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Lo sport non divide, affratella e i veri tifosi lo sanno

di Elena Rossin
Fonte: Elena Rossin per TorinoGranata.it

Si parla tanto dell’etica e del valore dello sport e spesso però non si va oltre alle parole, ma ciclicamente qualcuno c’è che prova con i fatti a dimostrare che lo sport non è solo vincere o perdere, essere più forti o più deboli. Nel mese di febbraio una mostra cercherà di affratellare due grandi lutti che hanno colpito il calcio torinese: la tragedia di Superga che il 4 maggio 1949 vide perire la squadra del Grande Torino con i suoi accompagnatori, i membri dell’equipaggio aereo e tre giornalisti e la strage dell’Heysel che il 29 maggio 1985 vide morire trentanove persone, di cui trentadue tifosi della Juventus, e altre seicento rimasero ferite.


Iniziative di questo tipo non sono facili da organizzare e soprattutto non vengono sempre capite da tutti e quindi prendendo spunto dalla mail che ha scritto Giampaolo Muliari, direttore del Museo del Toro, ai soci dell’Associazione Memoria Storica Granata in quest’ultimo giorno del 2013 dedicare qualche minuto a riflettere può essere un modo, piccolo e semplice, per dare significato e valore allo sport e nel caso particolare al calcio.

“Cari amici e care amiche,

ho pensato di rivolgermi a voi per un doveroso pensiero che riguarda una nostra prossima iniziativa museale, dedicata alle tragedie di Superga e dell’Heysel.

L’idea di questa mostra è nata dopo aver visionato il sito di Domenico Laudadio (www.saladellamemoriaheysel.it, appena potete visitatelo) che ci ha fatto capire alcuni aspetti a noi sconosciuti, almeno a me. Il famoso settore Z, quello oggetto del massacro, era occupato da famiglie. Gli ultras bianconeri erano da tutt’altra parte. Ad alcune famiglie abbiamo inoltrato in questi giorni una lettera di invito, scriverla è stato molto difficile. Siamo entrati nelle loro case e nel loro dolore in punta di piedi, soppesando ogni singola parola per la paura di turbare i loro sentimenti. Le risposte, fino ad ora, sono state tutte positive, grazie al cielo.

Non potete immaginare la difficoltà a mettere in piedi una mostra simile. Oltre ai familiari abbiamo ritenuto doveroso chiedere un coinvolgimento preventivo delle due società, granata e bianconera, ebbene abbiamo ottenuto la disponibilità del Torino, mentre la Juventus si è invece defilata, negandoci il patrocinio e ogni tipo si sostegno o coinvolgimento e limitandosi a dare una disponibilità formale a partecipare se invitata.

Questa mostra non è un gemellaggio sportivo. Con Domenico Laudadio e Francesco Caremani (autore del libro “Le verità sull’Heysel”) continuerà a dividerci una sacrosanta rivalità sportiva, ma questo non ci deve impedire di poterci incontrare nella comune memoria dei propri caduti che meritano un ricordo e un rispetto comune.

Comprendo la difficoltà (spero solo iniziale) per alcuni o molti di voi a capire e condividere lo spirito di questa iniziativa. A chi è dubbioso ma rispettoso della decisione presa di allestire questa mostra, decisione come tutti ricordate presa in un’assemblea aperta, rivolgo il mio grazie per questo impegno. A tutti, comunque, ricordo lo spirito del nostro Museo: non siamo allo stadio, né tantomeno in curva, con tutto il rispetto sia chiaro. Il Museo è una entità a parte. E’ un luogo di memoria, di cultura, di fratellanza sportiva. All’ingresso, infatti, abbiamo volutamente inserito la frase “Lo sport non divide, affratella” che è li fin dal primo giorno, 22 aprile 2008. E’ una frase non di bellezza ma di sostanza, non dimentichiamolo mai.

Quest'state io e il presidente Domenico Beccaria abbiamo visitato il Museo del Benfica e tra le altre cose c’è rimasta impressa favorevolmente una loro idea che cercheremo di fare nostra se non in questo (per ragioni di spazio …) nel nuovo Museo che verrà (lo speriamo fortemente). Le pareti al fondo sono tappezzate da tutti i nomi delle squadre affrontate dal Benfica nella sua secolare storia sportiva, il tutto accompagnato da una frase emblematica il cui senso è questo: “senza di loro la nostra storia non sarebbe mai stata scritta”.

Sarebbe bello riproporre questa idea anche nel nostro Museo e in tal caso cosa facciamo, omettiamo il nome Juventus? Sarebbe ridicolo, ci comporteremmo in modo puerile. Nel Museo della Juventus non vi è alcun riferimento che sia uno al Toro, alla sua storia, alle sue tragedie, come se vivessimo sulla luna. Noi siamo altra cosa e questa mostra servirà a dimostralo e a ricordarlo.

Ecco cari amici, ho pensato di rivolgermi a voi con questi pensieri, scritti anche con il peso e l’amarezza di aver letto e ricevuto messaggi offensivi, quasi diffamatori, del tipo che approfittiamo di queste cose per far cassa. Siamo al delirio soprattutto quando penso a noi, al nostro spirito di totale gratuità che ci ha sempre accompagnato fin dal primo giorno. Non potete immaginare quanto ne stia soffrendo, purtroppo ho un carattere così. Facciamo squadra e remiamo uniti, almeno tra di noi, e speriamo che siano in tanti a condividere questo difficile, ma necessario cammino di riflessione.

Un abbraccio con i migliori auguri di un sereno e felice anno nuovo
Giampaolo Muliari”


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