo, ad esempio, quando eravamo ancora in serie B una sconfitta casalinga contro il Verona e anche l’anno scorso perdevamo sempre in trasferta” (frase riportata su Tuttosport di lunedì 10 marzo nell’articolo “Toro, manca il coraggio” a firma Marina Salvetti e pubblicato a pagina 14). Il calo che avviene in un preciso momento del campionato dovrà essere molto ben analizzato da Ventura e dallo staff tecnico e medico, ma anche valutato attentamente da Petrachi e soprattutto da Cairo in ottica futura. Se il Torino dovesse giocare in Europa League e tra febbraio e marzo la benzina, anche solo parzialmente, dovesse venire a mancare si comprometterebbe il cammino verso la fase finale della coppa e magari anche si avrebbero ripercussioni sul campionato, non basta partecipare una volta è doveroso riuscire a disputare le coppe anche gli anni successivi per non essere una meteora e per farlo occorre piazzarsi nei primi posti della classifica. Il mancato raggiungimento delle fasi finali delle coppe e il non piazzarsi in campionato fra le prime sei ha ripercussioni anche economiche con conseguenti minori introiti: in Europa più si va verso la finale e più soldi entrano nelle casse societarie, così come in campionato se non si accede alle coppe gli incassi derivanti dai diritti televisivi, dagli sponsor e dalle partite si riducono. Cairo è un imprenditore e lo sa, quindi deve agire di conseguenza ragionando senza farsi influenzare dalle chiacchiere di nessuno, sempre che sia veramente interessato anche a questo tipo di business.

 

L’inversione di tendenza del Torino non è solo dovuta a un calo fisico e agli infortuni, ci sono anche due altre componenti che non possono essere ignorate: l’organico e la mentalità. Sul primo c’è ben poco da fare, bisognava pensarci prima in estate e poi durante il mercato di gennaio a formare una rosa che in caso di defezioni fornisse sostituti che dessero garanzie non troppo dissimili a quelle dei titolari. In più forse finora la squadra era riuscita a sopperire a qualche lacuna che esisteva soprattutto a centrocampo, dove la qualità e l’equilibrio non sono dello stesso livello della difesa e dell’attacco. Sulla mentalità invece si può e si deve fare molto e il primo che deve agire è Ventura come sottolinea bene e con garbo Mondonico, l’ultimo allenatore che portò il Torino a essere protagonista in Europa, finale di Coppa Uefa nel 1992 senza che nelle due partite i granata fossero sconfitti dall’Ajax, all’andata due a due e al ritorno zero a zero e solo la differenza reti in trasferta fece alzare la coppa agli olandesi, ma anche l’ultimo allenatore che fece vincere un trofeo che conta al Torino: la Coppa Italia nel 1993. Mister Mondonico in un’intervista rilasciata a Tuttosport, pubblicata oggi a pagina quindici a firma Marco Bo, esordisce dicendo del Torino: “Sta facendo un campionato normale, non lottando più per la salvezza. Può accontentare quelli che si accontentano”. Parlando delle ultime sconfitte evidenzia che s’assomigliano con “primi tempi un po’ d’attesa e ultimi venti minuti d’attacco. Rispecchiano una filosofia dell’allenatore che per tanti motivi ultimamente non ha portato risultati positivi”. Sul traguardo Europa League si chiede: “perché negarselo a prescindere? Se non lo raggiungi amen, ma bisogna provarci anche perché la salvezza l’hai già raggiunta per cui cosa fai fino alla fine, che contenuti vuoi dare al resto della stagione?”. Mondonico ha le idee chiare sulla strada che deve intraprendere il Torino: costruire la squadra sugli elementi migliori che già ci sono e attingere dalla Primavera i giocatori di domani. “Se si parla di progetto di maturazione, di pianificazione è chiaro che il Toro del futuro deve essere impostato su Cerci e Immobile” e poi “Se parli di migliorie e poi vendi i migliori che hai sei punto e a capo”. E sui giovani della Primavera: “Se hanno un grande distacco dalla seconda (dodici punti, ndr) vuol dire che c’è qualità”. Anche sul proseguimento di questa stagione Mondonico indica qual è, secondo lui, la strada da seguire sempre in ottica futura: “O lotti per l’Europa League mettendo in campo la miglior formazione oppure lanci dei giovani per vedere se sono pronti per far parte della rosa della prossima stagione” e prosegue continuando il discorso sulla mentalità: “Se provi a puntare all’Europa League dai alla rosa un compito ben preciso, un obiettivo chiaro che in queste ultime partite non può che fare bene. Puoi anche giudicare chi hai a disposizione per capire se è all’altezza di certi traguardi o no”.
Regalare i primi tempi, o parti di essi, all’avversario vuol dire che non si ha la mentalità vincente perché prevale la preoccupazione che prima di tutto bisogna difendersi e quindi si privilegia la fase d’interdizione a discapito di quella d’attacco, così si finisce per avere una squadra troppo arretrata verso la propria area e la ripartenza diventa più difficile con le punte che restano troppo isolate e avulse dal gioco e finiscono per avere prestazioni sotto tono che danneggiano loro, poiché non sono messe nella migliore condizione possibile per segnare, e il Torino che fatica e al massimo può puntare a pareggiare, ma rischia, com’è accaduto, di finire per perdere.


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