Il Torino rischia di svaccare per assenza di motivazioni
Fonte: Elena Rossin
La sconfitta con la Lazio, nove passi falsi in totale di cui otto in trasferta, sottolinea che il Torino ha lacune strutturali, dovute a una difesa non all’altezza e un centrocampo non adeguatamente consistente per forza fisica e qualità, e lacune di tenuta caratteriale, la differenza dei punti conquistati in casa ventotto e lontano dalle mura amiche undici la dice lunga. A dieci partite dalla fine del campionato il Torino si ritrova a metà classifica senza possibilità di conquistare un posto utile per l’Europa League e sicuro di non essere coinvolto nella lotta per non retrocedere.
Il campionato, quindi, è di fatto chiuso e non ci sono motivazioni neppure secondarie perché il presidente Cairo ha detto che non gli importa più di tanto l’ottavo posto, che consentirebbe nella prossima stagione di iniziare la Coppa Italia dagli ottavi nel mese di gennaio e non ad agosto nel terzo turno preliminare, poiché preferisce che siano lanciati giovani di prospettiva. Questa può essere una motivazione per l’allenatore e per i giovani non per tutti gli altri giocatori e si sa che se mancano gli stimoli il rischio che non si vada oltre lo stretto compitino è elevato con la conseguenza che se l’avversario ha obiettivi da raggiungere ci metta quel qualche cosa in più che spesso porta alla vittoria.
Mihajlovic da quando è diventato l’allenatore del Torino ha sempre posto degli obiettivi, prima il piazzamento per l’Europa League e poi sfumata questa possibilità il fare più punti del girone d’andata, ventinove record per il Torino da quando la vittoria ne vale tre. Ora anche questo mini obiettivo rischia di non essere centrato perché la squadra nelle prime nove gare del girone di ritorno ha incassato cinque punti in meno rispetto allo stesso periodo dell’andata, subito otto reti in più e segnato tre gol in meno e sta viaggiando a una media punti a partita di 1,1 a fronte dell’1,66 della prima parte del torneo con una differenza in negativo di 0,56. I dieci punti conquistati finora nel girone di ritorno implicano che nelle prossime dieci partite il Torino debba farne almeno venti per centrare l’obiettivo con una media di due a gara. Se, però, si tiene conto che nel momento migliore della stagione, dopo la quattordicesima giornata, i punti incamerati erano venticinque per una media di 1,785 è alquanto improbabile che di colpo il Torino possa cambiare ritmo incrementandolo al punto da arrivare quasi a raddoppiarlo, infatti, dovrebbe passare dagli attuali 1,1 punti a partita a 2 facendo registrare un più 0,9.
Per carità in teoria e possibile, soprattutto se si pensa che il calendario offre molte partite con squadre alla portata, infatti, a parte Inter, Juventus e Napoli di avversari più forti il Torino non ne deve affrontare. Dovendo incontrare Udinese, Cagliari, Crotone, Chievo, Sampdoria, Genoa e Sassuolo, solo i blucerchiati in classifica sono davanti ai granata con due punti in più, potrebbero vincere tutte queste partite e conquistare ventuno punti chiudendo il girone di ritorno con trentuno, ben due in più di quello d’andata. In quelle sette gare il Torino conquistò quattordici punti pareggiando con l’Udinese, vincendo con Cagliari, Crotone e Chievo, perdendo con la Sampdoria, tornando a vincere con il Genoa e infine pareggiando con il Sassuolo. Porsi quest’ultimo obiettivo, seppur di ripiego, sarebbe doveroso per non svaccare e terminare la stagione con tanti rimpianti per quello che poteva essere e non è stato.
Ci vogliono, però, determinazione e orgoglio e a crederci non deve essere il solo Mihajlovic che da sempre indica nei princìpi morali e di gioco la chiave per aprire l’accesso alla strada che porta a “essere sempre all’altezza in ogni partita, in ogni allenamento e in ogni minuto nel quale indosseremo la maglia granata” perché “il Torino è un’altra cosa rispetto ad altri club” in quanto “questa società” è “epica e fa venire voglia di vivere con la sua sciarpa al collo, segno di appartenenza ai colori e di rispetto per gli eroi che li hanno indossati”.